sostenibilità

La sostenibilità nel largo consumo

Attenzione alta sui goal dell’agenda 2030 delle Nazioni unite e sull’economia circolare nell’ultima edizione del Green Retail Forum. Serve però più collaborazione e un approccio di sistema

Sebbene la sostenibilità sia un tema centrale nelle azioni e nelle intenzioni delle imprese del largo consumo, dettate anche dai ripensamenti dei consumi nell’emergenza sanitaria, calano gli interventi legati a produzione e consumo responsabile (secondo la classificazione degli obiettivi di sostenibilità dell’Onu) e all’ambiente e si impennano quelli sui temi di salute e sicurezza e di città e comunità sostenibile.

È quanto si ricava dall’indagine condotta da Plef (Planet life economy foundation) sull’universo delle news pubblicate da Distribuzione Moderna rese note nel corso dell’ultima edizione di Green Retail Forum. «È evidente che la sicurezza è stata portata alla ribalta dall’attualità, ma c’è qualche preoccupazione su quanto il largo consumo stia facendo sugli altri temi della sostenibilità», commenta Emanuele Plata, che di Plef è il direttore generale.

Le priorità per la distribuzione

Nondimeno, secondo la ricerca condotta da Accenture con Jeme dell’Università Bocconi (condotta prima del lockdown), nella Distribuzione comincia ad affermarsi la convinzione che essere sostenibili è legato alla competitività (il 45% del panel di aziende retailer intervistate), alla reputazione del proprio brand (45%) e consente di sfruttare nuove opportunità di business (33%). Per questi motivi l’entità degli investimenti non è indicata come un vincolo, tuttavia mancano sistemi di misurazione delle performance sostenibili legati a sistemi di incentivazione.

Le aziende della GDO stanno dunque affrontando la sostenibilità affidandone la responsabilità (nel 70% dei casi) a ruoli dedicati, dipendenti dal marketing o dal responsabile CSR e pubblicando report dedicati (50%). Il 68% delle aziende richiede certificazioni di sostenibilità ai propri fornitori, scelti dal 55% valutandone la performance ambientale riguardo alla sostenibilità dei prodotti lungo la filiera, del packaging, degli ingredienti e dei processi di trasformazione e distribuzione. Inoltre il 67% delle imprese misura il proprio consumo di energia e le emissioni di gas serra dei mezzi intervenendo per ridurle con l’ottimizzazione dei percorsi (33%), il rinnovamento della flotta (28%), l’introduzione di mezzi elettrici (17%) e la ricerca del miglior mix (11%).

Anche lo spreco alimentare rappresenta un’importante area di intervento per il 55% delle imprese che lo misura puntualmente, ma il 70% non ha forme di incentivi per i negozi o i centri logistici che riducono lo spreco alimentare. Contro di esso, il 75% dona i prodotti in scadenza e razionalizza i propri processi di riordino, il 60% fa promozioni dei prodotti in scadenza, il 50% li vende attraverso enti terzi e il 25% li riutilizza.

Tutte le aziende adottano iniziative per incentivare un consumo sostenibile nei consumatori, oltre che con progetti di educazione al consumo sostenibile (87%), anche con metodi innovativi come i programmi fedeltà basati sulla sostenibilità (12%).

«La comunicazione è sicuramente l’aspetto più maturo in un approccio da parte della GDO alla sostenibilità di sistema, che sta superando progressivamente il green washing per adottare criteri sempre più stringenti nella selezione dei fornitori (pensiamo al ruolo dei prodotti a marchio del distributore). Resta ancora da lavorare sulla strutturazione di specifici kpi e responsabilità per generare un maggior impegno al raggiungimento degli obiettivi», è la conclusione di Dario Caltagirone, managing director Accenture.

Lavori in corso

Nell’annus horribilis del Coronavirus sono molte le iniziative che denotano capacità di reazione da parte delle imprese.

Natalia Massi, senior marketing and retail consultant Kiki Lab, indica alcune tendenze individuate dall’osservatorio Retail Observa.

