sostenibilità

Sostenibilità nel Largo Consumo

Il settore dei beni di largo consumo è da sempre protagonista dell’innovazione logistica. È un mercato noto per essere dinamico, ma costantemente monitorato perché è nella rapida comprensione dei fenomeni emergenti che si gioca il successo della proposizione al cliente. Uno degli aspetti di dinamica generale di tale mercato è la sensibilità dei consumatori verso la sostenibilità ambientale. Un terzo dei consumatori già chiede prodotti e aziende rispettose dell’ambiente con 5 punti di crescita verso il 2009 ed anche gli altri segmenti che identificano i consumatori con maggiori attese in merito sono in crescita.

Pur senza indagare in modo approfondito cosa ciò significa in termini di comportamento di acquisto, è ovvio riconoscere che il cliente nei suoi comportamenti esprime anche tale propria sensibilità, indirizzando le proprie preferenze, nel contesto di una offerta abbondante, verso i prodotti e le aziende che meglio vi corrispondono.
Spesso tali obiettivi di innovazione sono esplicitamente sinergici tra i diversi attori nel settore perché implicano azioni in qualche modo comuni ed in tal caso ciò corrisponde spesso ad una connotazione di filiera. In questi casi, anche senza uno specifico effetto trainante di leader, si evidenzia una abbastanza diffusa cultura dell’innovazione, capace di realizzare target pragmatici e di rapida realizzazione.

A ciò si aggiunge in modo anche moltiplicativo, con ruolo identificabile nel profilo di “singoli” leader, l’azione di innovazione più visionary che guarda a componenti più strutturali. Grazie alle condizioni generalmente “favorevoli” verso l’innovazione che nel settore si riscontrano, i leader spesso riescono ad esercitare un ruolo di aggregazione in specifiche iniziative anche verso aziende di profilo diverso, magari nel contesto di iniziative di associazioni di settore. Il contesto associativo certamente maggiormente rappresentativo in Europa è ECR che opera con una pluralità di iniziative in Europa e nei singoli paesi anche grazie alle corrispondenti associazioni nazionali (GS1 Italy | Indicod-Ecr in Italia). Per questo l’incontro europeo (normalmente annuale) è una delle principali occasioni per sentire il polso di cosa si sta cominciando a realizzare nel settore. Certo ECR è il palcoscenico dell’innovazione di tutto il settore con riferimento a numerose componenti della catena del valore, ma la logistica ne è sempre stato e ne rimane un protagonista principale.

Il tema principe per la logistica in questa edizione è stato il trasporto ed il suo contributo alla riduzione dell’impatto ambientale.

Il tema è molto ampio perché riguarda tutto quanto consente di usare il trasporto in modo più efficiente (migliore saturazione, riduzione ritorni a vuoto, fonti più vicine, linearizzazione, ecc…) e con mezzi/modalità di minore impatto ecologico (minori consumi, minore emissioni, ecc…). Spesso nel riuscire a realizzare questi miglioramenti una leva fondamentale è la collaborazione che continua la sua progressiva affermazione come testimoniato in tante presentazioni del convegno. Non potendo toccare tutti questi temi ho scelto di raccontare di una piccola esperienza che però tocca con sorprendente successo tutte le principali componenti. Si tratta della realizzazione di un flusso intermodale tra in centro ed il nord dell’Italia in collaborazione tra Carrefour e Procter & Gamble.

Esaminando con logica di sistema l’insieme dei propri flussi le aziende hanno riconosciuto la potenzialità di realizzare un flusso bilanciato che fosse compatibile per una serie di caratteristiche: località di carico-scarico, bilanciamento di quantità, tempi di servizio, tipologia contenitori/unità di carico, attualità dei servizi, ecc… Hanno così realizzato un flusso “circolare” con ottime prestazioni ecologiche e significativo risparmio economico. Anche quest’ultimo aspetto di rilievo, non solo come fatto generale, ma perché realizzato su un territorio relativamente povero di servizi, escluso dagli incentivi europei (il programma Marco Polo è limitato ai flussi transfrontalieri), che evidenzia un crescente ritardo verso modelli e trend europei e su una distanza relativamente breve per l’utilizzo della ferrovia.

Certo siamo in presenza di protagonisti globali del Largo Consumo, con competenze e massa critica non di tutte le aziende, con obiettivi di sostenibilità espliciti nelle proprie politiche e con tracciamento trasparente dei risultati conseguiti. Per esempio per P&G il piano di crescita dell’intermodalità in Europa dall’iniziale 10% del 2008 è di almeno il 30% nel 2015 (40% è l’obiettivo maggiormente ambizioso), con la metà del risultato già conseguito nel 2012. Auspicabilmente l’ iniziativa di Carrefour e P&G si amplierà grazie alla “collaborazione” che si sta cercando di realizzare in modo più esteso in ECR. Infatti questa limitata esperienza avviene nel contesto di un tentativo più ampio di realizzare un uso sistematico dell’intermodalità nel settore. La mappatura dei flussi in corso e la loro simulazione in modalità alternative ne configura la indubbia potenzialità (lead time, area di raccolta, area di destinazione, distanza) e delinea possibili modelli per superare i limiti della frammentazione del struttura industriale italiana (sia industria che distribuzione e servizi logistici).

Ma ci sono ancora passi da percorrere. Infatti trovare condivisione non solo di intenti, ma di azione tra aziende diverse della filiera non è ovvio e non tutti passi sono stati ancora fatti in questo senso.
Però la difficoltà maggiore, nella percezione di chi scrive, è nella carenza di offerta - reale e percepita – circa i servizi logistici.
Infatti le carenze di servizio (strutturali?) dell’offerta intermodale non sono certo superate ed in particolare i tempi di cambio modale sono particolarmente penalizzanti su percorsi totali relativamente brevi.

Dalla presentazione in ECR Europa però colpisce particolarmente che Industria e Distribuzione operino in modo tra loro coordinato, ma con interlocuzione apparentemente modesta con gli operatori logistici, quasi sostituendosi ad essi. Non sembrerebbe per volontà di occupare spazi non propri, ma per esigenza di supplire a carenze nella capacità di offerta di servizi. Certamente gli operatori logistici sono capaci di gestire treni a fronte di contratti lunghi, ma appaiono poco attivi nel cercare la domanda, favorendone la crescita quando questa sia l’inviluppo di domande individualmente non regolari e di soggetti numerosi. Su questo ha forse inciso negativamente non solo la politica del trasporto ferroviario in Italia (impresa ferroviaria incumbent in riduzione del perimetro, nuovi entranti che lamentano limiti alla competizione, infrastrutture logistiche frazionate, scarsità di finanziamenti europei e locali, ecc…), ma anche l’indebolimento del protagonista nazionale dell’intermodalità in ossequio a esigenze normative di de verticalizzazione.

L’innovazione però si realizza nella capacità di modificare la situazione ed è auspicabile che grazie ad una domanda che si presenti in modo almeno un poco più coordinato, anche l’offerta riprenda la capacità di gestire più attivamente il proprio ruolo.

A cura di Silvio Beccia