sostenibilità

Il cibo dallo spreco al valore

L’innovazione e la collaborazione tra imprese, startup e organizzazioni non profit giocano un ruolo fondamentale per la riduzione dello spreco alimentare e per la sostenibilità della filiera nel suo complesso. Dall’Osservatorio Food Sustainability una mappa dei modelli di business e delle soluzioni contro lo spreco di cibo.

Per combattere lo spreco alimentare, molte imprese agri-food si stanno già muovendo in una prospettiva di economia circolare, esplorando anche soluzioni innovative per rendere più efficienti i processi e rafforzare la responsabilità sociale d’impresa.

Il tema è stato affrontato dall’ultima edizione dell’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano, che ha focalizzato l’attenzione della ricerca sulle soluzioni innovative e sui nuovi modelli di business orientati alla riduzione dello spreco di cibo.

Secondo le rilevanze dell’Osservatorio, basate sulla mappatura di 399 startup italiane e internazionali, l’innovazione e la collaborazione emergono come ingredienti fondamentali per passare a sistemi agroalimentari più sostenibili, circolari e inclusivi, su cui occorre lavorare maggiormente in futuro «in grado di ridurre lo spreco alimentare e, più in generale, puntare alla “trasformazione sostenibile” delle imprese», come afferma Alessandro Perego, direttore del dipartimento di ingegneria gestionale e responsabile scientifico dell’Osservatorio. «L’applicazione dei principi della circolarità nel settore – prosegue – richiede infatti nuove soluzioni per prevenire e gestire le eccedenze alimentari, innovazioni di prodotto e tecnologiche, ma anche riprogettazione dei processi gestionali e logistici, fino alla riconfigurazione dell’intera supply chain e della collaborazione tra imprese e altri attori in ottica di sistema. Le startup contribuiscono in misura sempre più decisiva alla spinta innovativa, promuovendo nuovi modelli di business per la sostenibilità sociale e ambientale che attirano le imprese alla ricerca di idee per rafforzare il proprio posizionamento e rispondere alle esigenze di consumatori sempre più sensibili alle sfide sociali e ambientali».

Le forme della collaborazione

In particolare la collaborazione assume due forme diverse: “simbiotica” se permette di sviluppare un modello di business per la creazione di valore sostenibile, oppure “aumentata”, quando permette alle startup che mettono in gioco know-how e tecnologie per il perseguimento di obiettivi di sostenibilità di avere accesso ad un più ampio mercato e di generare maggiori volumi.

Che avvenga sia tra attori della filiera sia tra startup e azienda consolidata e cross-settoriale, la collaborazione gioca un ruolo fondamentale per la riduzione dello spreco alimentare e, in generale, per la sostenibilità della filiera nel suo complesso. Tuttavia, c’è ancora poca consapevolezza delle opportunità generate dalle collaborazioni per la creazione di valore sostenibile per vincoli che riguardano il breve periodo (ad esempio legati ai rapporti contrattuali) ma anche per l’incertezza sull’impatto di creazione di valore nel lungo periodo.

Recuperare le eccedenze alimentari

Per quanto riguarda lo spreco alimentare, negli scorsi anni in Italia l’intensità con cui le eccedenze sono recuperate è cresciuta dal 7,5% del 2011 al 9% nel 2015, grazie a una maggiore consapevolezza sociale e al diffondersi di pratiche innovative, come nuovi materiali di imballaggio per estendere la durata di vita dei prodotti, nuove tecnologie digitali per ottimizzare i processi aziendali e migliorare la gestione delle scorte alimentari, donazioni di alimenti in eccedenza da parte degli attori della filiera a favore delle organizzazioni del terzo settore. E grazie anche all’entrata in vigore della Legge Gadda che ha apportato semplificazioni nei processi di donazione delle eccedenze e ha inserito la possibilità di cessione gratuita delle eccedenze alimentari oltre il tmc (tempo minimo di conservazione), che è superiore alla data di scadenza del prodotto stampata sulla confezione.

Per saperne di più leggi anche Più facile donare cibo e ridurre gli sprechi

La gerarchia di utilizzo delle eccedenze (Food Waste Hierarchy - FWH) permette di mettere in pratica il paradigma della circolarità del cibo, con priorità d’intervento per la destinazione d’uso: prima di tutto recupero e ridistribuzione dei prodotti alimentari in prossimità di scadenza a persone in stato di bisogno, poi recupero per consumo animale, riciclo per uso industriale, produzione di fertilizzanti e concimi, recupero energetico e, solo come ultima opzione, lo smaltimento in discarica.

Figura 1 - La gerarchia di utilizzo delle eccedenze

Figura 1 La gerarchia di utilizzo delle eccedenze

Fonte: Politecnico di Milano “Osservatorio Food Sustainability” 2018

Partendo dal modello della FWH, l’Osservatorio ha analizzato le pratiche innovative di prevenzione e gestione circolare delle eccedenze nei diversi stadi della filiera agroalimentare, individuando le pratiche più diffuse e mettendo in evidenza quelle meno consolidate perché di più difficile attuazione

Alcune pratiche diffuse

Tra i produttori agricoli, in particolare per l’ortofrutta, sono ormai diffuse tecnologie di agricoltura di precisione per monitorare la salute delle coltivazioni ed elaborare interventi mirati in campo, prevenendo così il generarsi di sprechi, oltre a pratiche di riutilizzo e ridistribuzione a fini sociali delle eccedenze generate.