Per il greentailing ambientale (meno sprechi, meno packaging e noleggio), Massi cita Kiabi, che nel settembre scorso ha aperto in uno store 50 mq per la vendita a prezzi inferiori fino all’80% di abiti di tutte le marche dismessi e per il ritiro dell’usato del proprio marchio in cambio di un buono sconto di 5 euro, rivenduti o riciclati (Oviesse in Italia ha un’iniziativa simile, ndr). Anche Adidas nel Regno Unito con Infinite play ritira articoli acquistati negli ultimi cinque anni che vengono ripararati, rivenduti o riciclati in cambio di gift card o crediti nel salvadanaio virtuale. Fuori dall’ordinario Empty Shop è un pop-up store solidale a Bucarest, dotato di scaffali vuoti riempiti dalle persone con capi e abiti non utilizzati, con l’obiettivo di sostenere le famiglie povere. I numeri: 73 tonnellate di indumenti raccolti in due settimane, donati da 10 mila persone a 6.700 famiglie bisognose. In Italia Sigma ha lanciato l’iniziativa “Porta il tuo contenitore” per gli acquisti nei banchi assistiti.

Il noleggio è un’attività che sta prendendo piede, che siano i mobili per la svizzera Beliani, rivolto a clienti provvisori con possibilità al termine del noleggio estensibile per due anni con sconto del 50%, di riscattare i mobili, di cambiarli con prodotti nuovi o di restituirli. O che si tratti di abbigliamento di alta moda (100 articoli di 40 brand) come fa Selfridges, noleggiabili per un massimo di venti giorni, con il vantaggio di accedere a capi di lusso a prezzi ridotti e di cambiare e rinnovare il guardaroba

Nel greentailing sociale (valore alle persone, servizi di comunità, educare), in evidenza sono alcune iniziative come quella di Freshippo, catena del gruppo Alibaba, che ha dato vita all’assunzione temporanea di persone (oltre cinquemila) provenienti da più di quaranta aziende in difficoltà durante la pandemia, in particolare ristoranti. Più legata al prodotto è quella di Pastificio Sgambaro in collaborazione con Carrefour che, riprendendo un’analoga iniziativa francese, mira a fare ideare i prodotti dai consumatori con l’interazione nelle comunità social (3.500 i clienti coinvolti). La pasta Sgambaro debutta nel giugno 2020 caratterizzata da prezzo trasparente e fisso riportato sul pack con il messaggio della giusta remunerazione ai produttori di grano.

Con “Amici vicini” Esselunga ha lanciato durante il lockdown un’app per volontari della spesa a domicilio. E sempre nel lockdown, il centro commerciale Belforte Gran Shopping ha varato un servizio di consulenza psicologica video per la gestione di ansia e stress.

In ambito education vi sono le azioni per sensibilizzare i clienti sull’uso della plastica monouso (Lush) o per assisterli telefonicamente o a domicilio nella riparazione di elettrodomestici (Darty).

Obiettivo 2030

Il punto di riferimento è però costituito dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’ONU, con i suoi obiettivi e traguardi ai quali si indirizzano le imprese nel loro approccio, pur denunciando il ritardo complessivo del sistema, che ha necessità di un’accelerazione.

Figura 1 – Gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030

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Lo fa per esempio Lidl Italia che ha posizionato i 17 Sdg ONU lungo la catena del valore, individuando quelli sui quali intervenire e in che modo. Contro la fame il contributo di Lidl è quello di selezionare prodotti sostenibili dal punto di vista sociale (equa retribuzione) e ambientale (pratiche agricole sostenibili e conservazione della biodiversità) così come di recuperare e donare le eccedenze alimentari. I prodotti più salutari con zucchero e sale ridotti, l’educazione a un’alimentazione sana e dei piani sanitari per i collaboratori sono la declinazione dell’obiettivo 3 salute e benessere. Altre aree di impegno sono il consumo e la produzione responsabile e la lotta contro il cambiamento climatico, con la riduzione delle emissioni dei mezzi di trasporto. «Buona parte delle iniziative sono concentrate verso la fine della catena del valore. Solo facendo sistema e coinvolgendo tutti gli stackeholder, clienti e partner commerciali, potremo superare una situazione di ritardo riguardo all’applicazione degli Sdg», afferma Alessia Bonifazi, responsabile comunicazione e Csr Lidl Italia.

Per Barilla l’Agenda 2030 guida le azioni impostate sul claim “Buono per te, buono per il pianeta”, che unisce l’offerta di prodotti con un miglior profilo nutrizionale e la promozione di stili di vita sani e un’alimentazione consapevole, al miglioramento dell’efficienza dei processi produttivi riducendo i consumi di acqua e di CO2 e alla promozione di pratiche agricole e di allevamento sostenibili.

