distribuzione

Alla ricerca del formato vincente

Riflessioni ad ampio spettro su struttura distributiva, consumi, competitività alla terza edizione di Big & Small - Le forme del commercio e del marketing di filiera.
A far da sfondo alla discussione i dati, che per la prima volta registrano un calo del numero dei punti vendita della grande distribuzione: erano 29.482 nel 2010, sono 29.011 oggi. A soffrire di più è l'ipermercato, che negli ultimi dieci anni è passato da una quota del 19,5% al 19%, mentre i pdv di medie dimensioni crescono dal 20,5% al 27,3%. Ma all'interno di questi due estremi vi è l'apparire di quelli che Daniele Tirelli (Popai) ha definito come mini killer, specialisti di food & drugs, di biologico e di etnico. Ed entrando nel merito, Marco Cuppini (Indicod- Ecr) ha evidenziato come a fronte di un settore non food che ha rappresentato il 50% delle vendite totali, nel fatturato di un ipermercato il non food rappresenta solo il 27%.
C'è di che riflettere per le imprese della Grande distribuzione. «La competitività di prezzo e le promozioni - analizza Camillo De Berardinis, presidente di Adm - erano i jolly degli ipermercati ma ora non valgono più.

La marca commerciale sta erodendo quote anche alla marca industriale: il consumatore vuole risparmiare, cerca il giusto rapporto qualità-prezzo. Esistono poi molte differenze. Quelle tra Nord e Sud, per esempio: nel Sud il discount è più diffuso del formato supermercato. E nei centri urbani, c'è maggior espansione degli store medio-piccoli, di vicinato. Poi c'è il fenomeno dei category killer, le grandi superfici specializzate come Trony che si stanno espandendo sempre più, impoverendo il carrello e stravolgendo anche l’assetto urbano e della circolazione. Sono tutte sfide con cui occorre misurarsi».

Formule e consumatori

Come? Innovando nei formati, per esempio. Come hanno fatto i retailer francesi con la formula Drive, che comincia a essere importata anche in Italia: si ordina via internet e si ritira direttamente al supermercato di competenza. Ma anche comprendendo i desideri del cliente, che in grande distribuzione vuole trovare rapidamente quello che cerca al miglior rapporto qualità-prezzo. Secondo Giuseppe Girelli (Nielsen) passano in secondo piano esigenze come il parcheggio, mentre il tre per due si dà ormai per scontato e ovvio. Si è più sensibili alla disponibilità del personale, alla specializzazione e si accorda grande fiducia alle private label, sinonimo di qualità e profondità di offerta.
Ma quale sarà la formula vincente? Discount, supermercato, ipermercato o negozio sotto casa? Per capirlo, il presidente del Censis Giuseppe De Rita ricorda che il consumatore, con il suo nomadismo e la sua infedeltà è un protagonista della crisi dei consumi , perché, afferma: «Il consumo non è più una libera scelta ma diventa coerente con quei bisogni di base senza la soddisfazione dei quali ogni altro diletto perde senso.

Si spende per le medicine, per la badante, per assicurare l’auto, la casa, e questo se da un lato aumenta il senso di responsabilità, dall’altro rivela il clima preoccupato e difensivo dello stile di vita. Ci copriamo le spalle per domani, perché oggi abbiamo paura». E riprende il concetto a lui caro della soggettività del consumatore e della sovrabbondanza dell'offerta, da cui una perdita di desiderio per gli acquisti. Chi sta dall'altra parte e deve vendere, è la sollecitazione di De Rita, «si deve ingegnare sempre di più, altrimenti si resta fermi in un mondo apparentemente fermo che invece sta galoppando». E questa è la sfida più difficile.

A cura di Fabrizio Gomarasca