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Per l'industria di marca la famiglia è una certezza

Per 81 famiglie su cento "in Italia non si stanno gettando le basi per il futuro". Per il 69% nel Paese "manca una visione condivisa sulle cose da fare". Per il 52% da noi "si vive peggio rispetto agli altri Paesi europei".
Le famiglie italiane vedono "nero" secondo quanto emerge dall'analisi Le famiglie e la crisi. Valori, consumi, progetti, realizzata da Gfk Eurisko per il settimanale Famiglia Cristiana e Centromarca (associazione italiana industria di marca). «La crisi è ormai percepita non come passeggera, ma come un dato strutturale e le aspettative per il futuro sono decrescenti», sottolinea Giuseppe Minoia, presidente di Eurisko. Il 39% delle famiglie ritiene che se ne uscirà dal 2015, il futuro preoccupa il 67% delle famiglie con figli grandi e il 65% con figli piccoli.

Di contro, la famiglia emerge quale "istituzione di riferimento", conferma la propria centralità, svolge sempre più funzione di serbatoio delle risorse economiche per costruire il futuro di figli e nipoti e di sostegno sociale supplendo alle carenze politiche e sociali. «La crisi, se governata, può trasformarsi in opportunità» ha dichiarato il direttore di Famiglia Cristiana don Antonio Sciortino «per riflettere e rivedere stili di vita e comportamenti, improntati a maggiore sobrietà, a minori sprechi. Se ne esce se tutti, nel proprio ambito, sapremo prendere coscienza della gravità del momento e attuare azioni per ridare fiducia alle famiglie e al Paese in vista del futuro. Ripensare una società a misura di famiglia può essere un buon punto di partenza».
Sul piano dei consumi, elaborando valori e scelte d'acquisto sempre più ragionate e meno d'impulso, la famiglia italiana si conferma "un interlocutore fondamentale per l'industria di marca". Negli anni della crisi si riducono i budget ma cresce il ricorso a discount e promozioni, ai massimi il ricorso al credito. Resiste però la fedeltà alla marca, soprattutto se in promozione (55%). Stabile la quota del 23% per cui "una marca vale l'altra", per il 72% la marca è sinonimo di garanzia. Dall'analisi emerge una “riaffermazione proprio dei valori tipici delle grandi marche, che nonostante la congiuntura negativa mantengono la loro attrattiva e il loro valore segnaletico a discapito dei prodotti anonimi”. «La crisi e la perdita del potere d'acquisto non pregiudicano il rapporto dei consumatori con le grandi marche», conferma Minoia, «ma ne riconfigurano le modalità di accesso». Non a caso i brand industriali generano il 70 per cento dei consumi: è il dato più alto registrato nei Paesi europei.

«Nel contesto di riscoperta e riaffermazione dei valori descritto nell'indagine» rileva Luigi Bordoni, presidente di Centromarca «trova spiegazione la tenuta della marca, anche in una fase di grave difficoltà economica delle famiglie. È proprio nell'insieme dei suoi valori, non solo merceologici o mercatistici, ma anche di responsabilità e di rigore nel senso più ampio, che la marca trova forza. In sintesi, nella sua "reputazione"».