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Dal seminario Gfk un nuovo patto tra marca e persone

Illustrazioni_2012-108.pngConsumatore, acquirente, cliente, shopper. Dimenticate tutte queste definizioni. Nella società sorprendente si parla solo di persone e con loro la marca deve trasformarsi in icona e riscrivere un nuovo patto. È questa la grande trasformazione che Gfk ha raccontato a una platea numerosa nel corso del suo seminario annuale, sempre atteso dalla community dei marketer perché mette alcuni punti fermi nella trasformazione rapida ed estesa di questi anni caratterizzati dalla pervasività della comunicazione digitale.

La grande trasformazione

Il presidente di Gfk Consumer Experiences Silvio Siliprandi ha disegnato il profilo della grande trasformazione in atto e che sta viaggiando a velocità supersonica. «Una trasformazione – dice Siliprandi – caratterizzata da una complessità mai sperimentata, dove le istituzioni classiche sono in crisi di identità e contemporaneamente si scardinano le certezze consolidate».

Gli esempi? L’88% delle Fortune 500 attive nel 1955 non esistono più, l’interazione con la domanda si trasforma con le app, nei prossimi quattro anni saranno più di 14 miliardi gli oggetti connessi all’internet delle cose. E i dati processati ogni giorno dal web sono pari a 2 milioni di miliardi di byte.

«Scambiare informazioni, potenziare la mente, concepire alternative, fare le cose in modo diverso da quello che ci hanno sempre insegnato sono la cifra della nostra era - continua Siliprandi – con due implicazioni importanti: una maggiore individualità e la ricerca di riconoscimento dei singoli (come persone, prima che consumatori). Ma anche più fluidità, più significati, scambi, relazioni. Che ne è quindi del brand? Oggi la tecnologia rende possibile il marketing one to one di massa. È la fine delle relazioni verticali-asimmetriche per passare a nuovi equilibri orizzontali da pari a pari».

Una società più fluida, più sorprendete, più multiforme e complessa non significa che le persone non abbiano bisogno di ancoraggi di senso, di riferimenti solidi. Tutt’altro. È sul terreno del “senso” in evoluzione costante che occorre lavorare, alzando il livello e la qualità degli strumenti per comprendere e agire. «Sono tre le tappe obbligate e urgenti – segnala Siliprandi – e vale a dire: il superamento delle forme tradizionali di scambio che vanno oltre gli econocmics e inglobano l’esperienza, le relazioni e i simboli, la messa in discussione dei miti del marketing e della ricerca e infine la ridefinizione del processo e dei contenuti di comunicazione».

Ripensare i target

In altri termini, occorre ripensare all’idea di target ipotizzando forme meno predefinite e più situate, fino a giungere a ipotizzare dei temporary target. «In un mercato dove la competizione lavora sul piano simbolico, non esistono target giusti a priori e immutabili nel tempo.

«È necessario costruire target con scopi non solo diagnostici e conoscitivi ma realmente operativi. Esistono quindi solo persone che massimizzano le opportunità che si presentano alle aziende. E solo le persone sono in grado di validare o meno sforzi e strategie ideative, commerciali e comunicative (ROI)», spiega Paolo Salafia. Le tradizionali categorie sociodemografiche, comportamentali o attitudinali non riesco a esprimere la complessità dei target, mentre, a parere dei ricercatori di Gfk l’uso di un sistema di profilazione integrato dei dati demografico, comportamentale e socioculturale permette di ricavare caratterizzazioni e specificità all’interno di uno stesso target, valorizzando le differenze in termini di volume di spesa a parità di peso complessivo.

In questa prospettiva, il caso dei senior (55-74 anni), un segmento della popolazione in ascesa, dai 14 milioni di 30 anni fa ai 17 attuali e ai ventotto milioni (quasi la metà della popolazione italiana9 tra trent’anni, è indicativo. All’interno di questo target ne esiste uno definito di nuovi senior che nel 2014 costituiva il 14% dai tratti particolarmente interessanti. «Si tratta di un segmento dove è corretto affermare che la variabile età diventa l’ultima delle caratteristiche che aiutano a definire il profilo mentre assumono sempre più rilevanza i tratti psico-grafici, la cultura e una buona disponibilità di reddito», afferma Isabella Cecchini.

La marca diventa icona

Questa frammentazione fa si che ciascuna persona si comporti in maniera differente in funzione delle occasioni e il mondo digitale sta aumentando il dominio della realtà che sta diventando sempre più ‘aumentata’. Provocatoriamente Giuseppe Minoia afferma che dobbiamo prepararci alla telepatia. Ma se questa è una forzatura, è vero che «la triade informazione – cultura – spettacolo è finita. Vi è la necessità di nuovi racconti sempre più inscindibili dai contenuti in una logica di servizio all’Homo connected. Oggi si racconta, si comunica per entrare nelle emozioni degli individui in maniera memorabile. E la marca? - si chiede Minoia – La marca deve rispondere prima ancora di fare domande, non deve difendere lo statu quo, deve anticipare i bisogni e i desideri, anche quelli inconsapevoli, quelli allo stato nascente. Deve essere anche uno scrigno di saperi in grado di fornire informazioni come esperienze che allargano la conoscenza e favoriscono le decisioni. Deve essere responsabile dei racconti e della realtà aumentata che propone e assumersi la responsabilità del mondo come organismo vivente. Deve insomma agire in una prospettiva di arricchimento e non di rinuncia e di decrescita. Deve trasformarsi in Icona, un segno evocativo di esperienze desiderabili da parte delle persone sempre più attrezzate cognitivamente».

È la costruzione di un nuovo patto che si fonda su sostenibilità e tecnologia. La tecnologia perché ha un impatto positivo sia sulla qualità di vita personale che sul benessere collettivo, la sostenibilità in quanto alla base di una rappresentazione positiva del futuro nel quale la stessa tecnologia e l’iniziativa economica sono strumenti al servizio di “buoni valori”. La sharing economy ne è un esempio.

Il nuovo paradigma, secondo Paolo Anselmi, «ha al tempo stesso valenza culturale ed economica per l’attenzione al benessere personale e collettivo (l’ambiente, i beni comuni), per l’ampliamento delle opportunità di condivisione, collaborazione, scambio e per la valorizzazione del ‘senso’ della tecnologia. Si prospetta in sostanza il superamento dell’individualismo narcisistico e competitivo che ha costituito l’asse portante della vecchia cultura, con la salvaguardia dell’autonomia, dei talenti e dei meriti individuali, ma con una apertura nuova verso i valori – e la pratica - della condivisione, della collaborazione, della comunità».

A cura di Fabrizio Gomarasca