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Ecosistema, parola chiave per la blockchain

Passato l’effetto moda, ora per la blockchain il gioco entra nel vivo, con il numero dei progetti in crescita sugli annunci. Piattaforme verso la concentrazione e applicazioni sempre più destinate a integrarsi per consentire agli ecosistemi di dialogare tra di loro

Il passaggio della tecnologia blockchain dall’effetto moda a una fase di maggiore consapevolezza è il tratto saliente di questa fase ed è determinato dall’aumento del numero di progetti già avviati (+59% nel 2020 sul 2019) rispetto a una diminuzione del numero di annunci (-80%). Il mercato, cioè, si sta sempre più concentrando sulla costituzione di ecosistemi che puntano a creare valore attraverso la realizzazione di piattaforme infrastrutturali e di applicazioni basate su di esse. È questo in sostanza il succo dell’ultima edizione dell’Osservatorio Blockchain & distributed ledger della School of management del Politecnico di Milano.

E gli esempi si estendono un po’ in tutti i settori, a partire da quello finanziario, dove l’aspetto più carico di conseguenza non è tanto l’andamento altalenante del Bitcoin e delle criptovalute, quanto l’ingresso delle istituzioni finanziarie in questo mondo, dagli Stati Uniti, dove le banche potranno utilizzare stablecoin per facilitare transazioni e pagamenti alla Cina dove la banca centrale sta sperimentando una valuta digitale, alla Banca centrale europea che ha annunciato di voler realizzare il Digital Euro.

Ma la blockchain entra nel vivo anche in altri settori con soluzioni in ambito clinico per la gestione dell’identità e delle informazioni sui pazienti più puntuale e meno problematica sotto il profilo della privacy e in ambito economico-sociale abilitando soluzioni per erogare bonus o finanziamenti vincolati in modo più efficiente, razionale e trasparente. Si ricorre alla blockchain anche per dare visibilità alle varie supply chain nei più svariati settori, dai diamanti al caffè, dall’oro al tè agli alimenti, ma anche all’energia green o ai processi amministrativi.

Ecosistemi e applicazioni

Secondo Valeria Portale, direttore dell’Osservatorio Blockchain & Distributed ledger, in questa fase «lo sviluppo delle infrastrutture abilitanti degli ecosistemi blockchain non è ancora concluso: nasceranno infatti nuove piattaforme e quelle esistenti continueranno a migliorare, con uno spostamento del mercato da una fase di sviluppo delle infrastrutture a una di sviluppo delle applicazioni. Contemporaneamente dobbiamo attenderci una maggiore convergenza tra ecosistemi permissioned e permissionless, mettendoli in grado di comunicare tra di loro. Con lo sviluppo di nuove applicazioni da parte di aziende e pubbliche amministrazioni, poi, grazie anche all’evoluzione normativa, i progetti blockchain diventeranno sempre più dei veri e propri ecosistemi composti da numerosi attori e da varie applicazioni interconnesse tra loro».

L’Osservatorio calcola che tra il 2016 e il 2020 nel mondo sono stati avviati 508 progetti a cui si aggiungono 734 annunci, coinvolgendo principalmente i processi relativi allo scambio dei documenti, le relazioni di filiera e i pagamenti. Tra i progetti avviati, il settore finanziario ha un ruolo preminente (40%), anche se negli anni registra una diminuzione: dall’84% del 2016, quando i progetti totali erano 32, al 30% sui 197 progetti del 2020.

Figura 1- I principali settori, processi e obiettivi della tecnologia blockchain nel mondo (2016-2020)

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Fonte: School of Managemet Politecnico di Milano “Osservatorio Blockchain & distributed Ledger” gennaio 2021

Mercato italiano in calo

Quanto all’Italia, nel 2020 si registra un calo degli investimenti delle aziende italiane del 23% (23 milioni di euro contro i 30 milioni del 2019), soprattutto a causa della pandemia, a causa della quale sono stati ridotti i nuovi progetti puntando a concretizzare quelli già avviati in precedenza (60% del totale). Anche in Italia il settore più attivo è quello finanziario e assicurativo con il 58% degli investimenti tali nel 2020, il solo in crescita con il +6%. A seguire l’agroalimentare (11%), sempre caratterizzato da un numero alto di progetti di piccole dimensioni. Al terzo posto si trova il settore delle utility (7%) che quest’anno ha superato la pubblica amministrazione (6%), rimasto rilevante grazie anche allo sviluppo di Ebsi (l’infrastruttura europea dei servizi blockchain). Degno di nota è anche l’aumento di interesse da parte del settore farmaceutico, grazie anche a progetti come quello sviluppato dal Consorzio Dafne, per tracciare in modo trasparente le giacenze e le scorte minime di farmaci presenti sul territorio italiano.

