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La rilevanza strategica della qualità dei dati

Dal convegno Big data nel carrello l’impegno di GS1 Italy per la diffusione del data management nella filiera del largo consumo. E il 2019 sarà l’anno del data quality per aumentare competitività ed efficienza nel largo consumo.

«La rivoluzione digitale pone alle aziende la sfida della gestione dei dati e delle informazioni, dello scaffale fisico e della sua logistica in parallelo allo scaffale digitale e alla sua logistica estesa fino alla porta di casa del consumatore. GS1 assiste e sostiene le imprese nel loro indispensabile processo di trasformazione in data driven company». Alberto Frausin, presidente di GS1 Italy, sintetizza così, in apertura del convegno Big data nel carrello, dall’efficienza di filiera alle strategie di marketing, il percorso compiuto da GS1 Italy e il suo impegno per traghettare la filiera del largo consumo nell’epoca del gemello digitale (il termine è stato coniato dalla Nasa), cioè della replica virtuale di un prodotto fisico. Ma per farsene pienamente carico, le aziende devono badare molto più di prima alla qualità dei dati, che, conseguentemente, sono anche qualità del prodotto.

Ora, nell’era digitale, il data quality è diventata una leva competitiva imprescindibile sia per il business to business che per raggiungere il consumatore. «Dialogare o non dialogare con il consumatore è la discriminante per la messa in discussione del futuro delle nostre aziende, del nostro settore», ammonisce Frausin. «Ma è necessario fare un salto di qualità, molto rapidamente». E poiché Il sistema associativo ha avuto un ruolo centrale nell'imprimere a questo cambiamento la velocità necessaria al suo successo, GS1 Italy vara il PAQ, Piano per l’attuazione della qualità dei dati.

È un cambio di passo del cammino di affiancamento alle imprese di GS1 Italy fin dalla creazione del codice a barre e degli standard per la condivisione delle informazioni. Oggi però occorre che le informazioni siano aggiornate, allineate e corrette. In buona sostanza, di qualità.

Solo così si può competere sul mercato e presidiare i canali commerciali nazionali e internazionali, online e offline.

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I dati sono il nuovo petrolio

«Non dobbiamo farci illusioni. I dati cambieranno in modo strutturale la filiera. Perché e in che modo?», si chiede Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano. «I dati non sono la soluzione ai problemi, ma sono lo strumento fondamentale che aiutano a trovare le soluzioni. Soprattutto se non si prescinde dal cambiamento del comportamento di acquisto dei consumatori». In particolare l’accento di Noci cade sul fatto che la fase di acquisto ritenuta la più controllabile nel punto vendita e nel tempo, fino a qualche tempo fa, come fase finale della sequenza di comunicazione, oggi è la meno controllabile perché si acquista in ogni momento e ovunque. Per questo motivo il marketing sposta il suo fuoco di interesse sul consumatore, perché la marca dimostra la propria capacità nel momento in cui si manifesta il bisogno. Non a caso l’abitazione sarà sempre più determinante in quanto luogo dove si rivela primariamente i bisogni e dove la disponibilità di tempo è elevata. Non a caso stanno entrando in casa dispositivi digitali come i dash button o gli assistenti vocali.

La marca ha ancora valore, quindi? «Più che mai», risponde Noci perché in questo processo di acquisto senza spazio e senza tempo i consumatori hanno bisogno di attribuire una delega fiduciaria, non solo riguardo alla dimensione del prodotto (il cosa) ma anche allo spazio di relazioni (il come). «I nuovi player, non solo quelli tecnologici, stanno lavorando incessantemente per attribuire ai dati un ruolo cruciale per poter segmentare i consumatori. La marca in questo modo si sublima, diventa relazione e passa attraverso la relazione con i consumatori».

Questi cambiamenti pongono altri quesiti. Per esempio hanno senso un’articolazione di filiera e dei punti di vendita fisici come quelli attuali? Anche in questo caso la risposta di Noci è positiva. «Mai come in questa fase è necessario valorizzare la specificità dei punti vendita, la loro differenziazione lavorando sulla multisensorialità, sull’integrazione come spazio di relazione fisica e digitale. Quanto alla filiera «occorre rivedere i meccanismi di relazione tra marca e insegna. Il modello attuale non sarà sostenibile nel futuro perché altri attori nascono focalizzati sul cliente, la cui sfida, successiva alla costruzione della relazione, è quella di allargare la disponibilità dell’offerta. Per contrastarli la collaborazione tra le imprese è fondamentale ma deve andare oltre la logica della pipeline tradizionale».

