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Il bello e il buono della marca del distributore

La sintetica fotografia dei successi dei prodotti a marca del distributore è quella, consueta, fatta dal Rapporto Marca by Bologna Fiere curato da Iri e Nomisma nel corso dell’omonima manifestazione

Nel panorama dei consumi alimentari nella Distribuzione moderna, che si è mantenuto sostanzialmente stabile nel corso del 2018 con vendite a +0,3%, brilla la stella della Marca del distributore che con vendite pari a 10.374 miliardi di euro in crescita del 2,5% si attesta al 19,3% di quota di mercato. La sintetica fotografia dei successi dei prodotti MDD è quella, consueta, fatta dal Rapporto Marca by Bologna Fiere curato da Iri e Nomisma nel corso dell’omonima manifestazione: una due giorni che richiama a Bologna da quindici anni il mondo della Distribuzione e dell’Industria.

Ma il successo della Marca del distributore, che ha sempre più il vento in poppa, è frutto di una realtà a più dimensioni che Giorgio Santambrogio, presidente di Adm, l’Associazione distribuzione moderna sintetizza in questo modo: «La Marca del distributore non è più la private label che scimmiottava il prodotto di marca perfino nel packaging. È una marca creata dall’Industria del commercio, è una marca più autorevole di alcune marche industriali e spesso ha anche un posizionamento di prezzo più elevato nel segmento premium. È inoltre più vicina alle tendenze di consumo espresse dai cittadini consumatori, anticipando l’industria di marca e trovando nei punti vendita i luoghi deputati dove trasferire cultura, conoscenza, formazione, sicurezza».

Il valore della filiera diffusa

È un risultato raggiunto nel corso degli anni grazie a un percorso comune fatto dalla Distribuzione moderna che ha saputo costruire una piattaforma di valore a vantaggio dell’intero sistema paese. Solo per citare alcuni dati contenuti nel position paper elaborato da The European House Ambrosetti per Adm, la Marca del distributore incide per il 30% della crescita totale dell’industria alimentare e la sua incidenza sull’industria alimentare è più che raddoppiata negli ultimi quattordici anni, passando dal 2,9% al 7,3%. La Distribuzione moderna è inoltre il quarto settore economico per crescita di occupati: +22.960 tra il 2013 e il 2016, di cui 5.872 attribuibili alla MDD. E sviluppa rapporti privilegiati con più di 1.500 imprese di fornitura, di cui il 92% è italiana, di piccole medie dimensioni e con fatturati in crescita.

Anzi, più l’impresa realizza fatturato producendo per la distribuzione, maggiori sono le performance di crescita. Su un campione di 350 copacker con un fatturato complessivo di 14,6 miliardi di euro, 75 imprese che hanno una quota di MDD superiore al 50% dei ricavi hanno aumentato il fatturato nel periodo 2013-2017 di 6,1 milioni ciascuna contro un aumento di 0,4 milioni delle 6.500 aziende a bassa intensità di MDD, generando un valore aggiunto del +7,9% contro un +6,3%, in entrambi i casi superiore al settore alimentare complessivo.

È il risultato di relazioni di lunga durata con i copacker (altro giusto motivo di vanto per la distribuzione). Secondo la survey di TEH Ambrosetti, il 98% dei copacker ha relazioni di fornitura con la Distribuzione moderna da oltre 24 mesi e di questi quasi la metà da oltre otto anni.

«La Marca del distributore sostiene quindi una filiera diffusa – riassume Valerio de Molli, managing partner e Ceo di The European House Ambrosetti – fatta soprattutto di Pmi ad alto tasso di italianità. Il rapporto di partnership della MDD con la sua filiera di fornitura favorisce il rafforzamento della dimensione industriale e competitiva delle aziende copacker sostenendone la crescita nel tempo».

