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Unified commerce, il nuovo paradigma della relazione con il consumatore

L’e-commerce è costituito dai negozi. Questa affermazione apparentemente paradossale, a significare il ruolo svolto dai punti vendita nella creazione dell’esperienza d’acquisto in un contesto di omnicanalità, è risuonata sul palco della recente edizione di Netcomm Forum, l’appuntamento clou della riflessione collettiva sullo stato di fatto e le sorti future della trasformazione digitale nel nostro paese. E parliamo di trasformazione digitale perché più estensivo del solo e-commerce, i cui acquisti veleggiano pure, secondo le prime evidenze 2017 dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, verso i 23,1 miliardi di euro con un incremento pari a oltre 3,2 miliardi di euro rispetto al 2016 (+16%), per i tre quarti da siti operativi in Italia e per un quarto da siti stranieri.

Prodotti e servizi alla pari

I temi dell’omnicanalità, del consumatore sempre connesso, dello smartphone come cerniera di congiunzione consolidata dell’online e dell’offline sono stati quindi il filo rosso di questa edizione di Netcomm Forum, mettendo dei punti fermi e indicando anche le innovazioni (alcune forse un po’ esasperate) che nei prossime due-tre anni cambieranno il modo di interagire con le tecnologie digitali: la realtà virtuale e la realtà aumentata per una esperienza d’acquisto più immersiva, l’uso della voce supportata dall’intelligenza artificiale, i chat bots, vale a dire gli interlocutori virtuali. Ma segnalando anche i punti deboli. Due su tutti. Il numero ancora relativamente esiguo di aziende che hanno intrapreso la strada dell’e-commerce, circa 50 mila contro un milione in Europa, oltre a sottorappresentare il fenomeno, solleva un tema di politica industriale e di ritardo rispetto al sistema competitivo europeo. Il secondo è il sostanziale disinteresse delle imprese italiane al quadro regolamentare e normativo europeo, elemento importante per l’evoluzione delle imprese, sullo stesso livello del consumatore digitale, dell’evoluzione tecnologica e del contesto competitivo.

Come dicevamo, le previsioni indicano che la marcia dell’e-commerce ha accelerato il passo. Tra le evidenze emerse per il 2017, alcune sono significative: per la prima volta si prevede che a fine anno i prodotti (con acquisti in crescita del 25%) e i servizi (+8%) avranno lo stesso peso sugli acquisti complessivi; il peso dell’e-commerce sul totale acquisti retail degli italiani raggiungerà il 5,6%. Il food&grocery è il comparto più performante, con una crescita del 37% (ma con un peso sul totale retail dello 0,5%), insieme con l’arredamento (+27%) e l’informatica ed elettronica (+26%).

Fig. 1 – La domanda e-commerce per comparto merceologico

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Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano

Nel segno dello smartphone

Già ora, secondo i dati di un’altra ricerca (Net Retail, elaborata da Human Highway per Netcomm), nel primo trimestre del 2017 i consumatori italiani che hanno acquistato online sono passati dai 20,6 milioni dello scorso dicembre a 20,9 milioni, con una percentuale del 50% di famiglie italiane (pari a 12,2 milioni, in crescita del 28%) che ha adottato lo shopping digitale come modalità di routine quotidiana. Ma non bisogna sottovalutare quei più di 10 milioni di persone, utenti regolari di internet, che non acquistano online.

Un fenomeno ormai consolidato è l’utilizzo dello smartphone per gli acquisti. Secondo l’Osservatorio Necomm-Politecnico, l’e-commerce da smartphone passa nel 2017 da 3,5 miliardi di euro a 5,3, con una crescita del 52% e quello in mobilità arriva a 7 miliardi con i tablet, cioè quasi un terzo dell’intero mercato e-commerce italiano. E Net Retail aggiunge che un acquisto su quattro è fatto con un dispositivo mobile e che gli acquirenti multidevice hanno una frequenza d’acquisto più elevata con un impatto positivo sui volumi di vendita e sulle imprese.

Fig. 2 - I compratori multidevice acquistano più frequentemente

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Fonte: Net Retail, una ricerca Human Highway per Netcomm, marzo 2017

«Il digitale – commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm – non è più il futuro ma intride moltissimi aspetti della vita quotidiana del consumatore. Basti pensare che nel 2016 sono stati acquistati nel mondo beni e servizi online per circa 2.600 miliardi di euro, registrando una crescita del 17% rispetto al 2015 e i consumatori che acquistano online hanno raggiunto la quota di 1,4 miliardi. In questo contesto in continua evoluzione la chiave del successo competitivo è creare un’esperienza di unified commerce dove online e offline e i diversi dispositivi si mescolano in un nuovo ecosistema esperienziale».