Oltre al che cosa e al come, però, i brand devono anche sapere spiegare ai consumatori il perché. «Ce lo chiedono le persone», spiega Paolo Iabichino, chief creative officer Ogilvy & Mather Italia. «E il tema in discussione è come fare in modo che la relazione possa cominciare anche in assenza dell’acquisto. In questa prospettiva la pubblicità diventa soggetto narrativo e può (deve) utilizzare i dati in maniera creativa. È necessario riscrivere il patto fiduciario con il consumatore, un patto in cui la marca, nell’economia narrativa di una risposta non più fondata solo sul bisogno, lascia il posto a qualcos’altro. Non solo: le marche sono chiamate anche a prendere posizione, perché la scelta o la non scelta è rappresentazione di sé. I consumatori ci stanno dicendo che vogliono avere dei motivi per le loro decisioni. Quanto alla tecnologia, va usata in maniera creativa per dare risposta ai bisogni ma anche per abbracciare le tensioni culturali che le persone stanno vivendo».

Gemello digitale ed efficienza di filiera

Se l’informazione oggi è un asset per le imprese, il data quality è il suo braccio operativo, ma in quanto tale è anche il coerente punto di arrivo del percorso compiuto dagli standard GS1 con il codice a barre che si è imposto prima come strumento di governo dei processi nel negozio, poi come efficiente strumento per lo scambio e la condivisione delle informazioni tra le imprese della filiera del largo consumo. Infine, con la rivoluzione digitale e l’avvento dell’e-commerce, come link tra il prodotto fisico e tutte le informazioni che lo riguardano, anche sul web. Il codice a barre è il linguaggio globale che ha rivoluzionato il commercio, oggi utilizzato da 112 organizzazioni GS1 nazionali in 150 paesi con 25 settori serviti. In Italia a GS1 Italy fanno capo 35 mila imprese.

«La rivoluzione digitale è una grande opportunità per tutte le aziende per diventare più moderne, efficaci ed efficienti. Aderire con convinzione ai progetti legati ai temi dell’identificazione, dello scambio elettronico delle informazioni e del data management (come Immagino Allineo), aumenta la competitività delle imprese», commenta Frausin.

Nel passaggio dalla gestione delle informazioni alle casse al data management, gli strumenti GS1 Italy consentono anche alle imprese di piccole dimensioni di affrontare in maniera efficiente ed efficace il nuovo paradigma del gemello digitale. Si tratta di un percorso che dal business to business in chiave di efficienza per le imprese giunge al consumatore attraverso strumenti utilizzati dal marketing. I nomi sono noti, Codifico, Allineo, Immagino, utilizzati in alcuni casi ancora da poche aziende, in altri da un numero maggiore, ma non in maniera così diffusa come l’impegno sulla qualità dei dati richiederebbe.

È Bruno Aceto, ceo di GS1 Italy che si incarica di ripercorrere le soluzioni per l’organizzazione, la gestione e la condivisione delle informazioni.

Codifico, già utilizzato da 1.400 aziende, è lo strumento di base per la generazione di codici a barre (36 mila fino a oggi) e per l’archiviazione delle anagrafiche di prodotto: marca, descrizione, tipo di confezione, quantità, dimensione.

Le informazioni di prodotto sono immagazzinate nel GS1 Cloud, un repository mondiale che contiene 75 milioni di prodotti, ognuno classificato con sette attributi: GTIN®, brand, descrizione di etichetta, mercato di destinazione, nome dell’azienda, classificazione del prodotto, url immagine del prodotto a media risoluzione. In tal modo tutti i prodotti sono riconoscibili secondo attributi standardizzati dai retailer in tutto il mondo. Il set di informazioni base pubblicati su GS1 Cloud è accessibile anche ai vari marketplace. Ciò consente anche alle aziende medio-piccole, tipiche del sistema economico italiano, di accedere ai mercati internazionali, di trasformarsi in piccole multinazionali.