Una pratica innovativa, ma ancora poco diffusa, riguarda l’inserimento di tecnologie di selezione dell’ortofrutta nei processi produttivi, che permette di ridurre significativamente gli scarti, sia in campo che nei centri di raccolta, e al contempo di rispondere alle esigenze del mercato. Altra pratica diffusa è la trasformazione di frutta e verdura prossima alla scadenza in altro prodotto con più lunga vita residuale (ad esempio succhi, conserve, minestroni surgelati, ecc.). Lo fa per esempio la svedese Ica con la startup Rescued.

Vi sono anche soluzioni innovative che permettono la vendita in mercati secondari di frutta e verdura non conforme agli standard di mercato, normalmente scartata e smaltita, come la vendita a prezzo scontato di ortofrutta con difetti estetici da produttori o grossisti ai consumatori finali (la startup americana Hungry Harvest) o da produttori a ristoratori, come la startup Grogreen Tech. Un ambito ancora poco esplorato riguarda le eccedenze generate nei centri di raccolta e di stoccaggio dei prodotti ortofrutticoli, poi destinati a diversi canali di vendita (trasformatori, GDO, mercati esteri, ecc.). In quest’ambito, una delle principali barriere a cui si trovano di fronte i produttori sono le richieste da parte della GDO di lotti omogenei in termini di colore, qualità e confezionamento, condizioni queste difficili da ottenere con la selezione nei campi. A ciò si risponde con le nuove tecnologie che, avvalendosi di telecamere ad alta risoluzione e strumenti elettronici di precisione, permettono di calibrare e selezionare molteplici tipologie diverse di prodotti ortofrutticoli in base a parametri quali dimensioni, qualità esterna (colori, difetti di buccia) e qualità interna (durezza, grado Brix, stato di maturazione, danni alla polpa). In tal modo si previene significativamente la generazione di sprechi e ottimizzando e incrementando i volumi e la qualità dei prodotti venduti.

Tra le aziende di trasformazione, si segnalano best practice nel riutilizzo e ridistribuzione dei prodotti finiti in eccedenza per l’alimentazione umana, la prevenzione delle eccedenze con sales and operations planning, tecnologie digitali per tracciare data di scadenza e stato di conservazione degli alimenti, materiali di imballaggio che estendono la shelf life dei prodotti. Sono ancora poco diffuse azioni di riutilizzo delle eccedenze generate negli stabilimenti (come gli sfridi della produzione), altamente deperibili e quindi difficilmente recuperabili, che necessitano di nuovi meccanismi di collaborazione, sia di filiera che cross-settoriali. Un esempio virtuoso è quello di Bolton Alimentari che, in collaborazione con Banco Alimentare, recupera grandi volumi di ciò che viene tipicamente considerato “scarto”, nello specifico verdure che servono per il condimento di piatti di carne e di pesce in scatola, che non sono state consumate totalmente per alimentare la linea produttiva.

Tra i retailer e i ristoratori proliferano startup innovative che ottimizzano la gestione delle eccedenze a valle della filiera, ma rimane incerta la scalabilità di queste soluzioni e resta da lavorare sulla gestione dei resi per invenduto nei punti vendita della Gdo, che richiede nuove forme di collaborazione tra trasformatori e distributori.

Tra gli esempi citati dall’Osservatorio, le mobile app che segnalano in real time al consumatore finale sconti e promozioni su prodotti vicini a scadenza presso negozi al dettaglio e supermercati, come è il caso della startup francese Optimiam  o quelli della startup italiana LastMinuteSottoCasa. Altro esempio di interesse è il caso della startup americana Spoiler Alert, software che ottimizza la gestione delle scorte di prodotti invenduti di trasformatori, centri di distribuzione e retailer, suggerendo politiche di prezzo variabile dei prodotti in funzione della loro data di scadenza.

L’italiana MyFoody ha invece sviluppato un’app che permette di visualizzare i prodotti in prossimità di scadenza presso i punti vendita Coop di Unicoop Tirreno e Unes, raggiungendo un bacino molto vasto di possibili acquirenti. Ciò permette a Coop e Unes non solo di fronteggiare la problematica degli sprechi, ma anche di beneficiare di un’immagine sostenibile rafforzata e di un aumento del numero di visite al punto vendita.

«I casi di successo dimostrano che una riduzione degli sprechi alimentari è possibile, ma restano ambiti ancora poco battuti, in cui sussistono vincoli e barriere a soluzioni di prevenzione e gestione delle eccedenze», dice Marco Melacini, responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability. «La vera sfida è passare da azioni di recupero eccellenti ma isolate e difficilmente scalabili a una vera e propria “filiera del recupero” dove si coniughino soluzioni tecnologiche, sforzi di collaborazione e razionalizzazioni dei processi e dei modelli di business, coinvolgendo attori della filiera e partner intersettoriali in un’ottica di sistema».

a cura di Fabrizio Gomarasca