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Innovazione e “Contract Logistics”

l'opinione di

Silvio Beccia

Traendo spunto dall’incontro annuale sulla Contract Logistics al Politecnico di Milano, raccolgo qualche riflessione su innovazione e logistica di industria e distribuzione e relazioni con l’outsourcing.

Perché le aziende di Industria e di Distribuzione adottano l’outsourcing

Le decisioni di outsourcing maturano quando si riconoscono limitate condizioni interne di svolgere le attività a livello pari o superiore ad un’offerta esterna e bassi rischi all’esternalizzazione. Infatti l’offerta può avere vantaggi di scala e di scopo di vario genere che qui è inutile ricordare. Nella maggior parte dei casi in realtà, si pensi ai servizi di corriere espresso o di trasporto aereo nemmeno si ipotizza l’alternativa di produzione interna dei servizi. Per attività di logistica navale e ferroviaria esempi tuttavia esistono: naviglio e terminali specializzati per il settore oil & gas, ferrovie e terminali a servizio dell’industria mineraria. L’alternativa si pone in Europa in genere in una dimensione nazionale quando le risorse tecnologiche per la produzione del servizio (in genere ICT, spazi, mezzi di movimentazione e trasporto) sono accessibili senza macroscopici svantaggi rispetto agli operatori logistici. In tali casi i trade-off possono non essere ovvi, specie per soluzioni di outsourcing di servizi multipli con lo stesso outsourcee. Benefici immediati sono sempre richiesti, ma in realtà spesso i veri driver strategici sono variabilizzazione costi (impatto su KPIs quali fatturato e profitto per addetto, abbassamento di break even), riduzione immobilizzi (in spazi, attrezzature e tecnologie), accelerazione processi di cambiamento verso nuove configurazioni (per esempio acquisizioni, divisionalizzazioni, ristrutturazioni, nuovi applicativi ICT, ecc…).

Il trend di outsourcing è stato alimentato dalla dinamica di business che ha creato situazioni favorevoli nella domanda, ma anche dalla progressiva specializzazione e, in generale, qualificazione dell’offerta. Infatti la soddisfazione degli outsourcer si è rivelata a consuntivo ragionevolmente buona rispetto ad aspettative strategiche, performance operative e necessità di riadattamento nel tempo. Nei beni di consumo l’outsourcing è da tempo consolidato (circa 70% nella distribuzione, 80% nell’alimentare secco) e continua il trend di inclusione nel perimetro dell’outsourcing di nuovi contenuti (per esempio confezionamenti). Le esperienze di cambio di outsourcee, nei casi relativamente limitati in cui questo è stato necessario (outsourcing di seconda generazione), si sono dimostrate normalmente gestibili senza particolari problematicità. Ci sono state anche esperienze di back-sourcing, ma si è trattato di casi anche importanti che non contraddicono i trend complessivi.

La conclusione di questo primo punto è che l’outsourcing stesso rappresenta un processo innovativo al quale concorrono con peso diverso la Domanda e L’Offerta. Le motivazioni, anche se non tutte sempre reciprocamente trasparenti, sono fondamentalmente coerenti con i rispettivi business, soddisfacenti per le diverse parti e con creazione di valore per il sistema economico nel suo complesso. Il mercato dell’outsourcing ne ha tratto fin qui un contributo di crescita sostanziale che tuttavia appare complessivamente in rallentamento benché ancora lontano da saturazione.

Quali sono oggi le aree di innovazioni che si percepiscono come di maggiore potenziale

La logistica incide in modo diverso sul fatturato di industria e distribuzione in rapporto alle specificità merceologiche ed alle strategie di valore aggiunto delle singole imprese. Le oscillazioni sono però assai più contenute se si guarda alla filiera. Il settore dei beni di largo consumo è rilevante nel sistema economico e complessivamente monitorato molto meglio di altri settori. Il costo di “interfacciamento” tra industria e distribuzione, che qui si può considerare prossimo al costo logistico di filiera, fu inizialmente valutato da Ecr Europa per i “prodotti di marca” pari al 27% del prezzo al consumo finale. Circa 10 anni dopo l’incremento di efficienza conseguito in iniziative “Ecr”, venne stimato inferiore al 4%, ma ancora in proseguimento anche se con dinamiche forse in rallentamento.  Tuttavia i modelli più avanzati di collaborazione come CPFR (Collaborative Planning, Forecasting, and Replenishment) o il relativamente più semplice VMI (Vendor Managed Inventory) hanno ancora grande potenziale. Tali esempi di azioni “Ecr” sono quasi esclusivamente definite nel rapporto tra industria e distribuzione, con ruolo relativamente modesto – in genere di semplice esecuzione quando necessaria - dei fornitori di servizi logistici.