«L’allineamento delle anagrafiche è alla base della relazione commerciali cliente/fornitore. È un processo da presidiare per garantire informazioni di qualità», sottolinea Aceto. Perché? Ogni anno alle aziende italiane gli errori indotti dalla cattiva gestione delle informazioni di prodotto costano circa 2,2 miliardi di euro. Il catalogo elettronico GS1 GDSN®, che in Italia si chiama Allineo, è «la porta per accedere (con le tre fasi di raccolta, verifica e condivisione) all’informazione dei prodotti, per stare sul mercato e presidiare i canali nazionali, internazionale e online», puntualizza Aceto. Già oggi sono più di 27 milioni i prodotti su cui si scambiano informazioni secondo lo standard GS1 GDSN e in Italia è già utilizzato da 170 produttori attivi più altri 17 su altri datapool (con l’interoperabilità garantita dagli standard GDSN).

Dallo scanner alla persona

«Stiamo ragionando di concetti che rendono competitive le aziende nel tempo», afferma Francesco Pugliese ceo Conad, dialogando con Francesco Del Porto, president region Italy & global chief customer officer Barilla. «Anche in passato le aziende erano sommerse di dati, ma ciò che cambia oggi è la capacità di poterli leggere con una nuova ottica. Non per nulla le informazioni da scanner oggi non sono più sufficienti a costruire un posizionamento distintivo. In questo passaggio dal prodotto al mondo di relazioni, la vera sfida è la selezione e la gestione delle informazioni prodotte a valle dal consumatore per risalire a monte lungo la filiera». Concorda Del Porto: «Tutte le aziende, al di là di quelle tecnologiche, hanno compreso che i dati sono un asset, ma è necessario renderli utilizzabili all’interno dell’organizzazione. È importante sviluppare competenze e interconnessioni all’interno delle aziende abbattendo steccati organizzativi».

Sono queste le premesse che hanno portato Barilla e Conad ad avviare il progetto di Allineo. «Abbiamo ripreso il progetto del catalogo elettronico con Conad perché in Allineo riscontriamo alcuni vantaggi che in passato, in precedenti esperienze, erano mancati. Primi fra tutti la garanzia della qualità dei dati nel tempo e dei controlli: sul totale del portafoglio prodotti stiamo verificando una qualità del dato pari al 99%. Inoltre Allineo consente un time to market più rapido ed efficace», spiega Del Porto.

«È necessario andare oltre vecchi steccati», riprende Pugliese. «Tutto il mondo dei dati è costruito secondo i vecchi steccati: il processo è farraginoso, complesso, spesso duplicato all’interno dell’azienda con ricadute negative sui costi e sull’attendibilità dei dati. Il grande valore di Allineo, non essendo un sistema proprietario, diventa uno standard per tutti. Da ultimo una considerazione: nel nostro settore vi sono alti indici di errore: il 45% complessivamente sui processi, il 65% sui prodotti a peso netto, il 75% sulle dimensioni dei prodotti. Il catalogo elettronico fa piazza pulita di queste inefficienze e permette di connettere finalmente il pensiero con le parole e con le azioni».

La rivoluzione delle immagini

C’è un altro strumento che salda le relazioni tra le aziende e il loro rapporto con il consumatore finale. È Immagino, il servizio di digitalizzazione delle immagini di prodotto e delle informazioni contenute in etichetta. La legge 1169 del 2011 ha previsto, tra le altre disposizioni, che le informazioni contenute sulle etichette dei prodotti fossero accessibili ai consumatori in tutti i canali di vendita, compreso l’e-commerce. Una vera rivoluzione dal punto di vista della gestione delle informazioni. GS1 Italy si è quindi incaricata, su richiesta iniziale di un retailer, di fotografare le confezioni dei prodotti e digitalizzare tutte le informazioni contenute nel packaging e nelle etichette. È stato un crescendo di adesioni: a oggi sono più di 100 mila i prodotti digitalizzati, sono 750 mila le immagini realizzate con l’apporto di 1.600 produttori e 27 distributori.

