consumi

Dopo il lockdown, i contorni dell’attesa

La terza rilevazione Trade Lab-Metrica Ricerche fotografa una popolazione stanca e sofferente ma con una maggiore visione critica e un’aumentata consapevolezza circa la natura e la durata di questa situazione

Stanchi e sofferenti, ma con una maggiore visione critica, negli italiani, finiti gli applausi dal balcone e assopito il senso di appartenenza, aumenta la consapevolezza sulla natura e la durata della situazione sanitaria ma anche la forte preoccupazione per le ricadute economiche. Con conseguenti segnali di sfiducia sui modi per uscire dalla crisi.

È il dettaglio di sintesi che ci restituisce la terza rilevazione del monitoraggio Trade Lab-Metrica RicercheL’Italia nel tempo sospeso: da dove partire per un nuovo sviluppo” (metodo Cawi, campione di 1000 casi tra 18 e 65 anni) su come gli italiani stanno affrontando il tempo del Coronavirus e sulle loro attese per il futuro, realizzata tra il 9 e l’11 maggio, a due mesi dall’inizio del lockdown e pochi giorni dopo i primi allentamenti delle restrizioni.

Le preoccupazioni, le mancanze

In cima alle preoccupazioni è confermata quella per le conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria sia a livello personale (61% vs 67% della precedente tornata, realizzata il 30 marzo) sia a livello nazionale (80% contro 84%). Gli italiani per questo motivo stanno ripianificando le priorità di consumo: il 54% ridurrà le spese per viaggi e vacanze, il 49% quelle per la ristorazione e il 23% per mobili e arredi.

A questo proposito i ricercatori fanno notare che “è significativo cogliere da questi sentimenti importanti segnali per l’innovazione e la riprogettazione dl sistema dell’offerta, in particolare per la ristorazione, dove le risposte non sono condizionate da possibili ristrettezze economiche ma da un ben più profonda crisi di valore per la ridotta socialità”. In sostanza, sembra essere il ragionamento, se devo essere condizionato da limitazioni e da timori, che cosa vado a fare al ristorante? Agli italiani manca, infatti, proprio una normalità fatta di socialità e condivisione, nel lavoro e nello studio (45%), nello sport (41%) e nella cultura (40%), e di recuperare una dimensione di fiducia che consenta di convivere con il Covid-19.

Figura 1 – Se necessario, quali consumi ridurrei nei prossimi sei mesi?

Fig. 1 -Trade lab.jpg

Fonte: Trade Lab-Metrica Ricerche “L’Italia nel tempo sospeso: da dove partire per un nuovo sviluppo” 2020

Istituzioni meglio dei media

Continua l’apprezzamento positivo per come, quanto a trasparenza e correttezza le istituzioni e i media hanno comunicato l’emergenza sanitaria: ma se verso le prime diminuisce al 35% (-5 punti dalla precedente rilevazione), i media recuperano terreno, portandosi al 31% dal 26% della precedente indagine e addirittura dal 16% della prima.

In particolare la generazione Z è più favorevole alle istituzioni, risultando allineata con la media italiana, che ai mezzi di comunicazione.

In generale regressione il giudizio sui social media, vettori di fake news.

Le farmacie sotto pressione

Sebbene le farmacie continuino a essere riconosciute, soprattutto con il crescere dell’età, come luoghi affidabili in grado di assicurare al personale e ai clienti condizioni di sicurezza, sono state travolte dalle difficoltà di reperimento dei dispositivi di protezione personale. Il giudizio sulla capacità dei farmacisti di dare risposte adeguate risulta quindi inferiore (40% chi è d’accordo) alle attese e alla reputazione della categoria. Di fatto, notano i ricercatori, “emerge per le farmacie la necessità di mettere in atto soluzioni pratiche e di comunicazione finalizzate a rassicurare i consumatori e a ripristinare in modo completo lo storico rapporto fiduciario”.

