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02. Strategie ad hoc per l’Europa e i paesi Brics

In occasione della presentazione del terzo Rapporto GDA di SimphonyIRI, Luca Pellegrini, presidente di TradeLab, ha scandagliato le esperienze dei retailer stranieri sullo scenario mondiale con l’obiettivo di fornire alle imprese italiane qualche utile spunto.

Dalle esperienze dei retailer stranieri operanti sullo scenario mondiale quali spunti possono ricavare le imprese italiane?

Per rispondere a questa domanda, Luca Pellegrini, presidente di TradeLab parte dalla disanima della classifica dei fatturati (in euro al cambio medio del 2011) dei principali retailer esteri, che vede Wal-Mart alla sommità con 318,9 miliardi di euro di giro d’affari. Molto distaccati: Carrefour con un fatturato di 83,3 miliardi, a fronte del deconsolidamento del fatturato Dia, e Tesco con 74,4 miliardi di giro d’affari. «Se tenessimo conto del cambio di oggi», averte Pellegrini, «dovremmo però incrementare di un 10% il giro d’affari di Wal-Mart e anteporre Tesco a Carrefour. E, se avessimo consolidato in Casino il fatturato di Pão de Açúcar, la catena si troverebbe ora al decimo posto, invece che al diciassettesimo».

Pellegrini inoltre evidenzia che, quanto a tasso di crescita, la classifica è guidata dal discounter Lidl, seguito da Casino, grazie alle acquisizioni effettuate, da Tesco, cresciuto attraverso nuove iniziative internazionali, da Costco, cresciuto sul mercato domestico, e ancora da Intermarché. E che invece la classifica dei gruppi più internazionalizzati vede al vertice l’olandese Ahold, seguito da Metro, Lidl, Carrefour, Aldi, Auchan, Casino e Tesco. «Non meraviglia», ha detto Pellegrini, «che i più internazionalizzati siano i retailer originari di paesi di piccole dimensioni e che hanno dovuto affrontare fin da subito l’espansione al di fuori dei confini nazionali per poter crescere. E che invece le catene americane Seven Eleven, Wal-Mart e Costco occupino posizioni di secondo piano».

Lo scenario competitivo nei paesi Brics

Analizzando il panorama distributivo nei paesi Brics, quelli a maggior tasso di crescita, Pellegrini ha messo in risalto il fatto che in Brasile, uno dei più grandi mercati mondiali per il largo consumo, la partita si stia definendo. Al primo posto c’è la catena locale Pão de Açúcar, con una quota di mercato del 17,9%, retailer che entro fine 2012 sarà assorbito da Casino (il gruppo francese ha esercitato l’opzione concordata con l’azionista di riferimento Abílio dos Santos Diniz). Alle sue spalle Carrefour (14,4% di share) e Wal-Mart (11,1%).

Un altro paese in cui i grandi retailer globali si sono già schierati è la Cina, dove le vendite al dettaglio sono cresciute a tassi del 14, 15 e 18,5% nell’utimo triennio e sono previste ancora in crescita del 10% quest’anno. Qui accanto al player asiatico (di Taiwan) Rt Mart, si sono già ritagliati uno spazio Carrefour, Wal-Mart, Tesco e Auchan.

Auchan è il retailer europeo meglio posizionato in Russia: è leader incontrastato nel canale ipermercati, con una quota di mercato del 34,1%, seguito da player locali fra cui O’Key, Carousel, Lenta e X5. Player locali che occupano le prime posizioni nel canale supermercati.

L’americana Wal-Mart ha intanto messo piede in Sud Africa, acquisendo la catena locale Mass Mart, che presidia anche altri 13 paesi africani.

I retailer globali Metro, Wal-Mart, Tesco e Carrefour hanno messo un piede in India ma in questo paese possono operare soltanto come grossisti per vincoli normativi. Qui il mercato è superframmentato: la distribuzione moderna è accreditata di una quota di appena l’8% e i player principali sono società conglomerate come Tata e Reliance.

Come cambia il mercato francese

Passando dai Brics ai paesi del vecchio continente, Pellegrini richiama l’attenzione sulla necessità di fare un lavoro di fino per poter conquistare spazi di mercato in un’Europa dove la crescita è assai contenuta. In Francia le migliori performance le stanno mettendo a segno Leclerc e Intermarché, due gruppi d’acquisto che, anno dopo anno, stanno accorciando le distanze dal colosso privato Carrefour.

