consumi

01. Le misure per cominciare a fare

Soltanto accelerando il processo di rinnovamento interno, di sperimentazione di nuovi modelli di business, improntati all’efficienza e alla sostenibilità, e facendo innovazione vera di prodotto, le imprese riusciranno a intercettare la domanda degli italiani e a tornare a crescere.

«Italiani», ha sottolineato Alberto Zunino, partner & managing director di The Boston Consulting Group, «che la lunga crisi ha reso più poveri, ma non per questo meno esigenti. Non avendo aspettative di recuperare capacità di spesa nel prossimo futuro, il 71% dei nostri concittadini ha adottato comportamenti di consumo più razionali, ha riscoperto valori come il risparmio, l’ambiente, la stabilità, il value for money, il non spreco».

La sfida che imprenditori e manager della filiera delle FMCG devono saper cogliere oggi è insomma la stessa lanciata da Thomas Edison, fondatore di General Electric, alla fine del XIX secolo: trovare il modo, ciascuno nel suo ramo d’attività, di fare le cose meglio.

Proporre prodotti con un mix ideale fra performance, qualità, prezzo, design, durevolezza, capacità d’emozionare è insomma un must per soddisfare un consumatore italiano che, come ha testimoniato Massimiliano Dona, segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori, oggi non cerca più soltanto di risparmiare, d’evitare di comprare a prezzo pieno, d’approfittare delle promozioni, ma è diventato più attento a quello che riceve in cambio del suo denaro. «Ben vengano», ha detto Dona, «strategie no frills che fanno sì che il cliente non sia vittima di un’eccessiva aggressività del marketing né di un’eccessiva trascuratezza del servizio».

Resta il problema di far ripartire la domanda interna. Ma come? Ridando potere d’acquisto ai consumatori o sostenendo le imprese? Su questo punto le ricette di Federdistribuzione e di Centromarca appaiono diverse.

Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, propende per rimettere i soldi nelle tasche degli italiani e si dichiara favorevole alla proposta dell’economista Yoram Gudgtel di una riduzione dell’imposizione fiscale per quei 20 milioni di italiani che hanno redditi inferiori ai 20 mila euro. Cobolli abbinerebbe questa misura con un efficientamento del terziario. «Si tradurrebbe in sensibili risparmi per i cittadini», assicura il presidente di Federdistribuzione, «e aiuterebbe quei 10 milioni di persone che, non pagando le tasse perché hanno redditi molto bassi, non avranno beneficiato della riduzione della prima aliquota Irpef. Queste due misure innescherebbero una ripresa dei consumi, di cui le industrie potrebbero a loro volta avvantaggiarsi».

Giorgina Gallo, vice presidente di Centromarca e presidente e amministratore delegato di L’Oreal Italia, ritiene invece prioritarie forme di sostegno alle imprese come, per esempio, la riduzione del cuneo fiscale. «È un modo», ha sottolineato Gallo, «per restituire alle aziende delle risorse che possano reinvestire nella produzione e in pubblicità, due tipi d’investimenti che fanno ripartire la crescita. In assenza di prospettive di sviluppo, d’altronde, le imprese non assumeranno».

Sia Federdistribuzione che Centromarca si trovano però d’accordo sulla necessità di liberalizzazioni più decise ed estese, di favorire la concorrenza in settori tuttora protetti come l’energia e i trasporti. E se Cobolli Gigli auspica anche un recupero della produttività, considerato che «il 90% del nostro valore aggiunto è assorbito dagli stipendi dei nostri addetti», Gallo invoca una spending review nella pubblica amministrazione, cui pure il governo Monti aveva lavorato, ma che è rimasta sostanzialmente lettera morta. I tagli della spesa pubblica, insieme alle liberalizzazioni ancora da completare libererebbero 23 miliardi di euro, che tornerebbero nelle disponibilità delle sempre più smunte tasche delle famiglie italiane.