economia

Rapporto Bes Istat: dalla pandemia Italia in frenata

Battuta d’arresto in molte aree della società italiana analizzate dal Rapporto sul benessere equo e sostenibile dell’Istat dopo il miglioramento degli ultimi anni. Aumenta il divario con l’Europa e peggiorano le prospettive future

Cover_BES_RID.jpgIl Rapporto sul benessere equo e sostenibile dell’Istat (Bes) fornisce un sistema di indicatori arricchito di anno in anno per seguire le profonde trasformazioni che hanno caratterizzato la società italiana nell’ultimo decennio, incluse quelle più recenti determinate dalla pandemia da Covid-19. Proprio la pandemia, scrive il presidente Gian Carlo Blangiardo nell’introduzione “ha rappresentato una frenata, o addirittura un arretramento, in più di un settore. Gli indicatori del Bes hanno registrato impatti particolarmente violenti su alcuni progressi raggiunti in dieci anni sul fronte della salute, annullati in un solo anno. L’emergenza sanitaria ha avuto conseguenze pesanti su un mercato del lavoro già poco dinamico e segmentato e ha imposto una battuta di arresto nella partecipazione culturale”.

Il Rapporto 2020 offre così una lettura del benessere nelle sue diverse dimensioni, basata su un nuovo set di indicatori, ponendo particolare attenzione alle differenze territoriali, di genere, età e titolo di studio. Viene anche presentata un’analisi dell’evoluzione degli indicatori negli ultimi dieci anni, trasversale ai vari domini in cui è articolato il benessere.

Senza entrare nel merito dei dodici domini presi in considerazione, ve ne sono alcuni sui quali è interessante soffermarsi, anche per il loro impatto sul sistema dei consumi se non nell’immediato in una prospettiva più ampia.

Per quanto riguarda la salute, per esempio il Covid 19 ha duramente frenato l’evoluzione della speranza di vita alla nascita, annullando i guadagni in anni di vita attesi maturati nel decennio. In generale

Si riduce la speranza di vita

L’evoluzione positiva della speranza di vita alla nascita tra il 2010 e il 2019, pur con evidenti disuguaglianze geografiche e di genere, è stata duramente frenata dal Covid-19 che ha annullato, completamente nel Nord e parzialmente nelle altre aree del paese, i guadagni in anni di vita attesi maturati nel decennio. In Italia si è passati da una speranza di vita di 83,2 anni nel 2019 a 82,3 nel 2020, ma nel Nord la speranza di vita passa da 82,1 anni nel 2010 a 83,6 nel 2019, per scendere nuovamente a 82 anni nel 2020. Nel Centro passa da 81,9 nel 2010 a 83,1 anni nel 2020 e nel Mezzogiorno da 81,1 a 82,2 anni, con perdite meno consistenti nell’ultimo anno (rispettivamente -0,5 e -0,3 anni). È un arretramento non ancora concluso, e che richiederà tempo per essere pienamente recuperato.

Figura 1 - Speranza di vita alla nascita per ripartizione geografica

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Nota: Anni 2010-2020 (a). In anni
Fonte: Istat “Rapporto Bes” 2020

Tra gli altri indicatori relativi alla salute, nel 2020 la quota di persone sedentarie di 14 anni e più è pari al 33,8%, dato in miglioramento rispetto al 2019. È invece in eccesso di peso il 45,5% delle persone di 18 anni e più, in lieve aumento rispetto all’anno precedente.

Istruzione e divario digitale

Per quanto riguarda l’istruzione, continua a ampliarsi il divario con l’Europa e il livello di istruzione e di competenze che i giovani riescono a raggiungere dipende ancora in larga misura dall’estrazione sociale, dal contesto socio-economico e dal territorio in cui si vive. La pandemia del 2020, con la conseguente chiusura degli istituti scolastici e universitari e lo spostamento verso la didattica a distanza, o integrata, ha acuito le disuguaglianze. Il risultato è che la quota di giovani di 15-29 anni che non studiano e non lavorano (NEET), dopo alcuni anni di diminuzioni (21,2% nel secondo trimestre 2019), ha ripreso a salire al 23,9% nel secondo trimestre 2020.

Figura 2 - Persone di 15-29 anni che risultano non occupate né inserite in un percorso di istruzione o formazione in Italia e in Ue27, per genere

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Nota: Anni 2010-2020 II trimestre. Valori percentuali
Fonte: Istat “Rapporto Bes” 2020

La didattica a distanza, poi, si è scontrata con le difficoltà nelle competenze digitali della popolazione italiana, che presenta una delle situazioni peggiori in Europa. Nel 2019, tra gli individui di 16-74 anni soltanto il 22% ha dichiarato di avere competenze digitali elevate (contro il 31% nella Ue27). La maggioranza degli individui è in possesso di competenze basse (32%) o di base (19%) mentre il 3,4% ha competenze praticamente nulle e il 24% dichiara di non aver usato Internet negli ultimi tre mesi. Pesa però il fatto che nel 2020 un terzo delle famiglie italiane non dispone di computer e accesso a Internet da casa.

