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Contraffazione, il made in Italy si ribella e passa al contrattacco

Mondo virtuale significa sempre mondo virtuoso? Prendendo spunto da questa domanda, Indicam, l’istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione, nel convegno organizzato lo scorso settembre a Milano, ha voluto mettere l’accento sull’universo web visto non solo come un’opportunità di business, ma anche come mezzo ‘insidioso’ per le aziende (basti pensare ai tanti siti non autorizzati che commercializzano prodotti contraffatti).
Al convegno aperto da Daniela Mainini - presidente del Consiglio Nazionale Anticontraffazione - sono intervenuti, tra gli altri, brand protection manager di noti marchi dello sportswear e del lusso, rappresentanti di Guardia di Finanza, Agenzia delle Dogane e Olaf (ufficio europeo per la lotta anti-frode). Aprendo i lavoro Carlo Guglielmi, presidente Indicam, ha puntato l’indice contro i rappresentanti di Governo, Regione Lombardia, Provincia di Milano e Comune di Milano, colpevoli di non dare l’adeguata attenzione alla contraffazione che «secondo le stime Ocse, sviluppa volumi intorno al 9% del Pil mondiale».

Una lotta che ha bisogno del sostegno di tutti

«Contrastare questo fenomeno in modo più deciso ed efficace» ha continuato Gugliemi «potrebbe risolvere in parte i problemi europei di deficit. Si guarda sempre ai Paesi asiatici (Cina in testa) come principali responsabili di prodotti contraffatti, mentre l’Italia stessa è piena di contraffattori: prima si estirperà questo cancro, poi si potrà pensare agli altri».
Indicam tuttavia non sta a guardare e per difendere il made in Italy l’associazione ha denunciato lo Stato italiano alla Commissione Europea per il mancato rispetto del diritto comunitario nella disciplina relativa all’uso delle indicazioni ‘made in Italy’ e ‘100% made in Italy’ con l’intento di far prendere coscienza di una realtà che l’Istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione denuncia da almeno due lustri. «Speriamo che questa nuova denuncia, come quella da noi fatta in tema di tutela del design nel 2005» ha sottolineato Guglielmi, «abbia gli stessi esiti di chiarificazione e riequilibrio delle disposizioni, magari in tempi più brevi!».

Il pericolo arriva dalla Rete

Il grido di allarme lanciato da Indicam è di stretta attualità e riguarda in particolare il dilagare del fenomeno della contraffazione a seguito della forte crescita in molti paesi Ue del commercio elettronico. Ad esempio le dogane francesi hanno riportato un incremento nei sequestri di articoli contraffatti distribuiti a mezzo Internet dai 75.000 del 2006 a oltre un milione nel 2009. È interessante notare che nel medesimo periodo il numero totale di articoli sequestrati all’ingresso in Francia è cresciuto da 3.6 milioni a circa 7 milioni. Una crescita dei sequestri collegati al web del 1.233% contro una crescita totale dei sequestri quasi 150 volte più piccola, a dimostrazione pratica che i contraffattori stanno puntando soprattutto sul commercio on line.
Incrementi simili sono stati osservati in Spagna e Germania. Pur in assenza di dati aggregati, in Italia sia le dichiarazioni della Guardia di Finanza sia le sensazioni dei titolari di diritti che hanno in essere attività di monitoraggio e contrasto nei confronti della contraffazione via web mostrano incrementi nello stesso ordine di grandezza.
Durante il convegno il direttore dell’Agenzia delle Dogane, Giuseppe Peleggi, ha ricordato l’adesione alla campagna per la lotta alla contraffazione già avviata lo scorso anno in Francia a cura del Comitato Colbert. La campagna (con il contributo di Indicam e di importanti marchi del settore del lusso) si articola in diverse affissioni formato poster posizionate negli uffici doganali dei principali porti e aeroporti, che veicolano in inglese e italiano messaggi di sensibilizzazione sul fenomeno della contraffazione.

Non solo repressione

Alla consueta attività di repressione, che vanta riconoscimenti ufficiali da parte di organismi internazionali, tra cui l’Organizzazione Mondiale delle Dogane e lo stesso Comité Colbert, l’Agenzia delle Dogane ha affiancato anche un’azione preventiva allo scopo di rendere più incisiva la propria azione di contrasto al mercato dei prodotti contraffatti, “fonte di danni non solo per l’economia e l’occupazione, ma talvolta anche per la salute dei consumatori”.
Al centro del convegno c’erano i trabocchetti offerti dal Web al mercato e di fronte ai quali si trovano – spesso impreparate o poco supportate dalle istituzioni – le aziende. Facilità di raggiungere consumatori e produttori grazie alla dematerializzazione delle distanze, diminuzione degli oneri di intermediazione e una progressiva e maggior fiducia nell’acquistare on line sono alla base del successo del commercio virtuale, ma, allo stesso tempo, facilitano la vendita di beni contraffatti, grazie anche alla possibilità di celarsi dietro identità fittizie o addirittura rimanere anonimi. Il risultato di tutto ciò è di minacciare i prodotti di marca e le aziende che subiscono le contraffazioni.

All’intervento di Carlo Gugliemi è seguita una tavola rotonda moderata da Riccardo Staglianò, giornalista del quotidiano La Repubblica e autore di reportage sul mondo del ‘falso’. Oltre all’intervento di Giuseppe Peleggi, ricordato sopra, vanno menzionati quelli di Giovanni Kessler, direttore generale di Olaf presso la Commissione Europea, che ha parlato delle decine di migliaia di casi di sequestri alle frontiere dell’UE registrati nel 2010, e di Murielle Vincenti, direttore del dipartimento Proprietà Intellettuale del marchio Prada, che ha parlato di vendite-evento su invito, ovvero l’altra formula per veicolare i falsi. Elena Pigozzi, brand protection manager e responsabile del Servizio Consumatori per l’Italia di Nike Europe, ha invece sottolineato la frustrazione di chi investe nella lotta alla contraffazione: «I risultati non sono adeguati alle risorse investite e i falsi siti proliferano sempre di più tra i consumatori».

A cura di Barbara Tomasi