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Se la povertà diventa una “questione settentrionale”

In un quadro generale della povertà in Italia sostanzialmente stabile, spicca il dato sul numero di famiglie povere residenti al Nord: in un decennio è raddoppiato benché negli stessi anni l’economia sia cresciuta di più in quell’area. Le possibili cause

Tratto dal sito lavoce.info

Un quadro stabile

Le stime preliminari sulla povertà nel 2023, tempestivamente diffuse dall’Istat, mostrano una sostanziale stabilità rispetto al 2022: la quota di famiglie in povertà assoluta è dell’8,5% contro l’8,3% dell’anno precedente. Tra le persone, la percentuale in povertà è praticamente costante, passando da 9,7% nel 2022 a 9,8% nel 2023.

La povertà assoluta è stimata sulla base della spesa per consumi delle famiglie: è povera una famiglia che ha una spesa inferiore a una soglia di povertà che dipende dalla composizione della famiglia stessa, dalla regione e dal tipo di comune di residenza. La spesa media delle famiglie italiane è cresciuta nello scorso anno del 3,9% rispetto al 2022, ma l’aumento non è stato sufficiente per evitare una riduzione della spesa in termini reali, perché i prezzi sono cresciuti più velocemente: il 2023 ha visto infatti un tasso di inflazione del 5,9%.

Dove la spesa delle famiglie scende di più

Se nell’ultimo anno la spesa reale delle famiglie italiane è in media diminuita di circa due punti percentuali, molto peggiore è l’andamento dei consumi sul più lungo periodo: in termini reali la spesa media delle famiglie tra 2014 e 2023 è diminuita di ben 10,5 punti percentuali.

Il netto calo del tenore di vita – forse il dato più importante tra quelli diffusi da Istat il 25 marzo – non è stato uniforme sul territorio nazionale, ma assai maggiore nelle regioni settentrionali. Sulla base degli stessi dati pubblicati da Istat, si può infatti calcolare che la spesa reale media delle famiglie è diminuita negli ultimi dieci anni del 14% nel Nord, dell’8% nel Centro e del 3% nel Mezzogiorno.

Il forte divario nella dinamica della spesa media reale delle famiglie per area è confermato dai cambiamenti nella diffusione della povertà assoluta nello stesso periodo. La tabella mostra sia il numero di famiglie povere che l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie per le tre aree del paese, dal 2014 al 2023.

In un decennio il numero di famiglie povere residenti nel Nord è raddoppiato. È cresciuto anche nel resto del paese, ma molto meno. Oggi ci sono più famiglie povere nel Nord che nel Mezzogiorno. La quota di famiglie in povertà è ancora maggiore al Sud, ma non di molto. Nove anni fa l’incidenza della povertà era al Sud più che doppia rispetto al Nord (9,6% contro 4,2%), oggi la differenza è di poco più di 2 punti (10,3% contro 8%). Nel corso del decennio è inoltre molto cresciuta la povertà tra le famiglie con minori e quelle con persona di riferimento operaia o priva di occupazione.

Tabella1_LavocePoverta.pngTabella 1 - Povertà tra le famiglie per le tre aree del paeseFonte: Istat

Non è facile interpretare queste tendenze della povertà per area geografica, che non corrispondono a quanto sappiamo sulla dinamica del Pil nelle varie aree del paese, perché nello stesso periodo l’economia è cresciuta di più nelle regioni settentrionali.

Tanti problemi legati fra loro

La diversa composizione della popolazione gioca certo un ruolo, ad esempio il fatto che le famiglie degli immigrati, che hanno tassi di povertà ben maggiori di quelle dei cittadini italiani, vivono in gran parte al Nord, dove la domanda di lavoro è più alta. Le misure di contrasto alla povertà, dal Reddito di cittadinanza al nuovo Assegno di inclusione, hanno sicuramente una maggiore efficacia nel Meridione, perché le regole di calcolo del trasferimento sono le stesse sull’intero territorio nazionale e di conseguenza il suo importo reale è maggiore dove il costo della vita è inferiore. I salari crescono poco anche al Nord, che pure offre più occasioni di lavoro, con la conseguenza della crescita del fenomeno dei lavoratori poveri, confermata dai dati Istat di marzo. È poi possibile, ma andrebbe verificato, che il flusso migratorio dal Sud al Nord alla ricerca di lavoro abbia l’effetto sia di ridurre la povertà nelle regioni meridionali che di aumentare quella nelle regioni settentrionali, se il reddito da lavoro non è sufficiente per superare la soglia di povertà.

Non è chiaro se questi dati propongano il tema di una nuova “questione settentrionale” con molti problemi tra loro intrecciati: il lavoro che non basta per uscire dalla povertà, la necessità di flussi migratori per sostituire i pensionamenti, la presenza di aree molto dinamiche che attirano lavoratori dal Sud e dall’estero e che però offrono spesso salari bassi e hanno costi abitativi troppo alti.

Certo, quello della crescente povertà al Nord è un fenomeno che merita di essere approfondito.

Figura1_LavocePoverta.pngFigura 1 – La povertà assoluta è cresciuta al Nord e Centro, mentre si è ridotta al SudFonte: Istat

A cura di Massimo Baldini - economista