Anche Ikea utilizza gli obiettivi dell’Agenda 2030 come bussola per il progetto “People and planet positive”, concentrandosi su tre temi principali: vivere in modo sano e sostenibile, circolarità e positività per il clima (lavorando sui materiali e sui processi) ed equo e solidale. «Entro il 2030 la nostra ambizione – afferma Riccardo Giordano, Sustainability Developer and Purchaser indirect materials and services Ikea – è quella di diventare positivi per il clima e di rigenerare le risorse naturali».

Economia circolare, digitalizzazione e collaborazione

Uno dei goal di maggiore impatto sui processi delle imprese è il numero 12 su consumo e produzione responsabili. In particolare il Green Retail Forum ha concentrato l’attenzione sulla digitalizzazione e sulla collaborazione per la circolarità dei processi.

«Sostenibilità è ormai una priorità», afferma Giuseppe Luscia, project manager GS1 Italy. «Lo è per le istituzioni, con una spinta normativa a livello europeo, i cui capisaldi sono il Green Deal e il Piano d’azione per l’economia circolare. Lo è anche per i consumatori. Secondo i dati dell’Osservatorio Immagino, il 20% dei prodotti acquistati fa leva su informazioni in etichetta di sostenibilità, per vendite complessive di 7,9 miliardi di euro, cresciute nel 2019 del +2,6% sul 2018. È evidente che l’atto d’acquisto è solo il punto terminale di una serie di richieste del consumatore, facilitate dal digitale, sulle quali le aziende si giocano la loro reputazione. Richieste per conoscere non solo come è stato prodotto un articolo, ma anche come si smaltisce e come si gestisce la fine vita. Insomma, digitalizzazione e sostenibilità sono legate a doppio filo».

Il Green Deal per esempio prevede il passaporto elettronico del prodotto proprio con tutte le informazioni relative all’origine, alla composizione, alla riparazione e alla dismissione. E sul tema della circolarità si pensi al ruolo del packaging parlante sui materiali che lo compongono.

«Il contributo di GS1 Italy allo sviluppo dell’economia circolare – prosegue Luscia – è uno strumento operativo che supporta le aziende a misurare il proprio livello di circolarità e che consente di individuare nuove opportunità offerte dalla possibile chiusura dei cicli nella propria catena del valore. Inoltre l’associazione promuove lo sviluppo di azioni e strategie mirate a realizzare partnership con i soggetti chiave nelle rispettive filiere».

Anche in questo caso le iniziative si moltiplicano. Dalle linee guida elaborate da Netcomm con Comieco per il corretto uso del packaging per l’e-commerce ai fini della sostenibilità ambientale, al progetto “Dove lo butto” di Nestlé, una piattaforma digitale per aiutare i consumatori nella corretta raccolta differenziata in ciascuno degli ottomila comuni italiani. Attraverso la lettura del codice a barre e la geolocalizzazione il consumatore conosce i materiali che compongono il packaging ed è reindirizzato al sito del comune in cui si trova per le informazioni sul conferimento nei cassonetti.

O, ancora, Bottle to bottle del Consorzio Coripet, un progetto di economia circolare industriale, per il riciclo delle bottiglie di Pet da riutilizzare per la produzione di nuove bottiglie per uso alimentare. Peraltro la direttiva Ue 2019/904 prevede che entro il 2025 si raccolga almeno il 77% delle bottiglie in Pet (il 90% dal 2029) e che le bottiglie prodotte dovranno contenere almeno il 25% (il 30% dal 2030) di Pet riciclato idoneo al contatto con gli alimenti. Ma l’Italia è molto indietro. Per facilitare questo obiettivo Coripet ha sviluppato dei compattatori per la raccolta selettiva, collegati in rete tra di loro, e una app che oltre a fornire una serie di informazioni ai cittadini sul processo di riciclo, quantifica anche gli incentivi stabiliti caso per caso. Per esempio, il comune di Parma calcola la quantità complessiva di bottiglie raccolte e distribuisce uno sconto cumulativo sulla Tari per tuti i residenti. Un bell’esempio di collaborazione tra produttori, consumatori e istituzioni.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab