La sfida del cambiamento
Chi è stato tanto fortunato da nascere nei paesi occidentali negli ultimi 60 anni ha vissuto in un’epoca di pace, prosperità e crescita. E lo stesso può dirsi per le nostre aziende. continua
Chi è stato tanto fortunato da nascere nei paesi occidentali negli ultimi 60 anni ha vissuto in un’epoca di pace, prosperità e crescita. E lo stesso può dirsi per le nostre aziende. continua
Da molto tempo e da molte parti si va dicendo che usciremo dalla crisi solo nella misura in cui usciremo dalla stasi dei consumi. Quindi c’è una propensione a esaltare lo sviluppo dei consumi come traino di una più generalizzata ripresa dell’economia. È tutto vero. Personalmente ritengo però che per rilanciare i consumi ci sia bisogno di qualcosa di un po’ più sofisticato che aumentare gli stipendi o far entrare nuovi componenti nel mercato del lavoro. C’è un problema di soggettività e di arbitraggio. continua
Il tema del convegno Indicod-Ecr di quest’anno è “tornare a crescere”. Un tema legato al periodo di crisi che stiamo vivendo, e che indica anche il dovere, la volontà e la fiducia nella ripresa. continua
Il tempo dell’economia post-industriale è il tempo dei servizi, anche come scambio tra aree mondiali (assicurazioni, noli marittimi, servizi alle imprese e alle persone e, soprattutto, turismo). L’Italia dovrebbe scegliersi, all’interno delle economie più evolute, un ruolo in questo irreversibile processo. Il turismo con i servizi correlati può svolgere una funzione di primo piano, se reso più competitivo e in grado di intercettare segmenti sempre più ampi e differenziati di domanda. continua
Liberalizzazioni, libertà di impresa, fiscalità di vantaggio per investire al Sud: sono le misure individuate dal governo per far ripartire la crescita. Sono le idee giuste? Il Pil italiano è oggi frenato da consumi stagnanti. Perché sono fermi i salari reali e perché disoccupazione e cassa integrazione non scendono. Le ricette proposte non servono a risolvere i problemi del mercato del lavoro. Meglio sarebbe destinare la fiscalità di vantaggio alle piccole imprese che creano posti di lavoro a tempo indeterminato. continua
La ripresa dell’economia italiana nel 2010 è stata lenta. Per due ragioni. Alcune aziende guadagnano quote di mercato, ma ce ne sono molte altre che stanno perdendo competitività, il che fa salire le importazioni. E i consumi privati e pubblici sono frenati dal cattivo andamento del mercato del lavoro e dalle politiche di bilancio restrittive. Per un migliore 2011, è cruciale che la crescita diventi un fenomeno più diffuso. Con piccole imprese che crescono e giovani lavoratori che non vengono tenuti ai margini per troppi anni. continua
Il rilancio dell’economia italiana è possibile solo con lo sviluppo dei servizi, che crescono più dell’industria e in Italia sono sottosviluppati. È però necessario superare i pregiudizi sfavorevoli verso il settore e adottare politiche specifiche, in particolare quelle che favoriscono la crescita dimensionale delle imprese e la lotta al sommerso che distorce la concorrenza. Solo il diffondersi di una cultura delle regole è in grado di realizzare questa trasformazione. continua
In un parere del 7 dicembre 2010, l’Autorità della Concorrenza Francese critica alcuni aspetti dei contratti di distribuzione e ne propone la modifica, pena l’eventuale intervento del legislatore. È forse un passo falso, ma innesca una vivace polemica. continua
Nel mondo, pur tra segnali contradditori, sembra essersi avviato un percorso di ripresa. Ne traggono maggior vantaggio quei paesi e quelle imprese che hanno posto al centro la competitività e non hanno rinunciato, anche nei periodi più critici, a scommettere sulla crescita. continua
La Commissione Europea ha pubblicato la prima edizione dell’indice di competitività regionale. Fra le migliori non compare nessuna regione italiana. A frenare quelle storicamente considerate più competitive sono i fattori che descrivono la qualità delle istituzioni, così come percepita dai cittadini, e l’efficacia del sistema educativo di base. Mercato del lavoro e livello di sofisticazione e innovazione del sistema produttivo rivelano un’elevata eterogeneità tra regioni del Nord e del Sud. L’Italia nel suo complesso si situa al sedicesimo posto su ventisette stati membri continua
Alla costruzione della leggenda di un’Italia che sta meglio degli altri - perché ha banche migliori, più risparmio privato e una grande manifattura esportatrice - contribuiscono tanti esperti, impegnati a offrire quotidianamente il proprio contributo in termini di nuove teorie o fresche e genuine evidenze empiriche a supporto della tesi. Costoro, periodicamente alternandosi dalle colonne di testate a maggior diffusione nazionale o specialistiche, si affannano con fervore ad evidenziare soprattutto - ma non solo - quella vocazione così tipicamente manifatturiera, così tipicamente esportatrice che rende questa nostra Italia così simile alla Germania. continua
Nuove stime dell’Ocse indicano una crescita zero per l’Italia nel secondo semestre 2010. Le previsioni possono anche essere sbagliate, ma rimane il fatto che durante la crisi il Prodotto interno lordo trimestrale del nostro paese è sceso da 323 a 301 miliardi di euro, per poi risalire a 304 dopo un anno di “ripresa”. Di questo passo, ci vorranno cinque anni per ritornare ai livelli precedenti alla crisi. L’Ocse pubblica due volte l’anno previsioni per così dire ufficiali nel suo OECD Economic Outlook, in giugno e in dicembre. Di questi tempi la fame di numeri è tale che tra aprile e dicembre, l’Ocse ha cominciato a pubblicare previsioni intermedie in un Interim Outlook. Nella sua tabella principale l’Interim Outlook di settembre riporta notizie spiacevoli per tutti e in particolare per l’economia italiana continua