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Che cos’è e come funziona il codice UDI per i dispositivi medici

Continua il nostro percorso di conoscenza con il regolamento europeo che prevede l’apposizione del codice UDI sui dispositivi medici e diagnostici in vitro

Che cos’è lo UDI?

Lo UDI, Unique Device Identification, è il sistema di codifica che consente di riconoscere in maniera certa e chiara tutti i dispositivi medici e diagnostici in vitro lungo la supply chain sanitaria in Europa, Stati Uniti e altri paesi, ed è costituito da un codice alfanumerico complesso che identifica in maniera univoca un dispositivo.

È complesso perché è costituito da due parti.

  1. La prima (che si definisce UDI-DI) serve a identificare la referenza, il dispositivo, che sia un arto artificiale o un cerotto.
  2. La seconda parte (definita UDI-PI) contiene invece le informazioni che servono alla tracciabilità e alla rintracciabilità del dispositivo, utilizzate e decise dall’azienda: possono riguardare il lotto di produzione, la data di scadenza, la data di produzione, ecc.

Mentre la prima parte è un tipo di informazione statica, la seconda parte è più complessa perché le informazioni sono variabili e dinamiche.

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I dati descrittivi relativi al dispositivo dovranno poi essere caricati su Eudamed, la banca dati europea dei dispositivi medici.

Chi assegna il codice UDI?

Le aziende non possono assegnare l’UDI in autonomia con regole proprietarie, ma devono riferirsi a un ente di rilascio (Issuing Entity per l’Europa). Si tratta di organizzazioni globali, enti standardizzatori che forniscono le regole per l’identificazione. Ed è ciò che fa GS1, e per l’Italia GS1 Italy, che è l’unica organizzazione italiana autorizzata per supportare le aziende con i codici UDI.

«GS1 Italy fornisce tutte le regole e gli standard globali GS1 in forma di informazioni da codificare e codici a barre per identificare i dispositivi. Per meglio comprendere, si può dire che, traslando lo UDI-DI negli standard GS1, lo UDI-DI è quello che l’EAN-13 rappresenta per i beni di consumo, composto da un identificativo per azienda e da una serie di numeri che definiscono l’unità di prodotto. Alle aziende spetta invece di decidere le informazioni che costituiscono lo UDI-PI», spiega Giada Necci, new solution specialist GS1 Italy.

A questo punto l’ente di rilascio fornisce le regole per poter rappresentare graficamente queste informazioni e indica quale tipo di codice a barre utilizzare. Per GS1 le aziende possono scegliere tra il codice a barre GS1-128 o il GS1 DataMatrix, che contiene le informazioni adeguate in spazi piccoli. Esiste anche la possibilità di utilizzare un tag RFId, ma, per l’Europa, non è alternativa al codice a barre.

Che cosa devono fare le aziende?

Attribuire il codice di identificazione a ciascun device, dalle lenti a contatto e i cerotti adesivi ai pacemaker e agli scanner a raggi X, decidere quali informazioni di tracciabilità adottare, sviluppare un sistema di etichettatura per ogni prodotto.

Il codice identificativo unico deve essere applicato sull’etichetta dei dispositivi medici, sulle confezioni e/o sugli stessi dispositivi in formato testuale e in formato codice a barre. Una volta adottate le regole dell’ente di rilascio, le aziende si impegnano a mantenere e a seguirle.

Ma nel caso dei dispositivi venduti nel largo consumo (siringhe, cerotti, ecc) esiste già il codice EAN. Che fine farà?

Il codice EAN-13, che fa le veci del codice UDI-DI, rimane. Le aziende devono aggiungere il codice UDI-PI. Per una semplice questione di comodità nella scansione, il consiglio è quello di riunire tutte le informazioni in uno dei codici che GS1 mette a disposizione e di solito, le aziende scelgono il GS1 DataMatrix.

Ogni azienda utilizza già codici di riferimento proprietari, che spesso sono riportati anche nei vari repertori ministeriali di ogni paese. Che cosa succederà?

Il sistema UDI introduce l’idea di globalità del codice, che prima stava nel perimetro dell’azienda.

Vero è che il repertorio italiano dei dispositivi medici presso il ministero della Salute non richiede espressamente codici globali. Ma quando Eudamed, la banca dati europea dei dispositivi medici, sarà a regime, il ministero non chiederà più alle aziende di popolare il repertorio con i nuovi prodotti, ma scaricherà le informazioni necessarie direttamente da Eudamed e quindi tutti i device saranno identificati con dei codici globalmente univoci.

(2/CONTNUA)

Identifica i dispositivi medici con il sistema UDI

a cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab