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Innovazione di formato, efficienza, differenziazione

Innovazione di formato, efficienza, differenziazione. Sono i tre elementi imprescindibili nella strategia della distribuzione moderna di domani, secondo quanto emerso dall’ADM Day 2010 del 4 novembre scorso a Milano.
L’assemblea annuale di ADM, l’associazione delle imprese della distribuzione moderna in ambito Indicod-Ecr, imprese che, come ha sottolineato Paolo Fregosi, consigliere delegato di ADM, oggi rappresenta 650 realtà per un fatturato superiore ai 170 miliardi di euro, è stata anche l’occasione per condividere l’analisi di Bain & Co su”La crisi dei consumi e le implicazioni per le imprese della distribuzione moderna”: presentata prima alla nutrita platea dal director, Marco Costaguta, la si è quindi discussa insieme agli ospiti della successiva tavola rotonda: Riccardo Francioni, procuratore generale di Selex e vice presidente di ADM, Ilaro Ghiselli, Mercatone Uno, Mario Maiocchi, amministratore delegato di UniEuro, e Vincenzo Tassinari, presidente del comitato di gestione di Coop Italia, moderati dal direttore di Mark Up, Luigi Rubinelli.

«È un momento difficile per la GDO», ha detto aprendo la mattinata di lavori Camillo De Berardinis, presidente di ADM e amministratore delegato di Conad. «Stiamo vivendo una fase di consumerismo consapevole, in cui la domanda è e sarà sempre più selettiva. Siamo chiamati a trovare al nostro interno le soluzioni che ci consentiranno di superare la crisi, in assenza d’interventi strutturali dell’Esecutivo che puntino al rilancio dei consumi. E a vigilare perché non prevalgano atteggiamenti poco inclini alla concorrenza. Quando si mette in campo vera innovazione, però, i risultati arrivano, in Italia come all’estero».
Affermazioni, quelle di De Berardinis, confermate in pieno dall’analisi di Bain & Co. «Non illudiamoci», ha avvertito Costaguta. «La leggera ripresa dei consumi complessivi, che potrebbe attestarsi su un +0,2% quest’anno, un +0,5% nel 2011 e un +0,9% nel 2012 non è indice di una crescita reale. Veniamo da due anni in cui abbiamo lasciato sul campo uno 0,9% nel 2008 e un’1,7% nel 2009. Per tornare ai livelli di consumo del 2007 dovremo aspettare il 2014. In questo trend complessivo, va però notato, il largo consumo ha un andamento piatto, se non in leggera contrazione, per l’effetto sostituzione esercitato da beni o servizi nuovi».
Prima dei prossimi 5-10 anni, Bain & Co. non prevede, insomma, che lo scenario migliori. Gli effetti di quest’ultima crisi, la più grave dal secondo dopoguerra, avendo determinato una riduzione del Pil a livello mondiale e avendo colpito un numero maggiore di settori (beni di consumo e retail inclusi), si potrebbero far sentire a lungo. Tassi d’interesse, pressione fiscale, inflazione ed età pensionabile in progressivo innalzamento impatteranno negativamente sul reddito disponibile delle famiglie, che necessariamente ridurranno il loro spending, limitandolo all’essenziale.

Già nei primi mesi del 2010, come evidenziano rilevazioni Nielsen, la maggiore oculatezza degli italiani negli acquisti grocery s’è tradotta in un trend di fatturato negativo, a rete omogenea, per tutti i canali distributivi (a rete corrente soltanto i discount hanno messo a segno una crescita del giro d’affari), in una maggiore concorrenza di prezzo e in un ulteriore aumento della pressione promozionale.
Bain & Co. prevede che la distribuzione moderna in Italia dovrà al più presto allineare i suoi margini commerciali e i suoi costi operativi a quelli dei competitor europei (nel 2008 il differenziale era del +4%), implementando misure d’efficientamento. E far affidamento solo sulle proprie forze per affrontare le sfide del mercato. Le misure discrezionali adottate nell’ultimo biennio dai governi dei paesi occidentali per sostenere il Pil hanno infatti già innalzato oltre misura l’indebitamento.
I periodi di crisi presentano però anche delle opportunità. «Mentre nei momenti di stabilità il posizionamento competitivo delle aziende si mantiene relativamente statico», ha detto Costaguta, «nelle recessioni si rimescolano le carte e aumentano, per le aziende che sanno innovare e che investono, le possibilità di scalare la classifica. Le imprese che avranno ottenuto i migliori risultati durante la fase recessiva, inoltre, saranno anche quelle che sfrutteranno meglio il successivo ciclo di crescita».
«Come è avvenuto nel settore bancario», spiega Costaguta, «dove è drasticamente cambiata la gerarchia delle prime 20 banche mondiali, con il prepotente ingresso d’istituti asiatici, anche nel mondo del retail i leader di domani potrebbero non essere gli stessi di oggi».
Testimonierebbero la fluidità della situazione l’accentuarsi del divario fra le performance dei principali retailer verificatosi nei primi 10 mesi di quest’anno. A parità di rete nel 2010 alcune catene hanno continuato a crescere e altre hanno invece avuto performance negative.