Peraltro nel 2019 solo il 30% delle famiglie ha avuto accesso a reti di nuova generazione ad altissima capacità (+6,1 punti percentuali rispetto all’anno precedente).

Un dato positivo: nel 2020 la lettura di libri, complice il maggior tempo trascorso entro le mura domestiche, è in ripresa (39,2%) rispetto al trend decrescente registrato fino al 2019 (dal 44,4% del 2010 al 38% nel 2019).

Occupazione in calo, disuguaglianze in aumento

In dieci anni i divari con l’Europa per i tassi di occupazione si sono ulteriormente allargati e sono particolarmente evidenti per le donne. Nel 2010, il tasso di occupazione delle donne di 20-64 anni in Italia era di 11,5 punti più basso rispetto alla media europea, e nel 2020 il distacco arriva a circa 14 punti in meno.

Nel secondo trimestre 2020, inoltre, l’emergenza sanitaria ha comportato in Italia un forte calo del numero di occupati: sono 788mila in meno (tra i 20-64 anni) rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente; il tasso di occupazione (sempre 20-64 anni) scende al 62%, in diminuzione di 2 punti percentuali.

La crisi economica che ha contraddistinto una lunga fase dello scorso decennio ha accentuato le disuguaglianze e le profonde differenze territoriali. Negli anni 2018 e 2019, la crescita del tasso di occupazione, la riduzione della povertà assoluta e della grave deprivazione, l’aumento del reddito e del potere d’acquisto delle famiglie, anche grazie al potenziamento degli interventi di sostegno al reddito, hanno confermato un miglioramento delle condizioni economiche del paese. Ma lo scoppio della pandemia ha colpito il sistema economico italiano in forme e intensità allarmanti e imprevedibili. Il crollo dei livelli di attività economica ha avuto effetti negativi sul reddito, sul potere d’acquisto e soprattutto sulla spesa per consumo. L’aumento della povertà si è concentrato su alcuni segmenti di popolazione e su alcuni territori.

La stima preliminare per il 2020 identifica oltre 5,6 milioni di individui in condizione di povertà assoluta in Italia, con un’incidenza media pari al 9,4%, dal 7,7% del 2019: si tratta dei valori più elevati dal 2005. La povertà cresce soprattutto al Nord, area particolarmente colpita dalla pandemia, dove la percentuale di poveri assoluti passa dal 6,8% al 9,4% degli individui; più contenuta, invece, la crescita al Centro (dal 5,6% al 6,7% degli individui) e nel Mezzogiorno (dal 10,1% all'11,1%).

Colpisce, inoltre, prevalentemente le famiglie con bambini e ragazzi: l’incidenza di povertà tra gli individui minori di 18 anni sale di oltre due punti percentuali (da 11,4% a 13,6%, il valore più alto dal 2005) per un totale di 1 milione e 346 mila bambini e ragazzi poveri, 209 mila in più rispetto all’anno precedente.

Nel 2020, il 28,8% delle famiglie ha dichiarato un peggioramento della situazione economica familiare rispetto all’anno precedente, dal 25,8% del 2019. Tale deterioramento ha interessato il 30,5% delle famiglie nel Centro, il 28,8% nel Nord e il 27,7% nel Mezzogiorno.

Minore soddisfazione presente e futura

Nel 2020, meno della metà della popolazione (44,5%) esprime un voto tra 8 e 10 sulla soddisfazione della propria vita, in leggero aumento rispetto all’anno precedente (43,2%). Si mantengono le differenze territoriali, con una maggiore percentuale di soddisfatti per la propria vita al Nord (48,4%), quasi quattro punti percentuali in più della media nazionale, e livelli più bassi al Centro e nel Mezzogiorno (rispettivamente, 43% e 40%). Nel nostro paese la soddisfazione per la vita rimane diseguale non solo tra territori ma anche per titolo di studio conseguito, classi di età e, sia pure in misura minore, tra uomini e donne.

Figura 3 - Persone di 14 anni e più che hanno espresso un punteggio di soddisfazione per la vita tra 8 e 10 (su una scala da 0 a 10) e persone di 14 anni e più che ritengono che la propria situazione migliorerà nei prossimi 5 anni per ripartizione geografica

Fig 3 Bes.jpg

Nota: Anni 2010-2020 (a). Valori percentuali
Fonte: Istat “Rapporto Bes” 2020

La situazione critica determinata nel paese dall’epidemia da Covid-19 ha avuto infine un impatto negativo sulle prospettive future. Dopo anni di aumento, nel 2020 scende al 28,9% la percentuale di persone che prevedono un miglioramento della propria situazione nei prossimi cinque anni (30,1% nel 2019). Contemporaneamente aumenta al Nord e al Centro, dopo anni di riduzione, la quota di quanti ritengono che la propria situazione peggiorerà nei prossimi cinque anni (13,3% al Nord, un punto percentuale in più rispetto al 2019, 14% al Centro, +1,5 punti percentuali).