SSN: più territorio e medici di famiglia

Continua a essere alto il livello di fiducia nel servizio sanitario nazionale (43% contro 47% della seconda rilevazione), ma all’inizio della fase due l’attenzione dei cittadini si sposta dalle strutture sanitarie sulle prestazioni a garanzia di una vita più sociale, come i tamponi e i test sierologici, per i quali si richiede il coinvolgimento di farmacie (46%) e medici di famiglia (52%), a presidio del territorio.

Più individualismo, meno collettività

Con la consapevolezza sulla natura e durata della situazione, il senso di responsabilità individuale si mantiene alto (66%), ma si riduce quello di orgoglio nazionale (che scende dal 54% al 41%), causato anche dai tempi e dalle modalità di attuazione dei provvedimenti, a confermare una stanchezza e una minore fiducia nelle istituzioni.

Tutto ciò si riflette in quella che per i ricercatori è la chiave di lettura di un nuovo patto per lo sviluppo, basato sui due elementi “dal basso e insieme”, punti focali delle prime due rilevazioni, che in questa risultano ridimensionati. Ancora maggioritari, ma in arretramento. Scrivono i ricercatori: “Rispettivamente il 55% (-11 punti percentuali rispetto all’indagine precedente) e il 54% (-18 punti percentuali) dei cittadini ritiene che l’uscita dalla crisi e la costruzione di un nuovo percorso di sviluppo, da un lato, dovrà essere centrato sui soggetti del tessuto economico-sociale a livello locale (medie imprese, associazioni territoriali di categoria), dall’altro dovrà vedere impegnati i principali attori nazionali (governo, grandi imprese, grandi banche) in un ruolo determinante di gestione della complessità in termini di capacità di indirizzo e di coordinamento”. 

Contemporaneamente anche la percezione positiva sul ruolo delle banche più vicine al territorio si riduce al 45% (-12 punti sulla precedente rilevazione) e si ridimensiona il ruolo del cittadino-consumatore nel sostegno alla produzione nazionale e locale: -11 punti (62%) la propensione ad acquistare italiano e -7 punti (59%) a fare vacanze in Italia.

Vi sono in sostanza segnali di sfiducia e aumenta la preoccupazione sulle conseguenze economiche. Ma i ricercatori fanno notare che “in mancanza di una prospettiva di futuro su cui incardinare gli sforzi dei singoli (imprese e persone) e il rilancio economico costruendo fiducia nella collettività, il passo successivo potrebbe diventare “ognun per sé e Dio per tutti”, con tutte le conseguenze sulla coesione sociale del paese.

Commercio e consumi, fiducia e tecnologia

Rimane significativo l’apprezzamento per l’importanza sociale dei negozi di vicinato (48%) e per il ruolo di prossimità degli esercizi commerciali (49%), ma decisamente ridimensionato (-16 punti) rispetto al periodo di lockdown.

In questa nuova prospettiva, i fattori che potranno condizionare la frequentazione dei negozi di vicinato sono da un lato la disponibilità di dispositivi di protezione e gel sanificante e dall’altro l’adozione di sistemi salta coda (36%) e la relazione di fiducia con il negozio abituale (33%).

Più critica la situazione per i centri commerciali – il 38% delle persone dichiara che ridurrà la frequentazione, in particolare nel Centro-Sud – e per la ristorazione: solo il 33% delle persone dichiara he tornerà a frequentare i locali come prima, soprattutto a Nord. Rimane sempre il compromesso dell’asporto, ma il 43% lo esclude per qualsiasi occasione di consumo, anche se vi è una certa attenzione all’asporto di piatti semplici (pizza e hamburger), ma questi due cibi rappresentavano già prima del Coronavirus il core business del food delivery e dell’asporto.

E riguardo alla tecnologia, dopo la digitalizzazone forzosa del lock down, sembra subentrare un’idea di riorganizzazione dell’attività a ivello familiare e aziendale che integri le tecnologie e i servizi digitali con vecchie e nuove abitudini, con la disponibilità a utilizzare i servizi digitali e i nuovi modelli di lavoro.

A cura di Fabrizio Gomarasca  @gomafab

Per ulteriori informazioni sull’indagine contatta Viviana Arcangeli TradeLab: varcangeli@tradelab.it
Scopri  il report completo dell’indagine: http://tradelab.it/italia-nel-tempo-sospeso