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L'era della disintermediazione

l'opinione di

Marco Cuppini

Se volessi spiegare ai miei figli di 11 e 15 anni il concetto di “disintermediazione” dovrei aiutarmi con alcuni esempi pratici che fanno parte della vita di tutti i giorni, anche la loro. Gli parlerei del modo di sentire la musica con Spotify (e gli direi che sono  fortunati perché io alla loro età con i pochi soldi a disposizione potevo comprare solo qualche disco attentamente selezionato, mentre oggi, con gli stessi soldi, hanno a disposizione TUTTA la musica). Gli farei notare che in edicola io non ci vado più da quando i giornali li leggo sull’iPad. E che alla loro età per vedere i cartoni animati aspettavo il sabato pomeriggio quando la televisione svizzera trasmetteva Scacciapensieri. Oggi ognuno di loro si costruisce con YouTube un personale palinsesto dove vedere quello che vuole, quando vuole. O gli parlerei di Tripadvisor: un enorme gruppo di persone che ti dice la sua e ti aiuta a scegliere un ristorante o un albergo. O gli farei vedere la App di Uber per prenotare una macchina in alternativa al taxi. O gli farei notare quante macchine bianche, rosse o azzurre girano oggi per Milano e che vanno sotto il nome di car sharing. O gli direi che a breve potranno ordinare un cheeseburger direttamente su uno schermo touchscreen, senza fare la coda davanti alla cassa del fast food. A questo punto l’undicenne mi farebbe altri esempi: le scarpe da basket (opportunamente personalizzate nei colori e nelle scritte preferite) comprate su Amazon a colpo sicuro dopo averle provate in negozio. E che la mamma tutte le settimane chiede a tutta la famiglia se serve qualcosa in casa, prima di fare la spesa comodamente seduta sul divano.

Certo le trasformazioni nel campo degli acquisti e dei consumi non sono solo queste, dettate da una tecnologia che corre più di noi cittadini/consumatori e molto di più di quanto le aziende riescano a stare al passo. In questi ultimi anni i consumi sono stati caratterizzati da parole come “risparmio, rinvio, rinuncia”. Questi anni che hanno segnato in maniera indelebile i nostri comportamenti. Un’espressione particolarmente evocativa sentita nel corso di un nostro recente convegno recita: «Le cicatrici della crisi sono diventate nuovi valori». Quanto di più vero; i bei tempi andati e felici (che qualcuno ancora si ostina a rimpiangere) non torneranno. O almeno non torneranno nello stesso modo. Siamo cambiati; sono cambiati i consumi; sono cambiati i modi di comunicare; sono cambiati i modi di fare impresa.

E questo avviene giorno per giorno, un pezzo alla volta. Un Anno di Tendenze cerca di cogliere i segnali di cambiamento, anche i più piccoli, allo stato nascente, di legarli con un filo conduttore, di fissarli per dar loro un senso, un significato e per orientare un senso, una direzione da prendere.

Marco Cuppini
direttore responsabile Tendenze online
twitter: @cupmar