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Il mondo della distribuzione si reinventa

Di fronte al consumatore multicanale, on line e off line convergono: da punto vendita a touch point.

Negozio fisico versus negozio on line: dopo un periodo di incertezza sulle sorti della distribuzione tradizionale, gli ultimi dati raccontano un futuro interessante, anzi estremamente sfidante per i punti vendita. Il consumatore è multicanale, ma in negozio ci va volentieri, soprattutto se trova una realtà polifunzionale concepita come uno spazio di aggregazione e di relazione tra prodotti, servizi, brand e consumatori. Di evoluzione del consumatore multicanale ma soprattutto di una multichannel transformation che deve permeare organizzazioni e ruoli aziendali si è parlato negli scorsi giorni al Politecnico di Milano, in occasione di un evento dal titolo significativo “È il momento di osare” in cui stati presentati i risultati della Ricerca 2013 dell'Osservatorio Multicanalità.

Se è vero che per  il retail il 2013 è stato il peggior anno dall’inizio della crisi, con un calo delle vendite al dettaglio pari al 2,1% (Fonte Federdistribuzione) è anche vero che ci sono diversi segnali positivi che fanno intuire come la distribuzione stia reagendo, ritagliandosi nuovi margini e nuovi campi d’azione. Il proliferare dei concept store e di nuovi modelli di informazione nei punti vendita sotto forma di installazioni interattive e schermi touchscreen inaugurano l’era dei negozi click and mortar.

“Il commercio tradizionale deve resistere ma anche capire come evolvere per interpretare i forti cambiamenti in atto – ha esordito Umberto Bertelé, ordinario di Strategia e sistemi di pianificazione al Politecnico di Milano. Esistono fenomeni dirompenti che vanno capiti per progettare il futuro della distribuzione”.

Il negozio è ancora un valore che può fare la differenza

Certo è che non si può immaginare di risolvere l’esperienza d’acquisto esculsivamente attraverso le vie del Web, cioé dell’e-commerce o del mobile commerce. Il negozio fisico, infatti, ha in sè una una valenza strategica e polisensoriale su cui i marchi della distribuzione possono scommettere per fare la differenza. Dunque se è vero che dagli anni ’90 Internet è entrato in maniera sempre più pervasiva nelle nostre vite, l’Internet del futuro avrà caratteristiche diverse da quelle che conosciamo oggi.

13 milioni di utenti al giorno si connettono per oltre 1 ora e 10 minuti il che significa 28 milioni di italiani al mese – ha spiegato Lorenzo Pacchinotti, Research Manager Online Division presso Nielsen. L’audience da pc è in calo ovunque, mentre cresce l’accesso da mobile: si parla di 24 milioni di utenti (+17,2%) con un’intesità di utilizzo su tutta una serie di servizi di nuova generazione”.

Tra tutti, il servizio che va per la maggiore è quello per la comparazione dei prezzi, ma anche la disponibilità dei prodotti o a tutta una serie di informazioni sulle caratteristiche dei prodotti (origine, provenienza oppure cross selling).

In questo senso i negozi più ricettivi stanno già identificando soluzioni in store che incontrano questa evoluzione del consumatore, cercando di conciliare il meglio dell’on line e dell’off line, attraverso nuove forme di convergenza, atte a creare nuovi punti di contattato e di servizio tra mondo analogico e mondo digitale. Lo showrooming (il consumatore che va in negozio per toccare con mano i prodotti che poi acquista on line al miglior prezzo) è il web rooming (il consumatore che cerca informazioni sui prodotti on line e poi va in un punto vendita fisico ad acquistarli) sono due aspetti del cambiamento in atto, ma non sono punti di arrivo. La distribuzione si sta attrezzando per cogliere lo sviluppo e adattarsi alle nuove esigenze. Già oggi, di fatto, si parla di hybrid store, cioé di punti vendita fisici dove si possono consultare le informazioni di prodotto in negozio attraverso diversi sistemi touchpoint (totem interattivi, schermi capacitivi, QR code, tablet o smartphone equipaggiate di app brandizzate). Che siano o meno presenti a magazzino, questi prodotti si possono poi provare in negozio e ordinare on line per riceverli a casa con comodo, a orari convenuti. Ci sta pensando la Gdo, ma anche il fashion, che intanto prova a reinventare il punto vendita cercando una nuova identità di marca e di servizio che passa sempre più spesso da un uso intelligente delle tecnologie.

“Di sicuro il cliente smartphone o tablet dotato e, in generale, il mobile aumentano le opportunità di acquisto per i consumatori e per le imprese – ha sottolineato Pacchinotti. Internet, infatti, si conferma determinante nella fase di pre-acquisto per il 78% degli utenti (24.6 milioni di persone). Il 41% usa il web per confrontare i prodotti, il 40% per consultare le opinioni di altri utenti mentre il 38% per consultare i siti dei competitor”.

