economia

Sempre meno e più vecchi, l’Italia fanalino di coda d’Europa

Diminuisce la natalità, aumenta la popolazione anziana, il Mezzogiorno perde 4,2 abitanti ogni mille, in crescita le immigrazioni, ma anche le emigrazioni. Dalle stime dell’Istat notizie non confortanti per il largo consumo.

Le ultime stime degli indicatori demografici dell’Istat per il 2018 sono un’utile base di riflessione per il mondo del largo consumo per affrontare il prossimo futuro, confermando alcuni trend già evidenziati in passato. Su tutti una perdurante denatalità, il che significa famiglie meno numerose proprio nelle fasce centrali della vita dove sono più alti i consumi quotidiani, spostamento della popolazione verso le età più avanzate, con effetti importanti sulla composizione dei consumi (e, a seconda delle disponibilità di spesa, con una fuga verso i quelli fuori casa). Aumenta l’immigrazione, ma anche l’emigrazione verso l’estero (soprattutto di giovani laureati) e i movimenti interregionali, con progressivo spopolamento soprattutto nella popolazione giovane di alcune aree del paese e rafforzamento di altre. Ma vediamo nel dettaglio.

In prima battuta, la popolazione residente è in calo per il quarto anno consecutivo: 60 milioni 391 mila sono i residenti, 93 mila in meno sull’anno precedente (-1,5 per mille). La riduzione è dovuta al bilancio negativo della dinamica naturale (nascite-decessi) risultata nel 2018 pari a -187 mila unità, compensata tuttavia da un saldo migratorio con l’estero (+19 0mila) ampiamente positivo.

Figura 1 - Saldo naturale e saldo migratorio estero, Italia. Anni 2008-2018, migliaia

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(*) 2018 stima. Fonte: Istat

Le ripercussioni del calo della popolazione a livello nazionale si differenziano nelle varie aree geografiche. Con il -1,9 per mille il Centro è poco oltre il livello nazionale, mentre spiccano i saldi positivi del Nord con in testa Emilia Romagna (2,4 per mille), Lombardia (2,1) e Veneto (1,1).

A pagare lo scotto di uno spopolamento ampio è ancora il Mezzogiorno (-4,2 per mille), con il Molise (-7,7) e la Basilicata (-6,1) in testa. «Il segno meno sulla popolazione italiana persiste dal 2015. Nessun altro grande paese europeo – ha commentato il demografo Alessandro Rosina su Repubblica – si trova in sistematica diminuzione. La Spagna ha superato i 46 milioni di abitanti nel 2008, ha subito una frenata negli anni acuti della crisi, ma ha poi ripreso a salire avvicinandosi ai 47 milioni. Più solida la crescita della Germania che ha guadagnato oltre un milione e mezzo di residenti dal 2015. Simile la situazione del Regno Unito. A metà tra Germania e Spagna si colloca invece la Francia».

La denatalità continua

Le nascite sono state 449 mila (9 mila in meno del 2017, vale a dire il 22% in meno), continuando un trend negativo che in dieci anni ha registrato 128mila unità in meno, frutto di scelte personali di avere o non avere figli o di rinviare al futuro la decisione, ma anche di dinamiche di natura strutturale, nel senso che l’inerzia demografica è ormai tale che porta ad avere progressivamente meno madri potenziali e più anziane di un tempo, sottolinea il documento dell’Istat. In particolare continuano ad aumentare i tassi di fecondità nelle donne sopra i 40 anni.

«Evidentemente – ha commentato il demografo Alessandro Rosina su Repubblica – non appare solido il miglioramento delle condizioni economiche dei giovani e delle famiglie, o non ancorato a politiche credibili di sviluppo in grado di rilanciare la fiducia del paese verso il futuro”.

Dal canto loro anche i decessi diminuiscono. Per il 2018 si stimano 636mila decessi, 13mila in meno del 2017 (-2,1%).

Al di là di fenomeni legati alle condizioni climatico-ambientali e all’alterna virulenza delle epidemie influenzali da una stagione all’altra, il dato centrale è che la popolazione anziana aumenta: al primo gennaio 2019, infatti, gli over 65enni sono 13,8 milioni. «Nel continente più vecchio – scrive ancora Rosina – l’Italia è il paese con più alta percentuale di anziani. Nel mondo l'incidenza di chi ha 65 anni e oltre è sotto il 10 percento. Tra i grandi paesi europei Francia, Spagna e Regno Unito si mantengono ancora sotto il 20 percento. La Germania arriva a superare il 21 percento. I recenti dati Istat posizionano il nostro paese al 22,8 percento».

I giovani fino a 14 anni sono oggi circa 8 milioni e rappresentano il 13,2% del totale; gli individui in età attiva sono 38,6 milioni e costituiscono il 64%. Nella scomposizione per classi di età della popolazione, si registra negli ultimi quattro anni una progressiva riduzione della popolazione fino a 14 anni (-420mila) e di quella in età 15-64 anni (-540mila). Gli over 65 anni sono aumentati di 560mila unità.

Un paese di immigrati e di emigranti

Infine, il saldo naturale negativo è in parte attenuato dai fenomeni migratori. Gli immigrati dall’estero risultano pari a 349 mila unità (+1,7% sul 2017). Ma nel 2018 aumentano anche le emigrazioni per l’estero, pari a 160 mila (+3,1%). Il saldo risulta pertanto di 190 mila unità in lieve aumento rispetto all’anno precedente.

I movimenti interregionali (tra regioni diverse) sono 330 mila, corrispondenti al 24,3% dei trasferimenti totali. Saldi migratori interni molto positivi vengono rilevati nelle regioni del Nord-est (+2,2 per mille abitanti) e, in misura inferiore, in quelle del Nord-ovest (+1,2). Nel Mezzogiorno i saldi sono ovunque negativi e la perdita netta di popolazione dell’area è pari a 65mila individui, il 58% dei quali dalle sole Campania e Sicilia.

A cura di Fabrizio Gomarasca