Gli stessi copacker, come riporta Silvia Zucconi responsabile marketing intelligence di Nomisma, attribuiscono un ruolo di impulso alla Gdo: nel 69% dei casi sull’ampliamento delle referenze e degli assortimenti, nel 54% sul packaging dei prodotti, ma anche sullo sviluppo di prodotti certificati, sul labelling, sugli investimenti in ricerca & sviluppo, sull’ingredientistica e sulla scelta delle materie prime. Per quasi una azienda su due (46%), rileva l’indagine di Nomisma, la GDO rappresenta una spinta a sviluppare prodotti che seguono disciplinari legati a certificazioni. La volontà di offrire maggiori garanzie di qualità alle insegne è il primo elemento che spinge i copacker a dotarsi di certificazioni aggiuntive rispetto a quelle previste dagli obblighi di legge (80%). Il 52% delle aziende di copacking invece si dota di certificazioni addizionali spinte dalla volontà di offrire maggiori garanzie ai consumatori finali. In questo contesto è importante anche il ruolo svolto dai retailer: il 38% dei copacker, infatti, afferma di dotarsi di certificazioni sollecitato da specifica richiesta delle insegne clienti.

Figura 1 - Il ruolo della GDO per i copacker

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Fonte: Survey Nomisma sui copacker, Rapporto Marca 2019

Il valore della filiera non è in discussione, secondo Maura Latini, direttore generale Coop Italia: «È fondamentale garantire la sicurezza sui rischi conosciuti ma anche su quelli sconosciuti, ma senza le filiere è difficile controllare fino in fondo e anticipare i rischi che potrebbero verificarsi. Ma, anche in chiave competitiva, la ricerca della qualità non può prescindere dall’equilibrio con la convenienza per offrire prodotti con la giusta qualità al giusto prezzo».

La sicurezza e la qualità atout vincenti

«Elementi centrali nella strategia di sviluppo delle aziende della Distribuzione moderna sono la sicurezza alimentare e la qualità», sottolinea De Molli, spiegando perché il supermercato è il luogo più sicuro per la spesa alimentare.

Nei ventiseimila punti vendita italiani infatti ogni anno vengono effettuati 2,3 milioni di controlli da ventuno enti diversi, dipendenti da quattro ministeri. A questi si aggiungono i circa 2 mila test di autocontrollo volontari delle catene, affidati a enti indipendenti. Dal survey condotto da TEH Ambrosetti presso un panel di insegne che rappresentano il 67% del fatturato complessivo della Distribuzione moderna emerge che la funzione qualità e sicurezza è riconosciuta come strategica all’interno delle organizzazione e riporta nel 78% dei casi ai vertici aziendali e che il numero medio dei controlli di qualità e sicurezza sui copacker da parte delle insegne è cresciuto significativamente rispetto a dieci anni fa e aumentato più del 50% secondo il 67% dei rispondenti. Anche gli investimenti in sicurezza e qualità sono raddoppiati in dieci anni per il 70% delle insegne e il 50% li ha più che triplicati, con investimenti che arrivano fino a 5 milioni in alcuni casi.

Figura 2 - Variazione del numero dei controlli negli ultimi dieci anni

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Fonte: survey ai responsabili sicurezza e qualità, The European House-Ambrosetti, 2018 

Va da sé che oltre la metà delle insegne (64%) ha aumentato il numero delle persone impegnate nella qualità e sicurezza e il 44% prevede un’ulteriore crescita sia degli addetti sia degli investimenti. «Qualità e sicurezza sono quindi un tema strategico per lo sviluppo e la crescita delle insegne», chiosa De Molli. Che aggiunge: «Sono anche previsti investimenti nelle nuove tecnologie: dai QR code per migliorare il controllo sullo stato di conservazione dei prodotti (smart label) alla blockchain per migliorare la tracciabilità, dal rating dei prodotti venduti online al cloud per una migliore integrazione dei database e dei parametri utilizzati per valutare i fornitori».

Verso quota 20%

Ma quali sono le dinamiche che stanno dietro alla crescita più alta dal 2013 delle marche del distributore e che secondo le previsioni le porteranno a superare la fatidica quota 20% (si tratta della media generale, perché le insegne best in class hanno raggiunto o superato già la soglia del 30% o del 40% in alcune categorie specifiche, ndr)?

Nella figura sono illustrati gli highlight principali di questa edizione del Rapporto Marca.

Figura 3 - Il 2018 della MDD in sintesi

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Fonte: Iri, Rapporto Marca 2019

«I prodotti premium e bio sostengono il mercato – spiega Gianmaria Marzoli, vicepresident retail Iri – e questo è ancor più vero per la Marca del distributore, che cresce in questo segmento del 10,8% con le marche industriali che aumentano solo dell’1%. Se poi nel mainstream complessivamente in calo del -0,7% la MDD è in aumento, nel primo prezzo vince il discount (+8%) mantenendo in area negativa sia la Mdd sia le marche industriali».

