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Bilanci familiari alla resa dei conti

Il presidente di Centromarca Luigi Bordoni, appena riconfermato, snocciola i dati della Caporetto dell’economia introducendo il convegno di presentazione della ricerca (S)bilancio di famiglia condotta in collaborazione con Famiglia Cristiana da Ref Ricerche: alimentari e bevande nel primo semestre meno 4,5%, pasti fuori casa meno 3,9%, abbigliamento e calzature meno 7,2%, mentre arredamento ed elettrodomestici hanno registrato una contrazione di oltre il 10%. Nel complesso l’andamento dei consumi essenziali ha visto una flessione del 5% sul 2011, un periodo già di stagnazione.

In compenso, sottolinea Bordoni «i costi di energia, gas, acqua, finanza, assicurazioni, benzina e trasporto pubblico continuano ad assorbire quote spropositate del reddito delle famiglie e delle imprese», queste ultime costrette a fare «dolorosamente efficienza».

Sui bilanci delle famiglie, in sostanza, come ha evidenziato Fedele De Novellis di Ref Ricerche, si scarica il peso del secondo round della crisi, quello targato 2011-2012.

Se infatti gli effetti del primo round della crisi, tra il 2008 e il 2010, sono stati assorbiti dai produttori di materie prime, dai bilanci pubblici con la discesa del saldo di bilancio, dalle imprese che hanno lasciato sul terreno parte del margine operativo lordo, dalle famiglie che hanno, quando hanno potuto, attingere ai risparmi, nel 2011 e ancora di più nel 2012 la pressione si scarica tutta sulle famiglie, che «soffrono non solo per la crisi di oggi, ma anche per il deterioramento dell’economia cominciato nel 2008 e che oggi si concretizza nel rialzo dei prezzi delle materie prime, nella necessità di raddrizzare i conti pubblici, nella ristrutturazione dei bilanci delle imprese, i cui margini sono ormai stabilizzati sui minimi», sintetizza De Novellis.

Così il reddito disponibile pro capite degli italiani è in caduta libera dal 2008 e la pressione fiscale è in crescita dal 2006, tanto che Ref Ricerche stima in 105 miliardi di € l’impatto delle misure di bilancio per il 2012-2014 che trasferiscono di fatto la crisi sulle famiglie, tra blocco dei salari dei dipendenti pubblici, Imu, tagli alle pensioni, aumento delle accise suo carburanti, aumento dell’iva.

Un altro indicatore segnalato da De Novellis riguarda l’inflazione pagata dalle famiglie, come risultato di un sistema produttivo interno che non produce più inflazione, mentre quella al lordo dell’Iva e importata continua ad aumentare. Il risultato è che da tre anni i salari reali scendono.

«Il 2012 è il momento finale della crisi perché è maturata la consapevolezza che il reddito si è modificato in negativo e le aspettative non sono positive», sottolinea De Novellis, richiamando il crollo del clima di fiducia e l’aumento delle attese sulla disoccupazione. Così i consumi delle famiglie in un anno sono crollati e, paradossalmente, sta aumentando la propensione al risparmio, che peraltro è arrivata al livello più basso degli ultimi dieci anni. «Le famiglie con reddito inferiore – spiega De Novellis – hanno una struttura dei consumi più povera e, soprattutto non hanno o hanno poche riserve finanziarie cui attingere. E quindi riducono anche i consumi alimentari. Ed è la prima volta che succede. Chi invece ha attinto negli anni precedenti ai risparmi, ora sta cercando di ricostituirli proprio per il venire meno di aspettative positive».

Uno sguardo al mercato del lavoro consente di chiarire questo doppio binario. Perché si sta registrando un aumento del tasso di disoccupazione, ma contemporaneamente è in crescita il numero di chi ricerca lavoro. Secondo Ref Ricerche si tratta di lavoratori aggiuntivi: «quando diventa precario il reddito del capofamiglia, allora tutti i componenti si danno da fare per trovare un’occupazione. E sono le stesse persone che in precedenza erano disoccupate e scoraggiate. Ma il dato che deve far riflettere è che nell’ormai multiforme mercato del lavoro, tra cassintegrati, chi fa part time involontariamente, disoccupati e scoraggiati, sono ormai 5,6 milioni le persone che hanno difficoltà nel mercato del lavoro». Una situazione particolarmente grave per i giovani 25-34enni e per le donne, soprattutto al Sud.

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A cura di Fabrizio Gomarasca