Dalle imprese risposte inadeguate

Se i compratori multidevice sono anche multicanale, offline e online si stanno sempre più avvicinando, si stanno mescolando per offrire un servizio sempre migliore ai clienti digitalizzati. Sempre Net Retail, analizzando 249 insegne per complessivi 44.395 punti vendita ha rilevato che il numero di retailer attivi nell’e-commerce sta leggermente aumentando ed è passato dal 64,7% di un anno fa all’attuale 67,9% e che il 22,4% delle insegne (corrispondenti al 20,3% dei punti vendita) rende possibile il ritiro in negozio di un prodotto acquistato online. Solo il 4,6% dei punti vendita consente il ritiro dei prodotti prenotati online (operazione considerata lo stadio più avanzato nel lavoro di integrazione dei canali) e solo nell’11,1% di essi è possibile restituire un prodotto acquistato online. «Oggi l’imbuto dell’omnicanalità è molto stretto – considera Giacomo Fusina, curatore della ricerca Net Retail – e la crosscanalità è un problema di comprensione da parte delle imprese del retail. Siamo di fronte a una risposta del tutto inadeguata verso un terzo della popolazione italiana».

Infatti secondo la ricerca, l’indice di ibridazione dei canali, che descrive in modo sintetico lo stato di sviluppo del percorso verso l’integrazione della vendita a distanza con quella nei negozi fisici, è ancora molto basso, con l’elettronica (inclusi gli elettrodomestici) e media ed editoria più attenti degli altri settori.

Fig.  3 – Indice di ibridazione dei canali per le diverse categorie del retail

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Fonte: Net Retail, una ricerca Human Highway per Netcomm, marzo 2017

Anche per quanto riguarda le app, solo il 42,2% delle 249 insegne analizzate propone un’app per i dispositivi mobili dei propri clienti, ma solo uno su tre consente di fare acquisti on line. La caratteristica più diffusa tra le app è la possibilità di trovare i punti vendita sulla base di alcuni criteri di ricerca geografici o della propria posizione. Il 20,5% delle app offre servizi che si possono utilizzare in negozio in qualche fase dell’acquisto e il 13% delle app consente l’acquisto online dei prodotti dell’insegna. Solo alcune insegne però sono attente a collegare l’esperienza di acquisto online con quella fisica (per esempio integrando la possibilità di acquisto e di pagamento), a indicare l’esistenza di una strategia verso la cross-canalità.

Incrociando l’indice di utilizzo delle app con l’indice di ibridazione, è stata elaborata la mappa del Net Retail nella quale ciascuna categoria è rappresentata da una bolla di dimensione proporzionale al numero di insegne che ne fanno parte. In alto a destra si trovano le categorie per le quali gli score sono massimi. In alcuni casi (supermercati e lusso) si nota una maggiore maturità su solo uno dei due assi.

Fig. 4  – Mappa del Net Retail

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Fonte: Fonte: Net Retail, una ricerca Human Highway per Netcomm, marzo 2017

«Oggi  – afferma Liscia – che siamo entrati a tutti gli effetti nell’era dell’omnicanalità comincia una nuova fase che definisco di e-commerce conversazionale, in cui l’offerta di acquisto supera le suddivisioni tra fisico e virtuale. Il consumatore è alla ricerca di esperienze e di vissuto più che di acquisti e transazioni e le aziende hanno finalmente la possibilità di cambiare per sempre il loro rapporto con il cliente finale, evolvendo da un processo di vendita commerciale a una vera e propria conversazione che durerà nel tempo. Le imprese italiane che vogliono eccellere devono ripensare alla propria relazione con l’utente, offrendogli un’esperienza in cui è lui stesso il protagonista del processo decisionale».

Secondo Liscia sono cinque gli elementi chiave per competere nel nuovo paradigma economico del commercio digitale, caratterizzato da un contesto fluido e mutevole.

  • Orientamento. Le imprese devono fornire informazioni e contenuti per accompagnare i clienti nel percorso d’acquisto online e offline.
  • Selezione. Di fronte a un’offerta pressoché infinita vi è necessità di fornire supporto al consumatoe nell’individuare il prodotto più idoneo.
  • Pagamenti. Il consumatore vuole pagare in maniera istantanea, sempre e dovunque. Attualmente le nuove soluzioni sviluppate per il pagamento con lo smartphone raggiungono più o meno cinque punti vendita su mille e la Gdo appare la categoria più impermeabile alle novità dei nuovi sistemi di pagamento: nelle posizioni di vertice la penetrazione delle nuove soluzioni è cinque volte superiore.
  • Logistica. Il consumatore vuole avere i prodotti consegnati il più velocemente possibile senza problemi.
  • Customer care. Confronto, condivisione, scambio di esperienze è ciò che i consumatori apprezzano di più. Per le imprese si tratta di sviluppare strumenti per un’esperienza d’acquisto più duratura.

A cura di Fabrizio Gomarasca