Dall’analisi dei dati emergono alcuni aspetti chiave da sottolineare. In particolare la crescita a valore del 2,5% è data dalla progressione significativa nei segmenti funzionale (+13,6% pari al 2,5% delle vendite della Mdd), premium (+13% pari all’8,4%) e bio-eco (+7,5%, 7,3% delle  vendite della Mdd) e con una solida crescita - soprattutto se letta a confronto del trend registrato dal largo consumo - anche nel mainstream (+1,2% 78,3% delle vendite della MDD).

Figura 4 - La segmentazione della Marca del distributore

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Fonte: Nomisma su dati Iri, Rapporto Marca 2019

Il modello di sviluppo della MDD si snoda così attraverso l’ampliamento degli assortimenti (in particolare l’inserimento di nuovi prodotti contribuisce per il 4,3% alla crescita dei ricavi dei retailer), ma alla crescita generata dall’innovazione si contrappone una contrazione delle vendite legata agli assortimenti esistenti e alla loro manutenzione. L’invito al riguardo è quello di porre attenzione proprio sulla manutenzione degli assortimenti esistenti nel mainstream che costituisce pur sempre il cuore del mercato. «Se si dimentica il mainstream si mette a repentaglio la crescita del mercato stesso», ammonisce Marzoli. «Al contrario vi sono segmenti di grande dinamicità come quelli legati ai prodotti a denominazione. Certo la Marca del distributore ha fatto della territorialità e della qualità un elemento strategico del proprio sviluppo con tassi di crescita significativamente più alti della media delle categorie e sta investendo nell’ampliamento dell’offerta di prodotti in grado di comunicare qualità e sicurezza, con un posizionamento di prezzo premium ma contemporaneamente conveniente nella categoria di riferimento».

Reputazione e fiducia

Più dinamica delle marche industriali nell’anticipare i bisogni dei consumatori, la Marca del distributore ha ormai guadagnato la fiducia del cliente che, secondo i ricercatori di Nomisma che ne hanno intervistato duemila, nella scelta dei prodotti alimentari e non food, è particolarmente vicino a valori quali attenzione agli sprechi (40%, nell’indagine a risposte multiple), qualità del prodotto (30%), promessa di benessere (32%), garanzie specifiche di sicurezza (28%) e rispetto dell’ambiente (22%); dallo scaffale preleva più volentieri prodotto italiano (citato dal 40% degli intervistati), guarda ai contenuti dell’etichetta, metodo di produzione e tracciabilità della filiera (mediamente un consumatore su 4) e si rivolge con favore crescente alle produzioni biologiche.

La Marca del distributore risponde in tutto o in parte a questo universo valoriale. Nel food la Marca del distributore oltre all’ottimo rapporto qualità/prezzo (36% dei responsabili acquisto riconosce tale attributo come rilevante), è sinonimo di prodotti con ingredienti di qualità (30%), con forte capacità di rispondere alle esigenze del consumatore (19%) e in grado di offrire prodotti con garanzie e certificazioni (14%). Anche per le categorie non food (pulizia della casa/igiene e cura della persona) la MDD raccoglie analoghi elementi valoriali: capacità di rispondere alle esigenze del consumatore (29%), qualità al giusto prezzo (25%) e ingredienti di qualità (24%). Per i consumatori  inoltre acquistare i prodotti a marchio del distributore significa soprattutto mettere nel carrello “convenienza a parità di qualità” (55% identifica tale attributo come coerente), “elevata qualità in generale” (31%) e “prodotti da filiere tracciate, certificate e controllate” (31%).

L’indagine Nomisma ribadisce quindi che non è più soltanto il prezzo a determinare la scelta: si acquista la Marca del distributore soprattutto per la qualità che riesce a incorporare nel prodotto (per materie prime e processi produttivi), nel caso degli alimentari, e per la rispondenza ai propri bisogni, nel caso del non-food. E, soprattutto, lo si fa con sempre maggiore consapevolezza: il Rapporto evidenzia che negli ultimi dodici mesi il 72% delle famiglie ha acquistato consapevolmente almeno un prodotto con Marca del distributore, ormai prima scelta nel campo del fresco per carne (63% vs. 19% della marca industriale) e frutta e verdura (49% vs. 16%).

