gs1 economia

Il valore condiviso: traino per far crescere l’Italia

l'opinione di

Stefano Agostini

Creare valore condiviso per far crescere l’Italia. È stato questo il tema affrontato nel corso di un convegno promosso da Sanpellegrino, durante il quale sono stati presentati i risultati di una ricerca condotta da Althesys, dalla quale emerge la necessità di ridisegnare i modelli economici, puntando sempre più su politiche orientate alla crescita e al contempo alla sostenibilità sociale.

Questo modello di analisi prende in considerazione il valore generato lungo l’intera filiera, in Italia, e le relative ricadute sull’economia del Paese, con benefici non solo per l’azienda, ma anche per le persone, l’economia, il territorio. In tal modo il valore creato nel 2012 in Italia da tutti gli attori della filiera di Sanpellegrino (fornitori, sistema logistico, canali distributivi) è stato calcolato in 1,1 miliardi di euro (di cui 258 milioni sono il contributo dell’export).

Abbiamo colto l’occasione per parlarne con Stefano Agostini, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino, con il quale abbiamo affrontato anche temi più generali. Perché il modello del valore condiviso può costituire la piattaforma sulla quale far partire la ripresa dell’economia e dei consumi. Ed è un tema cruciale sul quale GS1 Italy | Indicod-Ecr fonda le proprie attività a sostegno delle aziende del largo consumo.

Nel documento di sintesi della ricerca si crea uno stretto legame tra progresso economico e progresso sociale. I modelli del passato non funzionano più?

L’azienda deve essere vincente, performante, competitiva, deve generare profitto, ma nel medio-lungo termine questo non è più sufficiente perché sempre più spesso si viene valutati su aspetti che ricadono nell’ambito della responsabilità sociale dell’impresa. Abbiamo affidato a un partner esterno come Althesys il monitoraggio per comprendere qual è la generazione di valore nella nostra filiera. Ne sono usciti dei numeri interessanti, soprattutto per capire che cosa si può fare di meglio.

Perché proprio in questo momento si è sentita l’esigenza da parte di una grande impresa di indicare nella sostenibilità e nel valore condiviso di filiera la possibile direzione per la crescita del Paese? 

Il bello del valore condiviso è che non monitora solo le performance e il profitto dell’impresa, ma di tutta la filiera. Gran parte della produzione italiana viene esportata in giro per il mondo e questo genera valore per l’economia italiana. Tracciando la catena del valore dalle materie prime impiegate al punto vendita, abbiamo rilevato che il contributo della nostra filiera è di 1,1 miliardi di euro. Se come azienda decido una politica d’acquisti diversa, come si muove questo valore? Dove si trasferisce il beneficio economico? Ecco perché il modello del valore condiviso è importante anche a livello di politica industriale.

Spesso vengono prese decisioni che hanno un fondamento condivisibile, ma non guardano alla filiera nel suo complesso. Prendiamo l’esempio della questione relativa all’aumento al 20% della quantità di frutta nelle bibite. La motivazione per questo provvedimento è di aiutare i produttori di agrumi siciliani a vendere la loro frutta. In questo modo, però, si fa una forzatura sui produttori di bevande per cambiare la formula dei prodotti. Secondo noi la strada non è quella giusta. Se l’obiettivo iniziale è quello di nobilitare il prodotto, occorre lavorare nella filiera e con la filiera per evitare di portare ai consumatori un prodotto che non piace.  E il consumatore è il punto di partenza di Sanpellegrino come di altri produttori.

L’esercizio è importante, in tema di numeri espressi, se riguarda l’ecosistema di un’azienda, come è il caso di Sanpellegrino. È possibile estenderlo all’intero sistema del largo consumo? Sarebbe utile?

Credo che la cosa che normalmente aiuta a lavorare insieme quando ci sono competenze condivise sono le cose concrete. Come i saving comuni, il recupero di efficienza. Quello che manca è arrivare a tracciare quello che rimane al sistema Italia in termini di generazione di ricchezza. Le aziende hanno la capacità di leggere le proprie performance. Almeno fino a oggi. Manca la capacità di allargare l’area di analisi e di comunicare i risultati. La difficoltà è lavorare come sistema insieme. Vi sono alcune aree più semplici, a volte si riesce anche a lavorare con il distributore per trasferire maggiori informazioni al consumatore. Se si riuscisse a portare avanti un lavoro più strutturato si potrebbero ottenere maggiori sinergie.

