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Sostenibilità tra consapevolezza e responsabilità

Dal primo appuntamento del Green Retail Lab di Retail Institute Italia alcuni spunti di riflessione sulla sostenibilità, sempre più centrale nelle agende delle imprese e dei consumatori, anche in epoca di pandemia. Ma il percorso è solo all’inizio

Consapevolezza e misurazione. Sono le due parole chiave che accompagnano il percorso del primo incontro dell'iniziativa Green Retail Lab di Retail Institute Italia. Due termini intimamente legati perché la misurazione o la rendicontazione delle azioni rivolte alla sostenibilità è necessaria per far crescere consapevolezza nelle imprese e nei consumatori.

Una consapevolezza che non è venuta meno, come si poteva temere, a cause delle preoccupazioni per la pandemia. Anzi. «Nel lungo periodo – afferma Andrea Alemanno, group director Ipsos i cambiamenti climatici preoccupano più del Covid-19: lo afferma il 72% degli italiani. E le persone ripongono grandi aspettative sul Recovery Fund per il rilancio green dell’economia». Non stupisce dunque che sempre il 72% dei nostri connazionali abbia una conoscenza, anche superficiale, del concetto di sostenibilità: l’Italia è infatti considerata tra i paesi più sostenibili al mondo.

Secondo Alemanno sono tre le forze che spingono verso la sostenibilità: l’etica in quanto il consumatore è spinto a migliorare il proprio comportamento, la paura dei cambiamenti climatici che lo inducono a limitare l’impatto negativo sul pianeta e la qualità, che ha il maggiore impatto anche sull’economia: «la percezione di innovazione e alta qualità dei beni prodotti in modo sostenibile spinge il consumatore verso acquisti responsabili, nella convinzione che prodotti più controllati facciano bene anche a noi stessi», spiega Alemanno.

Più ostico è invece il concetto di economia circolare: solo il 40% ne conosce i principi. Anche nelle aziende troviamo questa differenza: il 60% sta investendo in soluzioni per la sostenibilità, ma solo il 15% ha come priorità l’economia circolare. Gli italiani sono però disposti a impegnarsi in comportamenti più responsabili, a essere coinvolti (l’83% per l’economia circolare) e a premiare le aziende che a loro volta si occupano di tematiche ambientali, sociali, culturali.

Figura 1 – Quali comportamenti gli italiani sono disposti ad adottare per l’economia circolare

Fig 1 Green retail lab_Rid.jpg

Fonte: dati Ipsos

Responsabilità condivisa

«Oggi la competitività è legata alla sostenibilità ambientale, economica e sociale – sottolinea Tiziana Toto, responsabile politiche dei consumatori Cittadinanzattiva – ma la sfida può essere vinta solo se tutti gli attori si assumono le reciproche responsabilità». Su questa premessa si basa il Manifesto della sostenibilità consumeristica che sintetizza in otto obiettivi l’impegno di imprese e consumatori per riorientare gli specifici interessi a questo fine. Si va dall’accettare un giusto rapporto tra prezzo, valore e qualità rifiutando la contraffazione al rispetto delle regole della concorrenza, all’attenzione verso il consumatore meno consapevole e alla protezione della libera scelta, dal favorire il riuso ed evitare lo spreco di beni e risorse alla comunicazione non aggressiva o ambigua, dal rispetto per la privacy e la grande questione della cessione dei dati al contenimento dei contenziosi, per finire con il ripensamento di città, infrastrutture e servizi pubblici in termini di efficienza e sostenibilità e alla diffusione della conoscenza del codice del consumo.

È però ancora difficile per i due terzi dei consumatori, anche se uno su cinque è attento al comportamento sostenibile delle imprese, riconoscere le aziende responsabili e sostenibili, una difficoltà che penalizza quelli più aperti e disponibili e che fa aumentare gli scettici e gli indifferenti, secondo le categorie di comportamento individuate da Ipsos.

«I consumatori hanno sensibilità diverse che richiedono alle aziende di adottare strategie differenti», spiega il sociologo. «Tre sono le linee di azione da perseguire: coerenza, collaborazione e rendicontazione. I brand devono agire con autenticità, in linea con la propria storia, e con credibilità, ma non da soli, alleandosi e collaborando con partner e stakeholder. Infine devono agire con rilevanza, comprendendo che cosa sta a cuore alle persone per avere un impatto riconosciuto. Per ottenere questo risultato occorre rendicontare la propria attività con dati riconosciuti. Ma informare in modo credibile è un percorso lungo che richiede concretezza».

Una check list sulla circolarità

La misurazione e la collaborazione sono al centro anche del supporto alle imprese che GS1 Italy offre attraverso l’utilizzo degli standard globali, il linguaggio comune per trasferire le informazioni tra le aziende e verso i consumatori.

«Il consumatore deve essere messo in grado di comprendere come le aziende interpretano la sostenibilità nelle loro pratiche. Per renderla comprensibile serve un linguaggio comune basato sugli standard, le regole condivise, e l'interoperabilità dei dati, perché, per esempio, nell’economia circolare, alla circolarità dei prodotti corrisponde sempre una circolarità dei dati», illustra Silvia Scalia, ECR and training director GS1 Italy. L’associazione ha messo al centro del nuovo piano strategico proprio la sostenibilità e in particolare l’economia circolare. «Il nostro impegno anche in questo ambito – riprende Scalia – è quello di supportare le imprese mettendo a disposizione anche dei modelli pratici orientati alla misurazione dei fenomeni e alla formazione. È il caso di Circol-UP, uno strumento per valutare il proprio livello di circolarità nelle diverse fasi del ciclo di vita dei prodotti customizzato sul largo consumo e in particolare sulle tre aree alimentare e bevande, cura persona e retail».

Lo strumento, sviluppato in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, è accessibile via web e presenta una serie di domande sull’applicazione dei principi di economia circolare nei processi aziendali, riprendendo le sei fasi della supply chain: approvvigionamento, design, produzione, distribuzione, consumo, prevenzione e gestione dei rifiuti. Al termine della compilazione del questionario, alla quale partecipano diverse funzioni aziendali, si ottengono degli indicatori di performance sia delle sei fasi previste, sia dell’intera azienda.

Figura 2 – Esempi delle domande previste da Circol-UP per la misurazione della performance di economia circolare

Fig 2 Green retail labRid.jpg

Fonte: GS1 Italy

«Il valore di Circol-UP – conclude Scalia – è nel suo utilizzo ripetuto nel tempo per individuare le azioni per migliorare la circolarità dei processi e misurare i progressi conseguiti. Ma è anche uno strumento che favorisce il coinvolgimento di altri attori della filiera al fine di creare una cultura della circolarità dentro e fuori dall’azienda».

Prossimo appuntamento con il Green Retail Lab il 12 maggio 2021 con il seminario “Materie prime, packaging, lotta allo spreco: Lo sviluppo di un prodotto sostenibile”.
Per maggiori informazioni visita il sito dell'evento

a cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab