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Tecnologia per competere: ecco cosa serve all'Italia

Come ogni anno Smau è il momento di sintesi dello stato di salute dell’Information technology in Italia, il tempo dei consuntivi e dei buoni propositi, dei bilanci e dei progetti futuri. Anche quest’anno la manifestazione non è sfuggita alla sua missione. Grazie però al supporto scientifico fornito dalla School of Management del Politecnico di Milano, il ricco carnet di convegni e workshop che ha accompagnato l’esposizione di soluzioni e prodotti negli stand, ha intrapreso un percorso pragmatico. Anche nel convegno di apertura, al netto degli interventi dei politici, si possono individuare alcune utili motivi di riflessione. Con almeno una premessa doverosa. Che cioè il ritardo ormai sedimentato dell’Ict in Italia sta trasformandosi in una reale zavorra all’innovazione e allo sviluppo.

Alcune cifre, riprese da Andrea Rangone, Responsabile scientifico dell’Osservatorio SMAU - School of Management del Politecnico di Milano, lo misurano: l’incidenza della spesa Ict sul Pil è del 2% (nel Regno Unito del 4,2%, in Francia del 3,4%, in Germania del 3,1%), il nostro paese è al 22esimo posto in Europa per capacità di innovazione, la metà della popolazione italiana non è connessa a internet, l’Edi è utilizzato dal 3% delle imprese, contro il 18% in Europa, alla fatturazione elettronica fa ricorso solo il 5% contro, per esempio, il 15% della Scandinavia. Certo, ci sono anche alcuni elementi positivi che fanno vedere il bicchiere mezzo pieno, come la diffusione dei cellulari (86% degli italiani ne possiede uno), la banda larga 3G che con una copertura del 34% è in pratica allineata con quella europea (38%), il fatto che l’80% dei manager di primo livello delle imprese considera l’Ict un driver fondamentale nell’innovazione di processo e che il valore 2008 dei mercati digitali consumer in Italia è cresciuto nel 2008 del 16% rispetto al 2007 con una previsione per il 2009 di un ulteriore aumento del 7%. «La dinamica dei mercati digitali evidenzia innegabili segnali positivi, in un contesto che - commenta Andrea Rangone - a causa della crisi economico-finanziaria in atto, sta invece accusando forti rallentamenti. Basti pensare che il mercato dei contenuti digitali a pagamento è cresciuto nel 2008 del 13%, quello del commercio online di prodotti e servizi del 18% e quello della pubblicità su piattaforme digitali del 21%. E le piattaforme digitali stanno diventando sempre di più e sempre più efficaci: da Internet, al Mobile alle nuove tv».

Proprio per questo motivo occorre comprendere che innovare è una necessità da parte delle imprese (e della pubblica amministrazione che da sola vale quasi il 50% delle spese in Ict) non solo per vincere, ma per sopravvivere. E l’innovazione è legata all’Ict. «È indispensabile – sottolinea il presidente di Assinform Paolo Angelucci, che rappresenta il quarto settore industriale per numero di addetti – arrivare in tempi brevi a una rete in fibra ottica per raggiungere imprese e istituzioni, affinché l’Ict possa diventare motore di sviluppo di business e non solo uno strumento di riduzione dei costi. L’obiettivo deve essere supportare chi innova, attraverso, per esempio, i finanziamenti da parte delle banche e gli incentivi per la rottamazione di applicazioni ormai obsolete che si trasformano in un limite per i sistemi informativi delle imprese».

Ecco che, insieme al richiamo a unire l’efficacia al risparmio in tema di soluzioni per le imprese, la School of Manageent del Politecnico di Milano lancia un decalogo su ciò che serve all’Italia per cambiare radicalmente il passo.

A cura di Fabrizio Gomarasca