Le politiche di mobilità cambiano le città, non solo il commercio
La città è lo spazio più ambito in cui la popolazione continua a concentrarsi. Il fenomeno dell’urbanizzazione ha velocità di sviluppo diverse nei diversi paesi. Infatti è assai più accentuato nelle economie emergenti dove all’ambiente urbano si associano le maggiori dinamiche sociali ed economiche.
Il fenomeno è spesso identificato come Urban Sprawl, specie con riferimento al dilatarsi delle città per accogliere la nuova popolazione. Ne sono conseguenze l’incremento delle esigenze di mobilità ed in generale la congestione delle infrastrutture e dei servizi urbani di vario tipo. Il fenomeno assume particolare criticità nei centri storici, perché la struttura centripeta delle città ne amplifica gli oneri. La domanda di mobilità di persone e cose quindi impone misure di regolamentazione dell’utilizzo di una capacità scarsa.
Le autorità affrontano il tema con molta prudenza, come normalmente accade per misure di tipo limitativo, comunque problematiche per la gestione del consenso. Nondimeno i cambiamenti che le azioni in merito producono, non sempre sono interpretate nei loro effetti di medio lungo termine.
Per la popolazione queste iniziative sono coordinate con il potenziamento dell’offerta di trasporto pubblico e la gestione della domanda di mobilità con incentivi (car sharing, car pooling, park & ride, ecopunti,...), regole (orari, targhe alterne, informazioni al viaggiatore, semafori intelligenti, …) e inevitabili restrizioni (congestion pricing/value pricing, zone a traffico limitato, …).
La regolamentazione del traffico merci ha storia in parte diversa. Infatti riguarda meno direttamente la generalità della popolazione e l’impatto sulla congestione è percepito forse ancora superiore a quanto rilevazioni di vario tipo sembrerebbero quantificare.
La risposta specifica per le merci viene ricercata nelle soluzioni cosiddette di “City Logistics” privilegiando qui il termine inglese perché facilita l’identificazione della ricca letteratura in merito.
L’obiettivo di limitare l’accesso dei veicoli più inquinanti in centro può essere raggiunto con più o meno semplici limitazioni per i veicoli non “ecocompatibili”. Tuttavia, per le merci, è ancora più importante contenere la congestione (ovvero veicoli-km merci percorsi e la gestione del carico-scarico) con una normativa che privilegi i veicoli con alto riempimento e gestisca le piazzuole di parcheggio (pur con la complessità di attuabilità in termini di controllo). Inoltre diventano interessanti le funzionalità di piattaforma urbana, questo rappresentando un’occasione ormai ben sperimentata di riutilizzo di spazi urbani dismessi (magazzini generali, depositi di veicoli di trasporto pubblico, scali ferroviari, ecc.) o di utilizzo più efficiente di superfici logistiche esistenti.
In ambito nazionale, secondo l’Osservatorio nazionale Misure e sistemi per la regolamentazione degli accessi e distribuzione merci nei centri urbani in Italia, i seguenti temi sono infatti emersi come di maggiore interesse:
- Misure di regolazione progressive (inserimento di nuove misure di tariffazione degli accessi per esempio a Roma, Bologna, Modena, Piacenza, Milano, Padova, Piacenza e Torino)
- Sperimentazione e avvio di modelli sostenibili ed in particolare le “piattaforme urbane” (Padova – Vicenza –Modena – Parma) ed i transit point telematici (Bologna)
- Utilizzo di tecnologie telematiche per il controllo e gestione del servizio, sistemi software per l’ottimizzazione dei carichi, dei percorsi e della prenotazione delle piazzole (Bologna e Parma), sistemi di localizzazione del veicolo nell’ambito dei percorsi urbani (Padova e Parma).
Esistono numerosi indicatori dell’impatto positivo, almeno sul fronte ecologico delle misure adottate (maggior utilizzo di veicoli ecologici e/o a minore impatto ambientale, miglioramento degli indicatori di inquinamento e di congestione), anche se i risultati raggiunti sono oggettivamente minimi rispetto all’entità del problema. Occorre ricordare che le esperienze, anche se relativamente numerose, sono ancora giovani e soprattutto assai limitate come estensione. Questo giustifica aspettative per il futuro, altrimenti riesce difficile riconoscere il ritorno di investimenti in City Logistics che in Italia sono già valutabili intorno ai 50 milioni di euro (principalmente fondi europei e regionali). Sono infatti elencabili almeno 40 tra studi e progetti. Di questi solo una decina di progetti è arrivata allo stadio operativo, con alcuni esempi però (Padova soprattutto) a livello dei migliori casi di studio in Europa.
