La sfida della crescita: conoscere il consumatore di domani e cambiare rapidamente
In un mondo che cambia sempre più rapidamente, qualità indispensabili per i manager sono la capacità di cogliere i cambiamenti del mercato e di prendere le decisioni giuste che garantiscano continuità e crescita alla propria azienda. Proprio “Inflection point” è il titolo della ricerca di The Coca-Cola Retailing Research Council Europe presentata alla platea della terza plenaria dell’Ecr Europe Forum & Marketplace, da Neil Stern, senior partner di McMillan Doolittle e da Nikos Veropoulos, chief executive officer di Veropoulos Group.
Basata su interviste a 27 top manager di imprese di 12 stati nordamericani ed europei, la ricerca ha inteso innanzitutto individuare i metodi in cui le imprese distributive possono cogliere i cambiamenti e reagire ad essi. Si è quindi focalizzata sulle capacità indispensabili per reagire correttamente di fronte a un punto di declino e sui potenziali rischi all’orizzonte per la distribuzione europea.
«Inflection point per le imprese distributive – ha spiegato Neil Stern – è raramente frutto di un evento singolo. Dipende più spesso da una concomitanza di fattori che attengono allo scenario competitivo, ai comportamenti dei consumatori e ancora da fattori interni ed esterni all’azienda». A mettere in seria difficoltà i retailer svedesi, in anni recenti, è stato, per esempio, l’arrivo di Lidl che, con la sua politica aggressiva di prezzo, ha determinato una rottura degli schemi competitivi consolidati sul quel mercato. Il dirompente successo dei piatti pronti surgelati in Gran Bretagna può leggersi, invece, come un cambiamento delle abitudini di consumo. Un avvicendamento ai vertici dell’azienda o una nuova legge (per esempio la Rafferin del 1966 o la Galland del 1997 in Francia) possono determinare punti d’inflessione d’origine interna o esterna all’impresa. I retailer devono quindi essere in grado di adattarsi ai cambiamenti del mercato, senza però perdere di vista il fatto che, contemporaneamente, devono continuare a rinnovarsi. «Fattori di successo del modello d’innovazione di un retailer – ha puntualizzato Stern – sono la capacità di comprendere e soddisfare i bisogni del consumatore; di consolidare i propri punti di forza e di attuare con efficacia e rapidità del scelte fatte».
Quanto ai fattori che potrebbero contribuire a cambiare le regole del gioco per i retailer europei, lo studio del centro ricerca di The Coca-Cola Company ne ha individuati ben sei: l’esplosione della ricerca della salute nell’era del benessere, la proliferazione di nuovi format distributivi, un più attivo ruolo di alcune catene nella difesa dell’ambiente e dei principi etici, l’adattamento alle esigenze locali mediante lo studio approfondito dei desideri dei consumatori, l’affermazione di insegne d’eccellenza quali marche di riferimento e il raggiungimento dell’eccellenza tramite l’innovazione tecnologica. «Per affrontare i cambiamenti – ha sottolineato Veropoulos – le aziende dovranno quindi dotarsi di un modello d’innovazione efficace, sviluppare capacità decisionali, rispondere adeguatamente ai potenziali segni di cambiamento, puntare sui propri punti di forza e prepararsi al futuro».
Ma quali sono le sfide che attendono le imprese del FMCG nel prossimo decennio? Alex Thomson, presentatore e corrispondente capo di ITN’s/Channel 4 News, lo ha chiesto a Thomas Peterson, direttore generale Consumer Products di Ibm, Roberto Crapelli, direttore Area Mediterranea dello studio di consulenza strategica Roland Berger, John Zealley, amministratore delegato Area Gestione Prodotti e Integrazione Mercati di Accenture. E Robert Leechman, direttore Clienti e Commerciale di The Coca-Cola Company, Philip Clarke, consigliere delegato di Tesco Plc, e Ludo Van der Heyden, presidente Area Tecnologie e Gestione di Insead, hanno espresso il loro parere sulle tesi dei tre consulenti.
«Invece di contendersi il primato nell’assicurarsi la fiducia dei consumatori – ha detto Peterson – industria e distribuzione dovrebbero collaborare di più nella creazione di valore. E, in particolare, le aziende industriali dovrebbero tornare a fare più innovazione, considerato che i retailer hanno preso il sopravvento. Già oggi il 60% dei consumatori attribuisce, d’altronde, ai prodotti a marchio commerciale le stesse valenze di un prodotto di marca. Questo significa che un brand non è più in grado, di per sé, di creare un rapporto fiduciario con il consumatore».
Roberto Crapelli, per parte sua, ha lanciato una provocazione ad Ecr Europe, esortando l’organizzazione ad ampliare la propria visuale. «Focalizzarsi sui bisogni del consumatore – ha detto – rischia di farvi perdere delle opportunità di crescita. La spesa per i prodotti grocery continuerà a diminuire e le imprese del FMCG rischiano di diventare marginali nella vita delle persone. Occorre guardare ai bisogni delle persone come individui e creare delle “life brand”, ossia delle marche che si identificano con uno stile di vita». Un brand che ha già imboccato questa strada è, per esempio, Nivea. Si propone come sinonimo di tempio della bellezza e del benessere e offre tutta una serie di prodotti e servizi, che vanno incontro alle esigenze delle persone. «Una ‘life brand’ – ha puntualizzato Crapelli – presenta tre plus: ha maggiori opportunità di avere una vita più lunga e di aumentare la sua rilevanza e quindi la quota di spesa che il consumatore le decida. Tesco, per esempio, ha incrementato i suoi ricavi ampliando la gamma dei servizi offerti a prodotti assicurativi, bancari e ora anche legali. Una ‘life brand’ non offre soltanto un prodotto, ma anche servizi. Nespresso, oltre che il piacere di un espresso, è oggi anche una community. Una ‘life brand’ crea un legame con l’individuo e diventa parte della sua vita. Per molti, oggi, Skype è più di un modo economico di telefonare. È una famiglia».