In parallelo a quanto sopra riassunto come “Ecr” e nello stesso alveo, GCI (Global Commerce Initiative) - poi confluita in CGF (Consumer Goods Forum) - disegnava avveniristici scenari di collaborazione di filiera estesi a tutti i canali. Le aspettative di miglioramento di performance sarebbero assai importanti con impatti su sistema di business, struttura del traffico merci e relativi servizi e infrastrutture. Tale evoluzione sarebbe pilotata da processi decisionali esterni all’industria dei servizi Logistici, ma non potrebbe avvenire senza altissimi livelli di outsourcing.

Specie in altri settori - elettronica, informatica ed abbigliamento - l’e-commerce B2C ha dimostrato capacità di innovazione con cambiamenti sostanziali nella catena del valore. Un’offerta di servizi almeno “sufficiente” è stata sempre una precondizione, benché gli operatori logistici non siano stati proattivi: l’e-commerce ha vent’anni mentre servizi logistici specializzati sono emersi solo in periodi relativamente recenti.

La conclusione di questo secondo punto è che la sostanziale innovazione nella catena del valore è determinata nei business degli outsourcer e che l’outsourcee ha un ruolo fondamentalmente esecutivo in quanto non ne controlla i driver. Il mercato dell’outsourcing ne beneficia, ma non sempre in modo diretto ed immediato (si veda l’esempio dell’e-commerce). In alcuni casi le trasformazioni richieste (si veda l’esempio di GCI/CGF) potrebbero implicare esigenze di ristrutturazione nell’Offerta. Questo però rimanda al punto della flessibilizzazione strutturale che – come ricordato nel punto precedente - è uno degli obiettivi degli outsourcer.

Quanto gli Operatori Logistici, stanno realizzando o pensano di realizzare

L’industria della Contract Logistics ovviamente ha proprie strategie di creazione del valore, non indipendenti da mercato di sbocco e di fornitura, ma che agiscono sui driver di cui ha maggiore controllo. Ciò è assai bene descritto dall’osservatorio che riassume in 4 categorie tali strategie: economie di scala, governo dei flussi, apprendimento, innovazione. In realtà, con maggiore semplicità lessicale, si possono considerare tutte innovative e non solo quanto indicato in modo più specifico come “innovazione”. In sostanza si tratta di fare “di più” e “meglio”, ma anche con nuovo/maggiore ruolo nella value chain. Questo sta lentamente avvenendo almeno ad opera dei player più grandi e qualificati ed in un contesto di crescente “legalità”.

In occasione dell’incontro, si è detto che i contratti, per ampiezza e durata, non incentivano investimenti. In effetti questo può essere vero in approcci esclusivamente “demand driven”. L’esperienza di innovazione “offer driven” nell’Industria dei servizi logistici è così rara che è persino difficile farne esempi. Un esempio esterno è l’alta velocità ferroviaria. La domanda potenziale infatti sarebbe rimasta inespressa senza una offerta coraggiosa che ha sviluppato il mercato e fatto emergere nuovi protagonisti. Un’area di opportunità di questo tipo per la logistica potrebbe essere nel (ri)lancio dei servizi intermodali. Certo la relativamente bassa profittabilità e l’entità degli investimenti per una innovazione “offer driven” sono difficoltà reali, ma qualche passo potrebbe essere significativo.

I limiti sono piuttosto nella percezione delle esigenze della domanda da parte degli operatori logistici attraverso interfacce nelle aziende clienti estranee alle decisioni strategiche e, in molte situazioni di outsourcing, ridimensionate a ruolo di semplici gestori del contratto di servizio. Lo sviluppo di competenze di ingegneria e di consulenza all’interno delle aziende di logistica è fondamentale per la proposta di contenuti innovativi e per il riposizionamento della relazione.

La conclusione di questo terzo punto è che certamente l’attività innovativa può contribuire alla crescita del mercato e alla sua profittabilità. In un mercato in cui la proposizione innovativa (ove riconoscibile) è limitata ai pochi maggiori protagonisti, questo elemento contribuisce maggiormente alla differenziazione tra gli operatori che ad una riconosciuta generale.