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La scarsa fiducia fa crescere l’inflazione

I consumatori sembrano aver sofferto negli ultimi anni di una sorta di disillusione monetaria, imputando una crescita insoddisfacente del potere d'acquisto, legata al più generale ristagno del reddito e della produttività, a un aumento abnorme dei prezzi. Che tuttavia non ha alcun riscontro nei dati ufficiali.

Dopo l’introduzione della circolazione di biglietti e monete denominati in euro, si è registrato in Europa, e particolarmente nel nostro paese, un diffuso fenomeno di “paura inflazionistica”, con l’emergere di un forte divario tra l’inflazione percepita dai consumatori e quella misurata, con rigore metodologico, dagli Istituti nazionali di statistica. Più recentemente, i rincari dei prezzi dei prodotti energetici e alimentari hanno determinato una nuova risalita di giudizi e aspettative di inflazione dei consumatori dell’area euro (figura 1). Ma quale è l’esatta misura dell’errore di percezione commesso? E a cosa è imputabile la miopia dei consumatori?

Le indagini sulla percezione d’inflazione dei consumatori

I dati tradizionalmente utilizzati per misurare le percezioni d’inflazione sono quelli, di natura qualitativa, rilevati all’interno dell’indagine armonizzata a livello europeo sul clima di opinione dei consumatori. L’inchiesta chiede ogni mese di indicare se i prezzi negli ultimi dodici mesi (e in prospettiva nei successivi dodici) sono aumentati “molto”, “abbastanza”, o “poco”, o se sono “rimasti stabili” o addirittura “diminuiti”. Per l’anomalo andamento registrato da questi indicatori dopo il change over, alla fine del 2002 la Commissione ha fatto aggiungere al tradizionale questionario due domande che chiedono di quantificare esplicitamente, in termini percentuali, l’aumento registrato dai prezzi al consumo negli ultimi dodici mesi e quello atteso per i dodici successivi. La domanda non viene rivolta a quanti hanno indicato che i prezzi sono rimasti (o rimarranno) “stabili”; questi intervistati vengono comunque considerati nel processo di aggregazione dei dati individuali, imputando una percezione (o aspettativa) d’inflazione pari a zero.

Le percezioni quantitative d’inflazione dei consumatori italiani

L’Isae, che storicamente realizza l’indagine per l’Italia, ha inserito le due domande nel questionario a partire dal febbraio 2003, con risultati sorprendenti. (1) Nella media tra febbraio 2003 e settembre 2007, l’inflazione percepita dai consumatori italiani è stata pari al 23,7% annuo; nello stesso periodo, le attese per i successivi dodici mesi sono state in media pari al 6,7% annuo. (2) I dati sono del tutto incompatibili non solo con l’inflazione effettiva, ma anche con gli andamenti registrati dai consumi delle famiglie e degli strumenti di pagamento finanziari nel periodo recente. I consumi sono cresciuti, infatti, negli ultimi anni a un ritmo sì modesto, ma non coerente con la decurtazione di reddito disponibile reale implicita nelle percezioni inflazionistiche. D’altro lato, una dettagliata analisi ha recentemente mostrato come nel nostro paese l’utilizzo dei mezzi di pagamento finanziari è stato in linea con l’andamento dell’inflazione effettiva misurata dall’Istat, non certo con quella percepita dai consumatori. (3) A cosa attribuire allora un così vistoso errore di percezione?

Percezioni d’inflazione e conoscenza dei dati statistici

Una prima possibile spiegazione lega i risultati a una cattiva conoscenza del concetto stesso d’inflazione da parte dei consumatori: in effetti, da una recente indagine Isae emerge che oltre il 70% degli italiani non è in grado di indicare il tasso d’inflazione pubblicato dall’Istat. Inoltre, secondo una specifica domanda inserita nei questionari di maggio-settembre 2007, circa metà del campione ritiene che nel calcolo dell’inflazione si faccia riferimento esclusivamente ai beni di uso quotidiano (alimentari, bollette, trasporti, svago), mentre solo il 24% indica correttamente che il paniere comprende anche beni acquistati su base stagionale (abbigliamento, viaggi) e durevoli. Peraltro, una conoscenza inadeguata del concetto statistico d’inflazione non implica di per sé una sua sovrastima: i consumatori potrebbero comunque percepire o attendersi tassi di inflazione vicini o anche inferiori rispetto a quelli ufficiali.

