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Problemi e prospettive del commercio in Italia

Per tornare a crescere l’Italia ha bisogno di riforme strutturali che incidano profondamente sulla finanza pubblica, sull’organizzazione dello Stato anche al fine di recuperare quel dinamismo necessario per rilanciare l’economia. Mettere in atto queste riforme radicali è un compito cruciale dei governi nazionali e locali.

In Italia, in misura maggiore che in altri paesi, permangono ancora troppi settori in regime protetto che oltre a frenare lo sviluppo determinano inefficienze su prezzi e qualità dei servizi a tutto danno dei consumatori.

Non vi è dubbio che un ruolo sempre più importante spetta alle istituzioni territoriali ed in particolare alle Regioni. Molte delle scelte operate a livello locale, infatti, possono condizionare lo sviluppo e la crescita di interi settori economici.

Per questi motivi Ancd ha voluto avviare una prima analisi sugli effetti derivanti dall’attuazione della riforma del titolo V della Costituzione che ha attribuito alle Regioni alcune competenze in determinati settori economici, e tra questi il commercio.

Nel Rapporto Ancd presenta alcune proposte al legislatore competente che tendono a recuperare lo spirito della riforma Bersani troppo frettolosamente accantonata. In sintesi suggerisce di:

  1. Contrastare programmazioni che direttamente o indirettamente selezionino l’offerta. È necessario che le autorità locali, nel rispetto delle sole norme in materia di tutela della sicurezza, dell’ambiente, e più complessivamente dei motivi imperativi di interesse generale, attuino politiche di sviluppo e di attrazione degli investimenti. La lunga stagione recessiva che il Paese sta vivendo e che presumibilmente ci accompagnerà ancora per diverso tempo, non consente al legislatore competente di rallentare o limitare la ripresa economica.
  2. Eliminare barriere e vincoli nei nuovi mercati di interesse per la distribuzione commerciale. L’ingresso della distribuzione commerciale nei nuovi mercati è stato contrassegnato da enormi difficoltà derivanti dalla presenza di barriere e vincoli all’insediamento. I casi più emblematici sono quelli relativi al settore distributivo carburanti, al settore della distribuzione dei farmaci e alla vendita della stampa quotidiana e periodica.
  3. Perseguire l’obiettivo di una normativa settoriale sostanzialmente uniforme nelle diverse aree del Paese. La continua evoluzione del mercato interno dell’Unione europea e il sempre più penetrante sviluppo dei mercati internazionali richiedono un insieme di regole uniformi e chiare per attrarre investimenti in Italia e mettere in condizione gli operatori presenti di poter programmare il loro sviluppo nell’ambito di un quadro certo di regole.
  4. Rivedere ruolo e funzioni dei comuni e delle provincie. Se il ruolo del legislatore regionale risulta essenziale nella definizione di un quadro normativo idoneo al raggiungimento di un mercato moderno e concorrenziale, altrettanto importante risulta la funzione di comuni e province. In particolare va segnalato come assai di frequente l’attività di questi enti, che hanno rilevanti attribuzioni nella definizione dei piani urbanistici, costituisca ulteriore elemento di freno allo sviluppo e di complicazioni burocratiche per le imprese.
  5. Ripristinare le soglie dimensionali dei punti vendita definite dalla riforma Bersani del 1998. Vanno eliminate tutte le diverse articolazioni dimensionali fissate dai legislatori regionali rispetto a quelle stabilite dalla Bersani (114/1998). Occorre evidenziare coem tutte le organizzazioni del commercio, da quelle più tradizionalia quelle che rappresentano le imprese della distribuzione moderna, riconoscono la validità, ancora oggi delle norme fissate dalla riforma del commercio. Si ripristinino, quindi, i valori a suo tempo indicati dal D.Lgs 114/1998: fino a 150 e 250 mq per gli esercizi di vicinato (nei comuni rispettivamente con popolazione inferiore e superiore a 10mila abitanti), 1.500 e 2.500 mq per le medie strutture, soglie dimensionali superiori per le grandi strutture di vendita.
  6. Procedere con celerità alla semplificazione delle procedure autorizzative. Non di rado i progetti per l’insediamento di medie-grandi strutture si realizzano dopo un eccessivo numero di anni a causa delle lente procedure autorizzative. Questo comporta che, assai di frequente, i format realizzati dopo questo arco di tempo, risultano di fatto già obsoleti rispetto alle esigenze di un mercato che cambia in tempi molto più rapidi. Inoltre le esperienze collegate alla Dia e poi alla Scia non hanno portato al raggiungimento di obiettivi significativi. Questo dipende anche dal fatto che tali strumenti, di per sé nemmeno troppo agevoli da applicare, sono stati pensati esclusivamente per gli esercizi di vicinato e non anche per le strutture di medie dimensioni che, a parere di Ancd Conad, non impattano sugli elementi strettamente connessi a motivi imperativi di interesse generale.

Ancd Conad ritiene che il conseguimento di questo obiettivi permetterebbe al Paese di ancorarsi a principi quali l’innovazione e l’efficienza, che costituiscono precondizioni per la modernizzazione del settore.

Foto di Marco Cuppini