L’Italia dal punto di vista dell’Istat
A partire dall’estate del 2011 si è assistito ad una presa di coscienza collettiva sul carattere strutturale della crisi in Italia; cosa che ha dato vita al susseguirsi dei diversi interventi di politica economica cui si è assistito che avevano in primis l’obiettivo di ridurre e poi azzerare il debito pubblico dando all’Italia il tempo per implementare le necessarie riforme di natura strutturale. A partire dal terzo trimestre del 2011 si è assistito ad una nuova fase di recessione e rialzo della disoccupazione con nuove tensioni inflazionistiche sui mercati dell’energia e degli alimentari. Le manovre pubbliche hanno ridotto il deficit e contenuto la crescita del debito ma il reddito reale delle famiglie risulta in calo, per il quarto anno consecutivo, e la propensione al risparmio scende all’8,8%.
Uno sguardo al passato insegna che le difficoltà italiane derivano da forti carenze nel sistema socio-economico: oggi bisogna fare i conti con una società con caratteristiche diverse. Aumenta la popolazione ma solo grazie alla presenza straniera, tre volte più numerosa rispetto a dieci anni fa. Ci sono più anziani, si vive di più ma si fanno meno figli, così il numero di famiglie aumenta ma in media sono più piccole. Negli ultimi 20 anni l’occupazione cresce solo grazie alla componente femminile ma va di pari passo con la precarietà, proprio per giovani e donne. Queste ultime soffrono ancora di una netta disparità sul mercato del lavoro. L’economia italiana è stata travolta dalla globalizzazione, le nuove tecnologie e l’euro, ma i risultati non sono stati soddisfacenti: meno aziende grandi e una specializzazione manifatturiera praticamente invariata.
Scende la quota del reddito da lavoro sul PIL e cambia la composizione del reddito disponibile per le famiglie: aumenta il ruolo delle prestazioni sociali.
In termini relativi la povertà resta stabile ma solo perché si è assistito ad una netta riduzione della propensione al risparmio.
L’agenda Italiana per il prossimo futuro si basa su tre pilastri: rigore, crescita ed equità; dove si prevede rigore nel breve termine, crescita nel medio ed equità in entrambe le fasi. La decisione più importante del 2011 sul piano del rigore è stata inserire nella Costituzione italiana l’impegno a realizzare il pareggio strutturale di bilancio che impone di raggiungere e mantenere per vari anni un avanzo primario molto consistente: impegno che richiederà uno sforzo notevole. Cruciale il ruolo delle esportazioni per la crescita ma il posizionamento internazionale dell’Italia resta insoddisfacente. A questo si aggiunge l’aumento della dipendenza energetica dall’estero che condiziona il saldo della bilancia commerciale e gli effetti che l’internazionalizzazione sta producendo sull’attività di importazione, aumentandola. L’Italia sconta inoltre ancora un gap significativo in termini di ruolo svolto dai “beni immateriali”: si è investito poco su ricerca e sviluppo, nuove tecnologie, innovazione organizzativa e capitale umano.
In agenda per il prossimo futuro: favorire la ridefinizione dell’assetto dimensionale dell’economia italiana e il suo posizionamento intenzionale, attraendo capitali dall’estero e rafforzando la presenza italiana sul mercato internazionale di servizi. Aumentare la flessibilità dei mercati dei prodotti e dei fattori per favorire la crescita di imprese innovative. Sostenere investimenti, anche pubblici, in beni immateriali e capitale umano. Migliorare il sistema logistico e dei trasporti e aumentare l’efficienza della giustizia civile.
Anche la completa realizzazione di questa agenda non produrrebbe effetti se non nel medio periodo ecco perché l’equità diventa un principio fondamentale da rispettare: intesa come distribuzione economicamente e socialmente sostenibile dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dall’ipotizzato percorso di rigore e crescita delineato. Alcune situazioni in particolare vanno integrare con detta agenda perché incidono sensibilmente sul senso di equità: mobilità sociale tra generazioni, distribuzione del reddito, prospettive occupazionali diverse a seconda della prima occupazione, condizioni eterogenee tra uomini e donne, italiani e stranieri, residenti al Nord e al Sud.
La mobilità sociale, che risulta bassa e minore che nel passato, rende più difficile per i giovani migliorare la propria posizione. L’istruzione rimane un fattore decisivo per la mobilità ma restano forti i condizionamenti della classe sociale della famiglia di partenza. Se il primo impegno è atipico aumenta la probabilità di rimanere precario o di perdere il lavoro. Cambia la “geografia della povertà”: peggiora la situazione delle famiglie con minori e di quelle del Sud, migliora la situazione delle famiglie di anziani. La lotta all’evasione e la revisione del sistema fiscale diventano fondamentali per conseguire una sempre maggior equità. Restano forti gli squilibri di genere, all’interno della coppia, e questo incide sulle opportunità lavorative delle donne. Le famiglie straniere hanno un reddito medio pari alla metà di quello delle italiane. Resta forte il divario tra nord-Sud anche nei servizi pubblici nonostante alcuni casi di successo di amministrazioni del Mezzogiorno.
Il 2012 sarà ricordato come un anno molto difficile sul piano economico e sociale. Le previsioni parlano di una contrazione del Pil quest’anno dell’1,5%. I consumi delle famiglie e soprattutto gli investimenti subiranno forti riduzioni (-2,1% e -5,7%); mentre la domanda estera fornirà un contributo positivo grazie all’aumento delle esportazioni (+1,2%) e alla caduta delle importazioni (-4,8%). La prevista riduzione dell’occupazione e la contenuta dinamica retributiva contribuiranno all’ulteriore contrazione del reddito reale delle famiglie, in presenza di un’inflazione ancora elevata. Nel 2013 il PIL dovrebbe invece riprendere a crescere (+0,5%) grazie alla crescita delle esportazioni (+4,0%).
Rigore, crescita ed equità rappresentano le basi su cui costruire il futuro del Paese ma deve rimanere inteso il massimo sforzo da parte di tutte le componenti della società in nome di questo obiettivo comune per rendere sostenibile sul piano sociale il percorso che attende l’Italia nel prossimo futuro.
Fonte: Rapporto annuale 2012 – Istat – 22 maggio 2012