consumi

Consumatori in burnout

l'opinione di

Manuela Soressi

Vivere stanca. E dopo il Covid-19 ancora di più. Dopo i lunghi mesi “protetti” della pandemia, che hanno costretto tutti a ridefinire la propria quotidianità, il ritorno alle condizioni di vita e ai ritmi del pre-pandemia ha prodotto un diffuso malessere. Una sensazione di fatica difficile da sostenere, quasi di esaurimento fisico e mentale, che sta permeando il cosiddetto “ritorno alla normalità”. A misurare questo fenomeno è la società di ricerche Euromonitor che l’ha inserito tra i dieci trend globali del 2023. Mai come ora le persone si sentono sotto stress, immerse in un mondo veloce e caotico che rischia di travolgerle. E cercano aiuto “contro il logorìo della vita moderna”, come diceva un famoso slogan pubblicitario in tempi non sospetti.

La prima risposta messa in atto è la sacralizzazione dei propri bisogni personali: secondo NielsenIQ, oltre un italiano su due mette il proprio benessere psico-fisico in cima alle preoccupazioni del 2023. Per un altro 25% è al terzo posto, dopo la sicurezza economica. Quest’attenzione alle proprie esigenze e al proprio equilibrio permea tutte le scelte di vita: a livello globale, rileva Euromonitor, il 52% dei cittadini ha introdotto dei paletti precisi tra i tempi del lavoro e quelli della vita privata. Ma l’esaurimento psico-fisico continua a produrre i suoi effetti, perché il mondo con le sue complessità e incongruità, ci segue incessante anche in casa e nel tempo libero. E disconnettersi sembra impossibile, tanto che il digital detox sta ormai assumendo il ruolo di vero e proprio status symbol.

Questo sfinimento emotivo sta rimodulando l’approccio dei consumatori anche alle attività quotidiane, come la spesa, mettendo in discussione quelli che fino a poco tempo fa erano considerati punti di forza. A partire dall’ampiezza e dalla profondità dell’assortimento dei punti vendita: di fronte a scaffali complessi da leggere e ridondanti nell’offerta scegliere quale yogurt o biscotto comprare può trasformarsi in un atto faticoso. Ma anche certe etichette zeppe di claim possono produrre l’effetto contrario alla loro reason-why, inducendo il consumatore a bypassarle per evitare lo sforzo di comprenderle. Così come nuovi prodotti troppo innovativi o difficili da classificare. Paradossalmente, persino la ridefinizione delle fasce di prezzo dettata dall’inflazione ha sortito l’effetto di confondere il consumatore, costringendolo a una nuova (e faticosa) lettura della convenienza.

Secondo gli analisti questo scenario di riallocazione delle priorità (anche nei consumi) non è fuggevole ma ci accompagnerà a lungo. E potrebbe trasformarsi nel terreno adatto per un ripensamento dei touchpoint con i consumatori da parte di produttori e retailer. Trovare nuovi e più immediati strumenti di definizione dell’offerta, targettizzare in maniera più decisa e chiara gli scaffali, sviluppare prodotti che migliorino l’efficienza mentale (non dimentichiamo che uno dei prodotti di maggior successo sono gli energy drink) o che aiutino a trovare un relax olistico (e non solo in una dimensione naturale, come già avviene con le tisane, ma in chiave medicale) potrebbero rappresentare risposte concrete ed efficaci all’esigenza di combattere il burnout dei consumatori.

Manuela Soressi è giornalista professionista, esperta di consumi e food & beverage, consulente di comunicazione corporate, autrice di saggi.