La fiducia che si sviluppa nei confronti dei prodotti MDD diventa addirittura determinante per la scelta dell’insegna presso cui fare la spesa: due consumatori su tre decidono soprattutto in base a qualità e assortimento dei prodotti a Marca del distributore; quasi la metà di chi acquista è addirittura disposta ad allungare il percorso se occorre raggiungere il supermercato con i prodotti MDD preferiti; e il 40% cambierebbe insegna se il punto vendita in cui fa la spesa smettesse di vendere quei prodotti. Inoltre Il 53% di chi ha acquistato almeno un prodotto MDD nell’ultimo anno sceglie l’insegna in cui fa spesa di solito perché soddisfatto della Marca del distributore, soprattutto dei prodotti mainstream. Importante anche il ruolo giocato da linee specifiche e premium (19%). È invece il 28% a scegliere l’insegna e quindi il pdv per entrambi i motivi.

La Marca del distributore si conferma quindi un pilastro portante dell’insegna e delle scelte del consumatore. Un risultato ottenuto nel tempo essenzialmente per due motivi, ragiona Alessandra Corsi, direttore marketing dell’offerta Mdd Conad: «Il primo è stato il passaggio da un’idea di convenienza tout court delle private label che scimmiottavano la marca industriale all’ossessione per la qualità che ha indirizzato verso fornitori di eccellenza e verso l’aumento di controlli per aumentare il livello qualitativo dei prodotti. Il secondo è la messa in campo della capacità di innovazione sviluppando competenze, capacità e conoscenze che non sono più solo dell’industria, portando la distribuzione a rispondere ai bisogni dei consumatori in maniera specifica. Alla fine possiamo parlare, per i prodotti premium, di un lusso accessibile che sono il frutto di un mix ideale tra qualità e convenienza»

Di qualità senza compromessi parla anche Maniele Tasca, direttore generale Selex: «Il concetto di qualità integra in sé quelli di sostenibilità, di impatto ambientale, la disponibilità di informazioni sul prodotto, nonché la sua accessibilità, che  sua volta   apre il capitolo della competitività. Per questo motivo credo che l’innovazione e la competitività continueranno a essere i due mantra anche in futuro».

Le sfide nella discontinuità

Proprio sull’onda del livello di gradimento che esprime sul mercato, è naturale che i retailer si interroghino su come far progredire ulteriormente la Marca del distributore.

Uno sguardo in avanti non può prescindere anche dai ragionamenti verso l’evoluzione della distribuzione e dei punti vendita, visto che siamo in un’epoca di «discontinuità ciclopica», come dice Mario Gasbarrino, presidente e amministratore delegato Unes: «Come retailer siamo aggrediti dal basso dal discount e dall’alto dalla continua espansione dell’online. Ciò ci porta a dover scegliere che cosa fare da grandi. Penso che ci dovremo confrontare con negozi più piccoli, omnichannel, esperienziali e, fondamentalmente, monomarca. Allora la Marca del distributore cambia ruolo e da strumento per maggior profitto e di diversificazione diventa un asset strategico nel definire il posizionamento dell’insegna, anche perché le marche industriali troveranno maggior sfogo nel canale online».

«Se guardiamo ai paesi dove il discount vale di più e l’online è più forte, per il futuro la Marca del distributore è un fattore di sopravvivenza per la distribuzione», aggiunge Roberto Nanni, responsabile MDD Coop.

È un cambiamento di prospettiva al quale Alberto Coldani, direttore commerciale Carrefour aggiunge un altro elemento al ragionamento: «Oggi nella negoziazione con i fornitori la distribuzione è arrivata a vendere tutto il vendibile dagli spazi alle contropartite varie. È il momento di riappropriarci di spazi vitali per il nostro prodotto a marchio per poter crescere di più, anche perché oggi è il prodotto di marca che si posiziona, con le promozioni, sul prezzo della Mdd».

Un mondo al contrario, verrebbe da dire. O uno scontro ideologico, come lo definisce ancora Gasbarrino: «L’obiettivo è quello di creare valore, non di distruggerlo facendo azioni di dumping. Più in generale è arrivato il momento per i supermercati di cambiare e scegliere quale cliente servire e con quale fornitore lavorare».

A cura di Fabrizio Gomarasca