Se Leechman non si è trovato d’accordo sulla visione di mass market di Perterson, rivendicando alle marche industriali un ruolo maggiore, e ha sottolineato che, al di fuori delle “ovattate” sedi di discussione di Ecr nella realtà di tutti i giorni permane un clima di forte conflittualità fra industria e distribuzione, che frena la collaborazione e condivisione delle informazioni, Clarke attribuisce prioritariamente all’industria il compito di fare dell’innovazione di prodotto, soddisfacendo, per esempio, la crescente domanda del consumatore di alimenti salutari. «I retailer – ha detto – possono arrivare fino a un certo punto, ma non hanno le risorse, le competenze o i margini per affrontare una simile iniziativa».
«Se i retailer riescono a spuntare margini troppo bassi – ha ribattuto Van der Heyden – la responsabilità è loro, che non si differenziano sufficientemente dai concorrenti. L’ampliamento della gamma di servizi che sta portando avanti Tesco è solo l’inizio. Si può fare molto di più. Sforzandoci di conoscere meglio le esigenze del consumatore, di capire come utilizza i nostri prodotti ci saranno grandi possibilità di creazione di valore. È importante, infatti, che il consumatore, nel momento in cui si reca in un negozio, possa riconoscere la diversa impostazione fra Carrefour, Tesco, Safeway, Wal-Mart ecc. Finora si è differenziato solo su una cosa: il prezzo. Ed era la soluzione più semplice».
Anche Zealley ha lanciato una provocazione alla platea ponendosi la domanda se le imprese del FMCG sono veramente interessare a competere. «I leader di mercato – ha detto – fino ad anni recenti hanno condotto il gioco. Ma oggi un consumatore più esigente e la globalizzazione stanno cambiando lo scenario competitivo in cui le imprese si muovono. Stanno rendendo più complessa la realtà. Il mondo si è fatto multipolare». Il consumatore cerca contemporaneamente marchi locali e globali. In questa situazione le aziende di marca si sentono pronte ad affrontare la nuova realtà? Imprese emergenti come Hyunday nell’automotive o Ecolab nel settore chimico hanno sostituito i leader storici in vetta alla classifica, secondo Zealley, perché si sono impegnate maggiormente nel comprendere e nel soddisfare le esigenze del loro pubblico. «Le dimensioni aziendali – ha concluso Zealley – oggi non sono più determinanti. Mentre l’impegno è vitale. L’organizzazione aziendale deve tendere alla semplificazione al suo interno e alla differenziazione verso l’esterno per adattarsi al mercato locale».
A questo proposito Leechman “promuove” il sistema Coca-Cola, che riesce tuttora a far crescere i suoi marchi globali, portandoli in tutto il mondo, ma sviluppa al contempo brand locali. Clarke ha sottolineato come i retailer debbano avere la capacità di migliorare ancora il livello di comprensione delle esigenze della loro clientela e quanto sia vitale che attraggano i manager migliori e più capaci. Mentre Van der Heyden ha ribadito l’importanza della diversità e dell’innovazione. Del far sì che i brand globali mantengano un livello minimo di elementi in comune in tutto il mondo, in modo da essere riconoscibili, ma si differenzino poi localmente per soddisfare consumatori con esigenze diverse. «Un eccesso di attenzione alla realtà locale – ha concluso Crapelli – è spesso la scusa per non fare innovazione».
A conclusione dei lavori, tirando le somme delle tre plenarie, Thomson ha ricordato i messaggi di José Luis Duran, presidente del Comitato Direttivo di Carrefour: differenziarsi per non morire; di A.G. Lafley, chief executive officer di Procter & Gamble: collaborazione fra industria e trade innanzitutto; e di Guido Barilla, presidente di Barilla Holding: sviluppo sostenibile. Mentre Anders Moberg, co-presidente dell’Ecr Europe Executive Board e presidente e chief executive officer di Ahold, prendendo commiato da Ecr Europe ha ribadito il suo mantra: mettere al centro il consumatore. Peter Brabeck-Letmathe, co-presidente dell’Ecr Europe Executive Board e presidente e chief executive officer del Gruppo Nestlé, ha salutato la platea sottolineando ancora una volta come collaborazione non significhi rinunciare a competere, ma contribuire a costruire valore per il consumatore ed ha auspicato che la collaborazione si estenda a tutti i livelli dell’azienda. Vincenzo Tassinari, co-presidente dell’Ecr Europe Forum, vice presidente di Indicod-Ecr e presidente Coop Italia, ha quindi rinnovato l’appuntamento a Berlino per l’Ecr Forum 2008, che si svolgerà dal 27 al 29 maggio.
Per consultare i materiali presentati dai relatori, visitate il sito dell’Ecr Europe Forum & Marketplace