Chi uscirà vincente da questa fase di recessione? Secondo Bain & Co. i retailer che sapranno servire il cliente del futuro, cogliendo i molteplici trend in atto e quelli che verranno e declinandoli localmente, adattando l’offerta e la proposta di servizi del singolo negozio alle esigenze della clientela. E che sapranno differenziarsi dai più diretti competitor evitando così, in momenti di calo della domanda, di disporre di una sola leva competitiva: il prezzo.
Localizzare è certamente molto complesso e impegnativo, perché richiede di lavorare sui format tenendo presenti moltissimi elementi e, al contempo, di trovare il giusto equilibrio fra centro e periferia. Ma sarà fondamentale, secondo Bain & Co., perché lo scenario distributivo tenderà a una maggiore concentrazione, passando anche da una riduzione della numerica dei punti vendita (per consentire le necessarie economie di scala); sarà caratterizzato da una più elevata competitività, che a sua volta renderà necessario puntare sull’innalzamento della redditività per mq e sull’efficienza ed eccellenza operativa; e vedrà le imprese distributive specializzarsi maggiormente per formato, essendo complesso e costoso investire contemporaneamente nella messa a punto di più concept.
«Gli ingredienti per avere successo», ha detto Costaguta concludendo la sua presentazione, «sono noti. Molte delle soluzioni vincenti implementate da retailer stranieri come Tesco, Colruyt, Mercadona o Atacadao sono state prese in considerazione anche in Italia. Da noi non sono mancate le idee, ma la spinta a investire ciascuno su propri format distintivi e a riprodurli in modo eccellente, adattandoli localmente, allo stesso modo in cui un giocatore di golf continua a ripetere il medesimo movimento fino a quando è in grado di farlo alla perfezione».

Sollecitati da Rubinelli, i manager invitati ad animare la tavola rotonda hanno commentato l’analisi di Bain & Co. «Il quadro fatto da Costaguta», ha esordito Tassinari, «mi pare fin troppo ottimistico rispetto alla situazione che stiamo vivendo in Italia». «Per la prima volta quest’anno», ha osservato Francioni, «la GDO ha avuto una performance negativa a rete corrente e abbiamo assistito alla chiusura di un centinaio di supermercati. È improrogabile che troviamo soluzioni e correttivi. Ed è chiaro che non bastano più piccoli aggiustamenti. Quello che l’analisi di Bain & Co evidenzia è che solo alcune aziende sono in grado di fare i cambiamenti strategici e gli interventi sui format che consentiranno loro di superare questo momento difficile».
«Condivido il forte richiamo all’efficienza», ha detto Ghiselli, «un fronte su cui occorre fare molto. E quello del lavoro sui format, elemento centrale per competere in un mercato, come quello dell’arredamento, che ha fatto già molti caduti e che può rivelarsi una minaccia, ma anche un’opportunità».
«La presentazione di Costaguta», ha commentato Maiocchi, «m’ha fatto riflettere. Se noi retailer continueremo a occuparci solo di prezzi e di volantini, la nostra prospettiva sarà lo scenario non roseo descritto nella prima parte. Lavorare a scelte strategiche e a nuovi format ci consentirà, invece, di cogliere le opportunità che si apriranno».

Che sia indispensabile innovare è opinione condivisa dagli ospiti della tavola rotonda. «È il modo», ha detto l’amministratore delegato di UniEuro, «per non adeguarsi agli attuali trend calanti dei consumi e per dare risposta ai nuovi bisogni dei consumatori d’oggi». «Per attuarla», ha osservato Francioni, «occorrono però delle risorse, non tanto per aprire nuovi punti vendita quanto per aggiornare quelli esistenti. Risorse che non tutte le imprese oggi hanno».
«Noi retailer», ha sottolineato Tassinari, «dobbiamo però anche puntare a differenziarci, per sottrarci a una competizione frontale sui prezzi». «Innovazione», ha osservato Ghiselli, «è anche approcciare in modo nuovo internet. Il nostro collegamento con Facebook e con altri social network, per esempio, si sta dimostrando uno straordinario strumento per aprire un dialogo diretto con il cliente».
Trova tutti d’accordo anche l’assunto di tendere a un miglioramento del livello d’efficienza delle imprese. «Un lavoro», ha detto Tassinari, «che deve avere come obiettivo beneficiare il consumatore e che richiede la collaborazione delle istituzioni e della controparte industriale. Noi retailer siamo disponibili a fare forti cambiamenti per contenere i costi delle nostre strutture operative. Ma è pur vero che il nostro margine lordo deriva dai ricavi che possiamo fare. Ricavi che dipendono da ciò che possiamo vendere. E dai costi d’interfacciamento con l’industria».
«Finora», ha invece detto Francioni, «le imprese distributive italiane hanno preso alquanto sotto gamba le metodologie che aiutano a migliorare l’efficienza. Penso al category management, al CRM, all’EDI. E nell’attuale situazione d’estrema difficoltà per il consumatore, se non riusciremo a concordare con l’industria il contenimento degli aumenti di listino che abbiamo sul tavolo, andremo incontro a momenti di grande crisi dei rapporti». «Per quanto ci siano spazi per migliorare l’efficienza delle nostre strutture», ha detto con rammarico Ghiselli, «non tutti gli interventi sono oggi sostenibili». È il caso dell’RFId.
«Si può fare efficienza», ha osservato Maiocchi, «anche solo semplificando la propria struttura. Se un dossier per essere sviluppato deve passare per sei mani si perde tempo e s’aumenta il rischio d’errori di comunicazione e di disallineamenti. A quel punto è preferibile che lo sviluppino due persone, discutendone vis à vis».

In chiusura di giornata Rubinelli ha chiesto a Costaguta una previsione sull’andamento dei prezzi. «Tutti gli attori della filiera dei beni di largo consumo», ha risposto il director di Bain & Co., «dovranno fare sforzi per contenere l’inflazione derivante dall’aumento dei costi di tutti i fattori produttivi, materie prime comprese. Ciononostante, guardando a quanto è successo all’estero, ritengo probabile che in Italia l’inflazione tornerà a salire».

A cura di Luisa Contri