Ma non tutto ciò che appare semplice e scorrevole lo è veramente. Nel contesto digitale i consumatori sono più esigenti e acquistano informandosi sullo smartphone sia da supermercati reali sia da supermercati virtuali a scaffale infinito, cambiano velocemente gusti e comportamento di acquisto. La distribuzione a sua volta produce informazione on-line e off-line sulla scelta dei prodotti, studia nuovi formati per raccogliere i diversi comportamenti di acquisto, raccoglie Big Data per nuove e più significanti analisi dello scontrino, automatizza i pos e introduce i pagamenti elettronici. E i produttori innovano, moltiplicano le SKU, personalizzano i prodotti, lavorano per migliorare la qualità e abbassare i costi, digitalizzano i propri processi alla ricerca di nuove efficienze, automatizzano le fabbriche, la logistica per migliorare la competitività. L’analisi di Enrico Parisini, chief information officer Conserve Italia, evidenzia però una sorta di digital divide tra i comportamenti dei consumatori, quelli interni alle organizzazioni e i comportamenti nella relazione di filiera. L’elenco è impietoso. «Account manager della produzione che consegnano la scheda prodotto ai buyer che manualmente la fanno caricare sulla anagrafica del loro sistema. I dati così caricati sono diversi da quelli comunicati, non vengono aggiornati. I dati di sell out raccolti alle casse rimangono sui sistemi dei distributori e non alimentano sistemi previsionali condivisi. L’ottimizzazione della supply chain si ferma all’uscita dei pallet dalle bocche di carico. E nel caso migliore si opera con scambi EDI che utilizzano protocolli e standard di trent’anni fa, non solo in Italia. Tutto ciò ci allontana dai bisogni del consumatore e mette a rischio l’intera filiera».

Immagino rappresenta un balzo in avanti perché le informazioni in etichetta sono diventate utilizzabili da tutti e le immagini hanno avuto una adeguata rappresentazione digitale e sono diventate condivise. «È un progetto unico al mondo che ha messo assieme gli interessi di produttori e distributori», sottolinea Parisini, che prosegue: «L’utilizzo di Immagino può avere anche dei ritorni inaspettati. Ha permesso alla nostra azienda di ricostruire il portale interno dei prodotti, aggiornando immagini e dati in modo efficiente, di ottenere dai dati validati le informazioni e le immagini a completamento del catalogo, e infine, combinando i dati esistenti sui sistemi ERP e quelli provenienti dalla rilevazione di immagino di ottenere una scheda prodotto completa di tutte le informazioni».

Il collegamento tra Immagino e Allineo è immediato: sono due servizi che si completano. Certo le differenze in termini gestionali e organizzativi esistono: tanto Immagino è semplice e non mette alla prova i dati e i processi aziendali, quanto Allineo è più complesso e richiede da parte del produttore un lavoro di riorganizzazione di tutte le informazioni di prodotto. Si chiama in gergo master data management e ha il pregio di scandire lo stato delle informazioni di prodotto. Ma mentre il primo ha (per ora) una valenza nazionale, il secondo garantisce ai produttori l’uso dei dati e l’integrazione con i clienti anche sui mercati esteri. Anzi, nello scenario internazionale aumenta ogni giorno la richiesta dei retailer di avere un catalogo elettronico aggiornato e standard (GS1-GDSN).

«In un processo di filiera sempre più integrata, in una dinamica di mercato/prodotto accelerata, non v’è alcun dubbio sulla necessità di condividere i dati anagrafici dei prodotti tra industria e distribuzione» riprende il manager. «I data-crunch parlano chiaro: le informazioni sono disallineate e questo comporta costi importanti e inefficienze nella filiera. Il nuovo business è digitale e anche per le aziende più tradizionali le informazioni pronte e utilizzabili in forma digitale sono un asset non più differibile. Per questo motivo produttori e distributori devono meglio organizzare i loro processi per produrre e utilizzare efficacemente i dati che in queste modalità si formeranno.  Anche questi dati entrano nel sistema competitivo. Ma tutto questo è un processo, non è “il lavoro di un giorno”. Anche se il nostro è un settore pigro, non dobbiamo attendere un’altra legge che ci obblighi a fare le cose», conclude Parisini.