Nella patria degli ipermercati la rete dei negozi di vicinato ha ancora un ruolo determinante. I supermercati, esattamente come avviene in Italia, tengono meglio botta rispetto alle grandi superfici. «Seppure gli ipermercati mettano a segno una crescita delle vendite a valore del 4,6% nel 2011 sul 2010, superiore quindi a quella dei supermercati che si fermano al +3,4%», afferma Pellegrini, «se guardiamo alla produttività a rete omogenea gli ipermercati sono in campo negativo con un -1,3%, mentre i supermercati restano stabili».

Un altro fenomeno da considerare è il fatto che in Francia i gruppi privati non hanno mai smesso di presidiare il canale prossimità. E lo fanno prevalentemente tramite la formula del franchising. Sono oltre 3.200 i negozi affiliati a Carrefour e più di 6.600 quelli affiliati a Casino. Sulla scorta dell’esperienza in Francia, la filiale italiana di Auchan sta puntando molto sul franchising Simply. «Per queste imprese», puntualizza Pellegrini, «fare franchising è un po’ come un ritorno al passato, a svolgere il ruolo del grossista. Nel franchising gestiscono tutte le funzioni a monte, lasciando agli imprenditori partner, più agili e sensibili alle specificità territoriali, il compito di muoversi sul mercato».

Spagna: Mercadona in consolidamento

Del mercato spagnolo Pellegrini sottolinea la struttura tuttora poco concentrata: i primi sei player controllano il 49,1% di quota. E il forte distacco che separa il leader Mercadona, con il 19,8% di share, dai diretti inseguitori, col 7-8% di quota. Stiamo parlando di Carrefour e Dia (in passato un tutt’uno) e di Erosky. «Qualora la situazione economica dovesse deteriorarsi ulteriormente in Italia», segnala Pellegrini, «il nostro mercato potrebbe finire per assomigliare a quello spagnolo».

Germania: a tutta prossimità

Molto più concentrato risulta invece lo scenario competitivo della Germania, dove i primi cinque player hanno una quota dell’86,3%. Qui Edeka e Rewe sono nettamente in testa, rispettivamente con il 24,8 e il 20,8% di share, seguite da Metro (14,9%) e dai discounter: Lidl e Aldi che non vanno oltre il 14% di quota ciascuno. Va comunque riconosciuto che i discount, format tipicamente di vicinato, in questo paese sviluppano vendite per 62 miliardi di euro, dieci volte tanto il giro d’affari totalizzato dal canale in Italia. E che un altro concept di vicinato è stato concepito ed è in fase d’ulteriore sviluppo in questo paese: i drugstore.

Regno Unito: dietro a Tesco un mercato a clessidra

Altrettanto concentrato il mercato britannico, dove i primi cinque player hanno l’82,3% di share. Qui prevale nettamente Tesco, con una quota del 30,2%, seguito dal gruppo Asda, in leggera flessione al 17,9% (compresi i discount Netto), da Sainsbury’s e Morrison stabili rispettivamente al 16,6 e al 12,3% di quota, e dalle Coop, in progressivo arretramento dal 6,9% del 2010 al 6,5% del 2011.

«L’aspetto più interessante della distribuzione nel Regno Unito», spiega Pellegrini, «è la contemporanea crescita, da un lato, di Waitrose, il sesto player con una quota del 4,4% e che si contraddistingue per un’offerta di fascia qualitativamente elevata. E, dall’altro, di Aldi e Lidl, pure in un mercato dove i player della gd sono riusciti a contrastare l’affermazione dei discount, arginando l’emorragia di clientela verso il format conveniente per antonomasia a suon di private label di primo prezzo. Un andamento a clessidra, quello del mercato britannico, che è riprova della complessità dei mercati europei».

Le strategie vincenti

Se dunque nei paesi Brics in rapida crescita i retailer globali hanno buone chance di mettere in campo strategie molto simili a quelle che 30 anni fa hanno garantito loro d’affermarsi sui mercati occidentali, in Europa il discorso è completamente diverso.

«Nel vecchio continente », secondo Pellegrini «l’evoluzione è molto più lenta. C’è una maggiore stabilità dei principali gruppi nei singoli paesi. In Europa non si può dunque evitare d’affrontare il discorso della prossimità. I negozi di vicinato reggono bene ovunque, ma per poter avere successo devono essere pensati con grande precisione, partendo da un’analisi approfondita dei territori e delle comunità cui si rivolgono».

I gruppi distributivi europei, insomma, sono chiamati a intraprendere un nuovo percorso, abbandonando le strategie di standardizzazione del passato. Questo sforzo, in prospettiva, li ripagherà. Col passare del tempo i consumatori dei paesi Brics diverranno più esigenti, e i nostri retailer avranno le soluzioni adatte a venire loro incontro.

A cura di Luisa Contri