Più controversa è invece la valutazione di maggiore efficienza ed efficacia dei processi logistici (consolidamento dei carichi, interoperabilità e tracciabilità, piattaforme telematiche). In particolare la rottura di carico aggiuntiva è in generale un costo in più. Tuttavia un opportuno disegno del flusso non è detto che debba sempre richiederlo. Infatti gestire tale vincolo, tra i tanti che comunque un sistema di distribuzione richiede, non implica automaticamente extra costi e talvolta il ripensamento complessivo consente ampi recuperi.
Se il “ripensamento” del flusso logistico è in parte nelle responsabilità delle imprese, certamente il ruolo maggiore rimane di competenza pubblica. E non solo di avviare iniziative strutturali ed incisive, ma contemporaneamente di creare un quadro di riferimento coordinato sul territorio.
Certo le imprese osservano in queste trasformazioni, ovviamente non solo con riferimento a tematiche di mobilità in senso stretto, fenomeni di modifica dell’assetto urbano che implicano valutazioni di localizzazione e di modalità di sviluppo delle attività stesse. L’espulsione progressiva dalle zone urbane più centrali delle piccole imprese artigianali è un fatto ormai consolidato che talvolta si ritarda fino al ricambio generazionale o alla mortalità naturale. Le attività del terziario sono ancora assi vincolate ai flussi delle persone e quindi non possono evitare di farsi carico di gestirne i vincoli relativi. In questo però i diversi segmenti di attività hanno dinamiche diverse.
Il commercio in particolare, specie con maggiori volumi di traffico merci (per esempio grocery di non stretta prossimità e negozi più tradizionali di elettrodomestici bianchi e bruni), si è già abbastanza allontanato dalle zone più centrali. Inoltre l’opportunità dei centri commerciali è ormai, per molti esercizi commerciali di vario tipo, una alternativa valida al precedente ”obbligo” di localizzazione centrale. È pur vero però che, nei vincoli attuali, si stanno sperimentando anche nuovi format distributivi pensati proprio per le zone più centrali (Castorama, Decathlon, Feltrinelli, Darty, …) con aspetti interessanti di ricambio.
Nei vari scenari ipotizzabili è facile immaginare implicazioni per alcuni protagonisti:
- L’industria aggiornerà i propri modelli distributivi. La tentata vendita incrementerà la presa d’ordine per via telematica/call center? Si sposteranno clienti diretti sui canali più “lunghi”? Si attiverà la distribuzione notturna?
- Si modificherà il ruolo dell’ingrosso. Ci sarà un nuovo spazio per l’ingrosso? La specializzazione di prodotto/punto vendita diventerà soprattutto di territorio?
- Cambierà l’ acquisto dei servizi logistici. Saranno da rivedere i criteri di scelta dei fornitori prevedendo supplementi specifici per i centri urbani (tipo “isole minori”)? Si evidenzieranno concentrazioni (eventualmente consortili) su specialisti di prodotto/territorio?
- Cambieranno i rapporti tra gli operatori logistici. Emergerà una nuova specializzazione, nella distribuzione urbana delle merci? Ci sarà una spinta alla maggiore differenziazione tra “integratori” e “specialisti”? Quali nuovi contributi dai servizi postali?
- L’e-commerce avrà un trend di sviluppo differenziato nei centri urbani. Come si differenzieranno i comportamenti rispetto al territorio? Quali le nuove segmentazioni?
Ma non è detto che il fenomeno non si estenda ad altri segmenti del terziario più rapidamente di come possiamo immaginare. Per i servizi sanitari per esempio qualche fenomeno di rilocalizzazione si può già riconoscere, specie associato all’affermarsi dei grandi poliambulatori.
Certo la spinta alla rilocalizzazione per esigenze di mobilità continuerà a manifestarsi nel tempo, magari solo come fenomeno di accelerazione di altre dinamiche maggiormente decisive per le diverse attività. Sono però difficilmente da valutare le influenze reciproche tra le diverse attività nella accelerazione dei trend specifici.
Per i cittadini e le famiglie del resto le valutazioni sono in qualche analoghe e talvolta più facili da riconoscere. Così i valori immobiliari registrano andamenti maggiormente positivi nelle zone dove sono previsti servizi che facilitano la mobilità (in particolare linee metropolitane), mentre, nonostante le incentivazioni fiscali, gli investimenti di recupero dei centri storici talvolta fanno fatica a realizzarsi. Certo la micro segmentazione evidenzia differenziali di valore anche forti su territori prossimi, ma questo dà solo maggiore evidenza alle dinamiche di cui si parla.
A cura di Silvio Beccia