I social come influencer della shopping experience

I social, infatti, hanno un valore importante nell’evoluzione del consumatore. Facebook, Twitter o Instagram, insieme ai blogger costituiscono un polo di influenza che i brand devono considerare (e infatti sono sempre più le marche che aprono un canale di dialogo aperto con le community che va ben oltre la value proposition e l’offering).

Di certo per i brand della distribuzione il mobile sta cambiando anche la relazione con il consumatore. Ad esempio se nel largo consumo e nell’elettronica il volantino cartaceo va alla grande (si stampano 12 miliardi di volantini all’anno con una media di 500 volantini a famiglia) perché è comodo da fruire anche nel punto vendita, la sua versione mobile sarà una buona occasione di sviluppo e di ingaggio. Premettendo che la convenienza rimane il primo driver all’acquisto e che spesso nell’acquisto on line si tende a comprare una cosa sola alla volta (o una singola categoria alla volta).

Secondo i dati del Politecnico, in dettaglio l’acquisto di prodotti di largo consumo al 43% sono stati fatti sul sito della marca o del produttore, il 41% su un sito di social shopping, il 31% sul sito di una catena di punti vendita e l’11% sul sito di un gruppo di acquisti online. In questo caso, la motivazione legata alla convenienza passa dal 60 al 34%: segno evidente che l’influenza e l’autorevolezza di un sito può contribuire a fare la differenza.

Uno dei dati più interessanti emersi dalla ricerca è che a domandare quali siano i motivi per cui una persona non ha mai acquistato prodotti di largo consumo su Internet è per il 22% degli utenti mobile che gli manca la sensazione  della vista e del tatto mentre per il 30% la risposta è ancora più destabilizzante: non ci ho mai pensato. Il 13% non sa se di questi siti di e-commerce siano affidabili mentre il 21% sostiene che acquistare on line non sia pratico. Eppure i dati dicono che c’è un potenziale di 3 milioni di famiglie che da qui ai prossimi due anni hanno dichiarato di essere interessate ad acquistare on line beni di largo consumo, cura per la casa e della persona in testa. Un valore pari al 14% del mercato.

“Un retail che cresce ha bisogno di crescere – ha spiegato Giuliano Noci, ordinario di Marketing e Prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano. Certo bisogna correre e correre più veloci. Oggi il cliente rispetto al passato è meno inerziale e, di fatto, la maggior parte dei brand della distribuzione sta vincendo un certo scetticismo o un certo timore che per molto tempo ha bloccato lo sviluppo congiunto di un nuovo tipo di multicanalità”.

Il consumatore è mobile (ma non solo)

Il rapporto tra individuo e marca, per ampiezza dei canali e frequenza è diventato notevole al punto che sta diventando anche un tema  dal punto di vista politico rispetto alla road map dell’Agenda Digitale. Tutti dobbiamo metabolizzare la velocità come un asset strategico ,e, soprattutto, che il mobile è un supermedium che porta a fenomeni che hanno forti cadute sociali.

“La nostra predisposizione all’uso di smartphone e tablet – ha aggiunto Noci - porta a dilatare temporalmente la nostra permanenza online e relazionale con i brand attraverso nuovi processi di multitasking. Commercio e mondo dell’offerta devono essere pronti alla multicanalità pervasiva che viene da nuovi modi e nuove abitudini del consumatori”.

Ne derivano due conseguenze importanti. La prima è la necessità di un cambiamento della natura del punto vendita, inteso come touchpoint fondamentale attraverso una chiave polisensoriale e poliservizio che spinga i brand a studiare strategie che vadano ben oltre una battaglia sui prezzi. La seconda riguarda la variabile sociodemografica: secondo i ricercatori e gli esperti, servono infatti nuove unità di segmentazione capaci di osservare la vita delle persone attraverso i nuovi contesti di vita in cui l’individuo si trova che impone all’impresa di rapportarsi a nuovi target. Il motivo? Che cambiano messaggi ma anche canali e touchpoint attraverso cui i consumatori passano per informarsi e acquistare. Di conseguenza cambiano anche le informazioni che i retailer possono usare per interpretare i bisogni dei consumatori e i trend della domanda. Il consumatore è multicanale ma ogni marchio deve essere in grado di interpretare il livello di viralità innestato da ogni canale. Progettare contenuti in una prospettiva multicanale non è certo facile. La difficoltà è misurare i feed back e definire Kpi che aiutino a quantificare l’efficacia della comunicazione, cioè di una campagna, gestendo processi di acquisto dettati dal probabilismo e che non sono mai scontati, qualsiasi sia il touch point (ovvero il meccanismo di vendita, che sia on line oppure off line). Il secondo elemento cruciale è legare azioni a prestazioni di business. Perché non bisogna mai dimenticare che il Crm passa sempre dallo scontrino.

Foto di Marco Cuppini