Fattori demografici e sociali

Un’altra possibile spiegazione si fonda sul ruolo che fattori di tipo socio-demografico avrebbero nell’influenzare le opinioni individuali. (4) Dall’analisi dei dati Isae (Tabella 1: Percezioni d'inflazione e fattori socio-demografici), risulta infatti che i consumatori meno istruiti e con redditi inferiori (unitamente alla componente femminile della popolazione e ai disoccupati) percepiscono un’inflazione mediamente maggiore degli altri. La “paura inflazionistica” si conferma comunque un risultato diffuso a tutta la popolazione italiana e non una caratteristica specifica di alcuni gruppi di individui: le percezioni più basse, registrate tra gli strati più istruiti, sono infatti comunque molto più elevate (20 % in media d’anno) dell’inflazione effettiva registrata dall’Istat.

Percezioni d’inflazione e clima di fiducia

Un’ulteriore spiegazione può essere cercata allora nella relazione tra percezioni d’inflazione e il più generale “sentiment” degli operatori sullo stato economico generale del paese e su quello della propria famiglia. Le valutazioni sull’inflazione sono, in effetti, notevolmente correlate con l’andamento della fiducia, con i consumatori più “ottimisti” che esprimono valutazioni molto più vicine ai dati effettivi rispetto a quelli “pessimisti”. Ad esempio, coloro che reputano che la situazione economica nazionale sia “peggiorata” nell’ultimo anno hanno in media percezioni d’inflazione quasi doppie rispetto a quanti la reputano invece “migliorata”. Analogamente, quanti affermano di dover fare debiti o prelevare dalle proprie riserve hanno opinioni molto più negative sull’inflazione rispetto a quanti invece riescono invece a effettuare risparmi (Tabella 2: Percezioni d'inflazione e fiducia).
Per comprendere la relazione tra percezioni d’inflazione e fiducia è possibile ipotizzare che i consumatori possano avere difficoltà a distinguere tra perdite (o mancati guadagni) di potere d’acquisto dovute a elevata inflazione o alternativamente a una dinamica insoddisfacente del reddito disponibile, che in Italia, secondo le stime della Banca d’Italia, è cresciuto mediamente in questi anni poco al di sopra dell’inflazione effettiva. In altri termini, in presenza di un forte dibattito mediatico su ipotetiche “fiammate” inflazionistiche (dopo il change over, ma anche, più recentemente, in relazione all’incremento dei prezzi di alcuni prodotti) e data la scarsa conoscenza delle statistiche sull’inflazione, i consumatori sembrano aver sofferto negli ultimi anni di una sorta di “disillusione monetaria”, imputando l’insoddisfacente crescita del potere d’acquisto, legata al più generale ristagno del reddito e della produttività sperimentato nei primi anni 2000, a una crescita abnorme dei prezzi, che non trova in effetti alcun riscontro nei dati ufficiali.

(* di Marco Malgarini - tratto dal sito Lavoce.info)

Note
(1) Vedi M. Malgarini (2007a), “Percezioni e attese d’inflazione dei consumatori italiani”, Nota mensile Isae, giugno. E M. Malgarini (2007b) “Quantitative Inflation Perceptions and Expectations of Italian Consumers”, lavoro presentato al EC Workshop on Business and Consumers Surveys, Bruxelles, 14 novembre 2007.
(2) I dati sono in linea con quelli ottenuti per l’intera area euro da S. Linden (2006), “400.000 Observations on Inflation Perceptions and Expectations in the Eu”, lavoro presentato al workshop della Banca nazionale della Polonia sul “Ruolo delle aspettative d’inflazione per le decisioni di politica monetaria”, 9-10 febbraio 2006. E sono coerenti con i risultati raggiunti su un diverso campione di consumatori italiani da Del Giovane, P, Fabiani S., Sabbatini R. (2007), “What are «Inflation Perceptions» about? A survey-based analysis on Italian Consumers”, Banca d’Italia, mimeo.
(3) Angelini P., Ardizzi G., Lippi F. (2005), “Change over e inflazione: indicazioni dagli strumenti di pagamento in Italia e nell’area dell’euro”, in P. Del Giovane, F. Lippi, R. Sabbatini (a cura di), L’euro e l’inflazione, Il Mulino, Bologna.