Tutto sta nella nostra capacità di crescere per vendere di più in Italia e all’estero, generare reddito, dare margini ai distributori. Molto dipende da noi.

Al riguardo un tema del dibattito è se privilegiare le esportazioni oppure concentrarsi di più sulla ripresa dei consumi interni. Qual è il suo punto di vista?

Il nostro settore dà al sistema Italia il massimo. Tutto il mercato agroalimentare è una storia di successo, di prodotti di alta qualità riconosciuta in tutto il mondo. L’opportunità dell’export è importante. Il sistema Italia deve promuovere ogni singola azienda. Ma insieme dobbiamo fare più network per promuovere l’Italia come partner competitivo. Gli italiani, le imprese italiane singolarmente hanno guadagnato posizioni importante nei mercati internazionali. C’è però una debolezza a fare sistema. Se riusciamo a creare sinergie, possiamo accelerare la nostra marcia sui mercati internazionali.

Parimenti però per tutto il settore del largo consumo l’Italia è importante e qui la frammentazione è allo stesso tempo ricchezza e debolezza: ogni territorio ha prodotti, ricette, marchi locali. Una numerosità di prodotti che ne rappresenta la ricchezza, ma anche la debolezza. In particolare nei confronti delle istituzioni. Altri settori riescono a ottenere maggiore audience. L’agroalimentare e la distribuzione dal canto loro non possono delocalizzare. Eppure quando si parla di tassazione, non viene percepito come interlocutore attendibile: basta guardare all’Iva, che ha penalizzato il largo consumo.

Che cosa manca, o che cosa occorrerebbe, per far acquistare al largo consumo il ruolo di traino della ripresa in Italia?

Se ci sono cose concrete su cui lavorare, l’esercizio è vincente. Nelle scorse settimane in sede GS1 Italy I Indicod-Ecr sono stati presentati i risultati di un progetto di sinergia in area logistica che coinvolge industria e distribuzione, con una serie di casi per recuperare efficienza con importanti opportunità di saving. Saremo però noi, insieme, a dimostrare di avere la maturità di essere win/win senza tornare al braccio di ferro: se l’industria o la distribuzione premerà per ottenere il 100% dei vantaggi non avremo fatto passi avanti.

Solo 2-3 anni fa industria e distribuzione erano vicine alla rottura per voler fare prevalere priorità differenti. Poi quando il governo ha cominciato a trattare male sia l’industria sia la distribuzione, ci si è resi conto di essere sulla stessa barca, boicottati e attaccati da tutti. Dobbiamo farci trovare uniti con delle proposte concrete.

Abbiamo vissuto, stiamo ancora vivendo, anni di crisi, i consumi sono in continuo rallentamento, la disuguaglianza cresce, la povertà e la disoccupazione anche. Con effetti che dureranno nel tempo. Com'è il sistema dei consumi che questa crisi ci lascia? Con quali impatti per le imprese?

I consumi interni sono tornati a quelli del 1987 con livelli di produzione molto bassi. In questo contesto il calo dell’occupazione è stato necessario ma ora le aziende hanno capito che continuare in questa rincorsa all’indietro è un circolo vizioso. Occorre rilanciare l’innovazione, le motivazioni nelle organizzazioni, inserire i giovani nelle nostre imprese che nello scambio di esperienze tra generazioni, culture e generi possono trovare un fertilizzante potente.

Occorre lavorare sul livello di fiducia che sta risalendo, mettendo in moto l’occupazione e facendo ripartire la propensione alla spesa delle famiglie. Allora l’economia può ripartire.

Quale ruolo vede per le rappresentanze delle imprese e della filiera in questo processo di interazione tra gli interessi del business e quelli della società?

Avrei piacere di vedere in futuro governi che considerino adeguatamente la rappresentanza di questo mondo che non viene considerato. Nel breve sarà difficile, perché non siamo stati in grado di rappresentare case history adeguate.

Se GS1 Italy | Indicod-Ecr, dove industria e distribuzione lavorano con proposte a vantaggio dei consumi e dei consumatori, venisse riconosciuto come tavolo di lavoro, se potessimo portare avanti proposte come interlocutore riconosciuto, molte cose potrebbero essere affrontate con maggiore consapevolezza. Dobbiamo avere la consapevolezza che è necessario lavorare insieme. Nei fatti, però, non l’abbiamo ancora dimostrato.

Intervista realizzata da Fabrizio Gomarasca