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Distribuzione moderna? No, industria del commercio

Sono tutti positivi gli indicatori dell’istantanea scattata dal Rapporto Marca 2018 nella sua ultima edizione presentata a Bologna nel corso della fiera dedicata ogni anno ai prodotti a marchio del distributore.

Con una crescita di 266 milioni, la marca del distributore ha registrato nel 2017 vendite per 10.072 miliardi di euro, con una quota di mercato del 18,7% (+0,1 sul 2016), consolidando il livello massimo già toccato nel 2013.

Per i consumatori italiani si è trattato di risparmi pari a quasi 2 miliardi di euro.

La MDD (marca del distributore) cresce maggiormente nel segmento di mercato di fascia elevata con le tipologie premium (+17,9% a valore), bio-eco (+10,5%) e funzionale (+ 10,2%). Si riposiziona (leggermente) verso l’alto: posto pari a 100 il mercato, l’indice di prezzo risulta pari a 88,6 (+0,5 rispetto all’anno precedente).

Ricorre sempre meno allo strumento della promozione di prezzo in tutti i canali nei quali è presente.

Nel discount la quota di mercato ha superato il 57%, in crescita del 3,1% rispetto al 2016.

A livello generale, il tasso di crescita maggiore si è registrato nelle regioni del Sud, dove la penetrazione del mercato risultava inferiore alla media nazionale. Nel 2017 le vendite a valore MDD sono aumentate del 4,1%, con un tasso nettamente superiore a quello di Nord e Centro, raggiungendo una quota di mercato del 13,1%, che, sebbene in netto miglioramento, è ancora distante dalla media nazionale del 18,7%

Al contrario, la MDD non cresce nell’ipermercato. Rispetto al 2016, la quota rimane inalterata (15,6%), ma si contraggono, anche se di poco, le vendite (-0,9% a valore).

L’ampliamento assortimentale è stato un altro driver significativo delle performance della MDD: +5,5% di referenze negli iper, +10% nei super, +7,8% nel lsp, +9,5% nei discount. E le nuove referenze generano vendite incrementali per 377 milioni di euro.

Il valore dell’industria del commercio

Dietro a questi numeri, che nascondono una differenziazione per insegne e per territori anch’essa abbastanza consolidata, vi è tutta l’evoluzione del retail italiano con la consapevolezza, da parte della gdo, del proprio ruolo all’interno del sistema paese. Così la MDD che sempre più diventa marca è la leva per far compiere un passo alla gdo verso una vera e propria industria del commercio. I panni di “distribuzione moderna” vanno quindi un po’ stretti ormai a un comparto che rivendica regole uguali per tutti di fronte all’avanzata dei pure player e fa richieste precise al futuro governo perché, come afferma il presidente di ADM Giorgio Santambrogio, «siamo un’industria sana, che dà valore aggiunto, ha un’elevata potenzialità occupazionale, rappresentiamo un settore fondamentale per il sistema paese».

Il sostegno a queste parole arriva da Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House-Ambrosetti, che ha sviluppato un ponderoso rapporto al riguardo, adottando per la marca del distributore il modello di analisi dei “quattro capitali” lungo le quattro dimensioni chiave: economica, sociale, ambientale e cognitiva.

Da un punto di vista del valore economico, oltre al fatturato triplicato nel periodo 2003-2016 rispetto a una crescita del 20% dell’industria alimentare, l’altro elemento caratterizzante è il fatto che la marca del distributore genera un valore esteso (come sommatoria del valore aggiunto diretto, indiretto e indotto) di 10,2 miliardi. Da rilevare è che questa crescita è collegabile alla svolta strategica compiuta con il passaggio da una produzione me too alla diversificazione con tipologie di prodotto innovative e a maggiore valore aggiunto.

Significativo è il sostegno alla filiera di fornitura: il 91,5% delle 1500 imprese copacker sono italiane e il 76% sono piccole e medie imprese con le quali si instaurano relazioni di fornitura di medio-lungo periodo (il 50% da oltre 8 anni).

«Nonostante negli ultimi tempi la gdo sia stata maltrattata – commenta Marco Pedroni, presidente di Coop Italia – chi ha puntato sulla MDD dà un contributo importante al paese nel far crescere altri soggetti economici con rapporti più stabili e duraturi delle normali relazioni di fornitura».

I punti fondamentali della dimensione sociale della MDD riguardano l’occupazione lungo la filiera – 60 mila occupati diretti, 113 mila indiretti e 205 mila estesi, favorendo l’occupazione femminile (il 62% del totale contro una media italiana del 42%) e giovanile (il 18% contro il 12%) con il 90% dei contratti a tempo indeterminato (contro il 65% della media italiana) – oltre all’impegno nelle iniziative di corporate social responsibility, all’attenzione verso la qualità e il prezzo, alla certificazione e alla sicurezza alimentare.

Quanto al valore ambientale, i punti vendita della gdo dal 2005 al 2016 hanno ridotto del 30% il consumo di energia elettrica, con un risparmio di 190 milioni di euro e di oltre un miliardo di tonnellate di CO2. Nel 2016 la gdo ha consumato 112 milioni di litri di acqua in meno rispetto all’anno precedente ed è crescente il suo contributo verso l’economia circolare.

Dal punto di vista della dimensione cognitiva, De Molli segnala la concentrazione della MDD sui prodotti innovativi e premium arrivando prima della marca industriale a innovare l’offerta per rispondere ai nuovi stili di consumo e ai principi di benessere e salute.

A cura di Fabrizio Gomarasca