consumi

Cosa fare se la crescita rallenta

l'opinione di

Francesco Daveri

Nel primo semestre 2016 i consumi rallentano, mentre prosegue l’aumento della produzione industriale. Per rilanciare subito la crescita si comincia riducendo il carico fiscale sui consumatori, non quello sulle imprese. E c’è da riaprire il cantiere delle riforme che servono. Completando la riforma della Pa

I consumi in rallentamento

In attesa di conoscere la stima del Pil del secondo trimestre, si accumulano segnali di rallentamento dell’economia italiana, soprattutto sul fronte dei consumi. Nei primi cinque mesi dell’anno le vendite al dettaglio sono cresciute solo dello 0,3% in valore e sono scese dello 0,2% in volume rispetto al 2015. Poiché lo stesso dato era un +0,7% in valore e in volume nei primi tre mesi dell’anno, se ne deduce che in aprile e maggio è arrivata una gelata dei consumi. L’andamento deludente dei consumi ha una spiegazione immediata: si chiama perdita di fiducia. Dopo aver raggiunto un valore massimo a fine 2015, l’indice di fiducia dei consumatori è crollato nei primi sei mesi del 2016, rimangiandosi tutto l’aumento dell’ultimo anno. Il calo ha controbilanciato in negativo la crescita del reddito disponibile dei primi mesi del 2016. Come mostra il grafico, la discesa della fiducia è avvenuta più o meno quando le borse mondiali sono cadute e l’entrata in vigore bail-in ha scoperchiato i problemi nascosti sotto il tappeto di grandi e piccole banche italiane. Ben prima che i sostenitori del “Leave” prevalessero nel referendum britannico di giugno.

Figura 1 – Fiducia di imprese e consumatori in calo dai massimi con l’inizio del 2016

Figura 1 – Fiducia di imprese e consumatori in calo dai massimi con l’inizio del 2016

La risicata ripresa delle imprese industriali

Dal lato delle imprese, le notizie sono più incoraggianti. Come indica il grafico, c’è un ridimensionamento nei valori dell’indice della fiducia. Ma sempre nei primi cinque mesi del 2016, la produzione industriale è ripartita, con un +1,2% rispetto agli stessi mesi del 2015. Come in tutte le riprese, è una ripartenza squilibrata tra settori industriali: mentre la produzione di beni strumentali (macchinari e mezzi di trasporto acquistati dalle imprese) sale del 4,6%, quella dei beni di consumo non durevoli è inchiodata a un impercettibile +0,1% rispetto agli stessi mesi del 2015.
Fatturati e ordini industriali in valore registrano invece tutti il segno meno. Il fatturato industriale (nazionale ed estero) è in calo di 1,4 punti percentuali. Gli ordinativi sono giù di 2,5 punti percentuali, con una riduzione più marcata per gli ordini nazionali (-3,3%) e più contenuta per quelli provenienti dall’estero (-1,1%). Il calo di fatturati e ordini in valore combina la marcata riduzione dei prezzi alla produzione (-3,4% sul totale dell’industria, la media tra -3,9 per i beni prodotti per il mercato interno e -1,6 per quelli prodotti per il mercato estero) e un piccolo aumento delle quantità. Per le imprese industriali si manifesta cioè l’effetto del calo dei prezzi delle materie prime sui bilanci: un segno meno su costi e prezzi di vendita e un segno più sulle quantità vendute.

Cosa fare se la crescita rallenta

I dati indicano consumatori sfiduciati e in affanno e imprese che proseguono una crescita risicata e da rilanciare in fretta.
I consumi si rafforzano con una più rapida crescita del reddito, al lordo e al netto delle tasse. La crescita del reddito lordo dipende da salari e occupazione. Ma la crescita dei salari è vincolata dalla dinamica della produttività che anche nel 2015 è rimasta ferma. E per un recupero più consistente delle ore lavorate il Jobs act – per quanto si possa ritenere fosse la cosa giusta da fare – non può fare miracoli senza un ritorno meno flebile della produzione industriale. L’aumento dei redditi lordi arriverà dopo, se l’economia riparte, ma non è da lì che si comincia per far ripartire i consumi.
Non rimane che aumentare il reddito netto dei consumatori a parità di reddito lordo, cioè tagliando nettamente le aliquote Irpef o – più fattibile – rivedendo il sistema delle detrazioni in modo da semplificare e ridurre il carico fiscale. Se il governo ha una carta da giocare nel bilancio 2017, meglio dunque che la usi nella riduzione del carico sui redditi da lavoro e non per una riduzione dell’Ires che – nell’attuale situazione di incertezza e di crescita anemica – sarebbe un regalo di profitti alle imprese con scarsi investimenti addizionali.
Per produrre risultati più rapidi conta però il recupero della fiducia. Fiducia che si potrebbe risollevare se il governo riaprisse il cantiere delle riforme del cui completamento si è persa traccia negli ultimi mesi. Scommetto che la combinazione del completamento della riforma Madia sulla dirigenza pubblica e delle misure sul pubblico impiego sulla fine del posto fisso e degli scatti automatici di stipendio (misure tante volte annunciate ma poco viste) cancellerebbe facilmente l’effetto di un’eventuale sconfitta in un referendum su riforme costituzionali che al più fanno solo qualche timido passo verso una migliore governance istituzionale. In ogni caso, senza l’uno-due di riforma fiscale e riapertura del cantiere delle riforme che servono, tra qualche mese potremmo ritrovarci a ripensare con rimpianto alla possibilità di una crescita 2016 dello 0,6-0,7% che sembrava pessimistica solo qualche mese fa.

(Tratto dal sito www.lavoce.info)