Un impegno di filiera

Come estendere a tutte le aziende i benefici del data management? GS1 Italy lancia il Piano per l’attuazione della qualità dei dati (PAQ). «È un programma per sviluppare la cultura dei dati all’interno delle aziende», spiega Aceto. «L’attuazione prevede un percorso per la data governance, la validazione sulla qualità dei dati da condividere e un percorso formativo. Pensiamo infatti che sia fondamentale aiutare le aziende a formare una figura di data steward che, per le implicazioni viste, si occupi di far convergere le informazioni presenti in azienda, farle utilizzare, tenerle aggiornate.PAQ_GS1Italy.png

Contestualmente Giorgio Santambrogio, presidente ADM -Associazione della distribuzione moderna, annuncia l’impegno di tutte le imprese della distribuzione ad adottare entro il primo gennaio 2019 gli standard GDSN Allineo e, chiamando alla condivisione di responsabilità anche l’industria, fissa al primo gennaio 2020 l’adozione di Allineo per il sistema del largo consumo italiano.

Il marketing delle etichette

La relazione con il consumatore richiede però di poter leggere i consumi con nuove lenti, di entrare nel dettaglio per appropriarsi dell’informazione, capire qual è la fruizione dei prodotti. Proprio sulla scorta dei dati raccolti con Immagino è nato l’Osservatorio Immagino (oggi giunto alla terza edizione) che, con cadenza semestrale, offre un modo nuovo di misurare i consumi. Spiega infatti Marco Cuppini, research & communication director GS1 Italy: «Le etichette sono diventate dei media e il consumatore ha fame di buone informazioni. Noi come GS1 Italy ci siamo trasformati e oggi catturiamo le informazioni con Immagino e le utilizziamo per leggere i cambiamenti dei fenomeni di consumo. Grazie ai dati di Immagino incrociati con le rilevazioni Nielsen sui dati di vendita, sui consumatori e sulla fruizione dei media, oggi siamo in grado di misurare il rapporto tra informazione ricercata e risultati di mercato». L’analisi si basa su numeri importanti: oltre 100 informazioni di etichetta per ciascun degli 84.450 prodotti di largo consumo analizzati, per un valore di 34,4 miliardi di euro di vendite pari all’80% del giro d’affari complessivo annuo sviluppato dal largo consumo in ipermercati e supermercati di tutta Italia.

«In queste prime tre edizioni dell’Osservatorio Immagino abbiamo verificato che certi fenomeni succedono davvero: i prodotti senza qualcosa, quelli arricchiti, quelli legati al lifestyle, il biologico e il vegan, i superfood sono determinati e quantificati grazie a un patrimonio informativo solido e cresciuto nel tempo e al fatto che l’analisi non è fatta per categorie merceologiche ma è cross category, in base ai claim e alle definizioni sull’etichetta. Abbiamo rilevato alcuni fenomeni come il fatto che i prodotti senza glutine, in un paese con 600 mila celiaci ufficialmente contati, sono acquistati da 6 milioni di clienti. Perché? Perché le nuove generazioni, forse, sono più attente alle diete, al benessere, alle istanze ambientali. Ma siamo anche coscienti che in un contesto liquido tutto cambia molto in fretta e quindi il consiglio che possiamo dare alle aziende è di stare attente all’overbooking: non bastano i claim per fare branding, occorre raccontare se stesse e differenziarsi».

Il sistema non può attendere

«Su tutti questi temi è arrivato però il tempo di accelerare, perché il mondo corre velocissimo e noi possiamo e dobbiamo rimanere competitivi», tira le somme Frausin. «Poiché i consumatori richiedono e si affidano ad informazioni accurate, dai dati transazionali ai dati aggregati, la qualità dei dati è diventata un vantaggio strategico, che influenza le decisioni di acquisto e la fedeltà al brand. Sono quattro i concetti chiave da ritenere.

  1. L’informazione oggi è un asset e come tale deve essere vista e gestita.
  2. La governance dei dati è un processo di business, non un progetto!
  3. La governance dei dati è una responsabilità condivisa e non di appannaggio del responsabile dell’IT aziendale.
  4. La qualità dei dati è ottenuta applicando processi gestionali, metodi, strumenti e buone pratiche.

Come GS1 Italy con il Piano per l’attuazione della qualità dei dati affiancheremo le aziende anche con azioni di formazione. Ora l’invito a tutte le aziende è di attivarsi», conclude Frausin.

A cura di Fabrizio Gomarasca