02. Il dibattito

Il ritorno alla centralità del fattore umano nel retail riscontrato da BB7 è confermato da Stefano Ferrata, manager della Scuola Coop di Montelupo Fiorentino. «Nel triangolo erogatore della formazione, committente e partecipante ai corsi», ha detto Ferrata, «il vertice che ha preso via via più campo da noi è quest’ultimo. Lavoriamo di più a sviluppare la capacità delle persone d’interfacciarsi con l’organizzazione in cui lavorano, così da sviluppare la volontà, la disponibilità e la capacita di dibattito interno che genera conoscenza e discrezionalità».

Ma quali cambiamenti organizzativi stanno attuando le imprese del retail e cosa chiedono ai loro dipendenti? A portare la loro testimonianza nella tavola rotonda del convegno sul fattore umano nel retail sono stati: Renata Duretti, direttore risorse umane di Ikea Italia, Mario Gasbarrino, amministratore delegato di Unes, Gianmarco Molinari, direttore marketing di Unieuro, Fabio Godano, fino a dicembre scorso direttore generale di Dixons Retail (il gruppo che controlla Unieuro), ed Helga Niola, responsabile risorse umane di Promod Italia.

Percorsi di carriera trasversali

«Perché il nostro personale sia in grado d’affrontare il cambiamento», ha detto Duretti, «lavoriamo sulle loro competenze. Cerchiamo di valorizzarle e di farle crescere anche tramite percorsi di carriera trasversali che portino le persone, anche solo per brevi periodi, a fare esperienze in reparti diversi e in funzioni diverse. Ciò accresce molto la loro professionalità e la loro motivazione. Poiché poi siamo un’azienda molto connotata sul fronte valoriale, nella selezione del personale prestiamo attenzione a che i candidati condividano questi valori».

Collaborazione informata

«Per stimolare la proattività dei collaboratori», ha affermato Gasbarrino, «occorre avere una visione chiara di dove l’azienda vuole andare e comunicarla a tutti i livelli. E che i capi abbiano comportamenti coerenti coi valori aziendali. Smettiamo poi di fare formazione in aula: è più efficace quella sul campo e permettiamo ai nostri collaboratori, una volta che hanno capito dove l’azienda vuole andare, di darci suggerimenti su come correggere la rotta».

Coesione e ascolto della front line

«Per noi che siamo esposti alla concorrenza dei pure player», ha osservato Molinari, «l’engagement del personale di vendita è un fattore di sopravvivenza, non soltanto competitivo. Possiamo sforzarci d’essere concorrenziali, ma il nostro vero plus è la capacità, il mestiere e la passione dei nostri addetti alle vendite nel consigliare i clienti». Un engagement che, come ha raccontato Godano, è stato ottenuto stringendo i ranghi, portando i vertici aziendali a lavorare gomito a gomito con la front line. «Se ci fossimo limitati a dirigere l’azienda da dietro le nostre scrivanie», ha assicurato Godano, «non ci saremmo accorti di criticità che invece sono emerse lavorando al fianco del personale dei negozi». «Se finora abbiamo dedicato molto tempo e risorse ad ascoltare i clienti», ha aggiunto Molinari, «in futuro dovremo dedicarne altrettanto, se non di più, ad ascoltare la nostra front line, considerato che 5 dei 10 milioni di scontrini che battiamo ogni anno sono fatti in vendita assistita».

Selezione improntata al problem solving

Coinvolgere tutti i collaboratori nel riprogettare l’azienda è la scelta operata anche da Promod, dove il personale di sede affianca il personale dei negozi durante le operazioni commerciali più importanti. «Se la dinamicità ci ha consentito finora di svilupparci in un mercato in rapida evoluzione come quello del fast fashion», ha detto Niola, «quello che ci aiuterà in futuro sarà l’attitudine al cambiamento continuo. Attitudine che perseguiamo anche riorientando le nostre priorità nella selezione dei nuovi collaboratori. Se fino a 5-6 anni fa cercavamo persone dinamiche, veloci, reattive, oggi privilegiamo persone in grado d’entrare in empatia, d’anticipare le necessità, di cogliere i segnali deboli che arrivano dai clienti e di suggerire soluzioni ai livelli gerarchici superiori».