Se gli investimenti complessivi sono diminuiti, il numero totale di progetti è rimasto invariato, consentendo all’Italia di rimanere nella top 10 delle nazioni con il maggior numero di progetti sviluppati tra il 2016 e il 2020.

Figura 2 – Il mercato italiano

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Fonte: School of Managemet Politecnico di Milano “Osservatorio Blockchain & distributed Ledger” gennaio 2021

Le applicazioni che oggi le aziende stanno sviluppando tramite le varie piattaforme si possono dividere in quattro categorie a seconda dell’obiettivo che perseguono:

  1. Scambio di valore, utilizzare i crypto-asset abilitati dalle piattaforme blockchain per scambiare denaro o altri asset di valore (13% dei progetti), per esempio trasferimenti transfrontalieri o interbancari.
  2. Verificabilità dei dati, registrare alcune caratteristiche di dati o documenti in modo che siano visibili e verificabili da altri attori dell’ecosistema o ad attori terzi (24% dei progetti). All’interno di questa categoria si trovano applicazioni dette comunemente di “notarizzazione”, in cui ad esempio viene effettuato il timestamping di un documento per renderne verificabile la data di creazione e il fatto che esso non sia stato modificato nel tempo. Molti progetti di questo tipo sono stati sviluppati nell’agrifood per offrire maggiori garanzie al consumatore finale sulla tracciabilità dei prodotti.
  3. Coordinamento dei dati, condividere dati tra più attori in modo che il coordinamento sia più efficace ed efficiente (59% dei progetti). Queste applicazioni vengono sviluppate principalmente allo scopo di abilitare la riconciliazione di informazioni mantenute da diversi attori evitando l’insorgere di divergenze e conflitti. In questi progetti molto spesso la blockchain sostituisce, per esempio, il ruolo degli intermediari che svolgono la funzione di stanze di compensazione.
  4. Realizzazione di processi affidabili, eseguire processi su blockchain per fare in modo che ogni loro passaggio sia verificabile (4% dei progetti). Ad esempio, Santander nel 2019 ha gestito il processo di emissione di un’obbligazione interamente su Ethereum rappresentando anche i pagamenti attraverso dei crypto-asset.

Garantire l’interoperabilità

Tra le applicazioni di business, la maggior parte dei progetti è ancora concentrata su processi esistenti, come la riconciliazione dei pagamenti e la tracciabilità di filiera e fa riferimento a piattaforme application specific (quelle generalmente sviluppate da un consorzio di aziende dello stesso settore, che vengono realizzate allo scopo di sviluppare una singola applicazione), rendendo ancora difficile l’interoperabilità tra le applicazioni e riducendo le potenzialità offerte dagli ecosistemi blockchain.

«Ragionare per ecosistemi è uno degli assi principali su cui sviluppare proposte blockchain – riferisce Pietro Lanza, blockchain director Ibm Italia – nate dalla combinazione di expertise rilevanti, alle quali aggregare altri soggetti. Il perimetro di un ecosistema si allarga con il contributo di nuovi attori». È il caso di Food Trust, per esempio, la soluzione che fornisce agli utenti autorizzati accesso immediato ai dati della supply chain alimentare, dalla fattoria al negozio e al consumatore, che sfrutta gli standard globali GS1 utilizzati dalla filiera alimentare.

«Il tema strategico – è il pensiero di Renato Grottola, global director digital assurance & suply chain Dnv GL – è cercare di capire come la blockchain possa ridurre i costi della fiducia, perché non dimentichiamo che questa tecnologia ha a che fare essenzialmente con la fiducia perché garantisce le fasi delle transazioni per renderle valide. Oggi siamo in una fase in cui l’utilizzo di questa tecnologia è basilare, ma si può fare molto ancora correlando la blockchain con ecosistemi esistenti».

E se da un punto di vista tecnologico la blockchain garantisce l’integrità del dato all’interno di ecosistemi diversi, il vero problema è quello di garantire l’interoperabilità tra i vari sistemi.

«Sul tema della blockchain le aziende devono avere il coraggio di sperimentare, spingendosi oltre e progettando soluzioni di business innovative. È poi necessario evitare un’eccessiva frammentazione, valorizzando gli ecosistemi già esistenti invece che crearne di nuovi. Ma bisogna diffondere la cultura della blockchain anche preso le Pmi evitando che rimanga appannaggio solo delle grandi aziende. In sostanza occorre lavorare come sistema Paese e non solo come singole realtà indipendenti», conclude Valeria Portale.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab