04. Unità d’intenti cercasi

Cosa aiuterebbe concretamente l’industria alimentare italiana a internazionalizzarsi e a contrastare il fenomeno dell’Italian sounding? È la domanda che Ivo Ferrario, direttore comunicazione e relazioni esterne di Centromarca, ha posto agli ospiti della tavola rotonda. E da tutti è arrivato l’auspicio di una maggiore unità d’intenti.

Roma non vede

«Purtroppo c’è uno scollamento fra politici romani e realtà», ha constatato Paolo De Castro, presidente della Commissione per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo. «Se chiedessimo singolarmente ai membri delle Commissioni agricoltura di Camera e Senato cosa serve alle imprese italiane, ci parlerebbero di km zero, d’origine della materia prima, invece che di barriere tariffarie e non. E anche in Europa la nostra azione è spesso inefficace. Mentre infatti le rappresentanze d’altri paesi, che pure in casa si fanno la guerra fra loro, in Europa vanno con una voce sola, noi in sede Ue continuiamo a portare avanti posizioni differenti e perdiamo così regolarmente l’occasione di tutelare gl’interessi italiani».

Lotta alle barriere

«Le nostre imprese», ha detto Lisa Ferrarini, ad di Ferrarini e presidente di Assica, «non hanno problemi a prendere la valigia e ad andare in giro per il mondo. Occorre però che l’Italia ci metta nelle condizioni di poter esportare. Se cominciamo a livello romano a collegarci e a lavorare bene, credo che tanti problemi si potranno risolvere. Certo, sentir dire a De Castro che Roma non è collegata coi problemi del paese, mi crea un’ansia importante».

«Noi europei siamo degli intellettuali, dei buonisti. Apriamo le frontiere a tutti», s’è rammaricato Vito Gulli, presidente di Generale Conserve. «È incredibile vedere a quali pretesti invece s’attaccano i paesi extra Ue per ostacolare l’import di prodotti italiani».

Il Governo decida

«Rimango ottimista sul fatto che le eccellenze italiane sapranno trovare la via per affermarsi nel mondo», ha osservato Andrea Illy, presidente della Fondazione Altagamma e ceo di Illycaffè. «Ritengo però che sul tema della tutela del made in Italy la politica debba assumersi la responsabilità di prendere una posizione. La complessità di certe filiere e le posizioni diverse che sussistono al loro interno rendono molto difficile raggiungere una posizione di sintesi. Ne è un esempio lampante la normativa sul made in… che s’è talmente ingarbugliata da essere diventata indistricabile».

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