sostenibilità

Il largo consumo francese impegnato nella sostenibilità

l'opinione di

Enrico Colla

Lo sviluppo sostenibile é diventato in Francia un tema centrale nell’offerta e nella comunicazione delle imprese nel settore del largo consumo.

Alcuni anni fa, produttori e distributori francesi manifestavano un certo ritardo rispetto a quelli anglosassoni per quanto riguarda l’attenzione ai temi ecologici. Imprese come Wal-Mart e Tesco, per esempio, sperimentavano nuovi negozi “verdi”, puntando sulla riduzione dei consumi energetici e l’utilizzo di energie “pulite”, rinnovabili e alternative. Le aziende francesi si preoccupavano invece di più degli aspetti sociali, relativi alla gestione delle risorse umane e ai rapporti con i fornitori. Le prime prestavano maggiore attenzione ai temi ambientali e alla sostenibilità dello sviluppo economico, le seconde agli interessi dei dipendenti, clienti, fornitori e società civile.

La situazione sta però rapidamente cambiando: nonostante la crisi economica, le imprese francesi hanno aumentato il loro impegno ambientale ed ecologico nel corso degli ultimi due anni.
Due ragioni fondamentali spiegano il cambiamento: la prima è l’iniziativa politica del “Grenelle de l’environnement”, lanciata dal presidente della repubblica, Nicolas Sarkozy, e dal ministro dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile, Jean-Louis Borloo. In una serie di conferenze e di riunioni fra le autorità pubbliche e i principali attori della società civile sono stati definiti, nel 2007 e nel 2008, una serie di accordi e d’impegni in favore dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile. La seconda spiegazione è la sempre maggiore sensibilità ai temi ecologici e ambientali manifestata dall’opinione pubblica. Sollecitate dalle pressioni politiche e dalla domanda dei consumatori, le imprese non possono rischiare di rimanere in ritardo rispetto alla concorrenza nella differenziazione e nell’immagine come nell’utilizzo delle nuove tecnologie ai fini della riduzione dei costi.

Gli accordi presi nell’ambito del “Grenelle de l’environnement”

L’accordo più rilevante emerso dal “Grenelle de l’environnement” e riguardante il largo consumo è stata la convenzione firmata dal ministero e dalla FCD, la Federazione che rappresenta i principali attori della grande distribuzione. In base alla convenzione, i distributori hanno assunto numerosi impegni fissando alcuni obiettivi precisi:

  • informare i consumatori sull’impatto ambientale dei prodotti: dopo una sperimentazione iniziale su 300 referenze, è prevista l’introduzione dell’etichettatura ambientale al 1° gennaio 2011;
  • raddoppiare, nel giro di tre anni, il numero dei prodotti introdotti sul mercato con un marchio ecologico grazie, in particolare, a una grande campagna d’informazione e di comunicazione nazionale;
  • aumentare di almeno il 15% l’anno la parte dei prodotti dell’agricoltura biologica sul totale delle vendite alimentari: il ministero e gli altri attori coinvolti devono contribuire a promuovere il consumo di questi prodotti;
  • ridurre ulteriormente (di almeno il 10%), la produzione dei rifiuti da imballaggi grazie ad un’azione ambiziosa condotta insieme con gli industriali e gli eco-organismi coinvolti;
  • generalizzare le rilevazioni delle emissioni di CO2 per meglio conoscerle e controllarle e migliorare l’efficacia energetica dei negozi. È stato anche deciso di elaborare un manuale di “best practices” e un metodo di auto-valutazione.

Consumatori e imprese manifestano una crescente sensibilità ai temi dello sviluppo sostenibile

A due anni dal Grenelle, nel settembre 2009, l’Osservatorio della comunicazione e del marketing responsabile, realizzato da Limelight Consulting consultando 129 imprese, rivela una situazione molto diversa dalla precedente. Il 90% degli intervistati afferma che la loro impresa ha una strategia di responsabilità sociale e di sviluppo sostenibile e l’80% sostiene che l’impresa ha sviluppato nuovi prodotti o servizi che integrano la sfida ambientale. Nell’83% dei casi le imprese non esitano a comunicare su questi argomenti, per migliorare la loro immagine, ma anche per promuovere un nuovo prodotto.
Quanto ai consumatori, l’ultima edizione dello studio di Opinion Way per LSA e dedicato allo sviluppo sostenibile rivela l’emergere di qualche perplessità. I francesi si mostrano un po’ delusi delle iniziative sin qui prese dai diversi attori sociali e hanno qualche difficoltà a percepire le iniziative prese. Queste risposte si accompagnano a una diminuzione generale dell’importanza accordata alle azioni dei diversi attori sociali (politici, industriali, distributori, consumatori).
Si tratta di un atteggiamento che non é assimilabile a una vera disillusione, ma piuttosto a una maggiore consapevolezza e a un’attesa d’impegni forti.
A questi dubbi si accompagna, infatti, una domanda sempre più forte, non rallentata neppure dalla crisi, di prodotti “responsabili” (biologici, di commercio equo e solidale e “verdi”). L’offerta aumenta rapidamente creando anche confusione fra i consumatori, che hanno qualche difficoltà a distinguere il contributo allo sviluppo sostenibile dei vari prodotti e marchi.

Le strategie di differenziazione delle imprese
Le imprese sono consapevoli delle attese e dei dubbi dei consumatori e cercano soprattutto di dare coerenza e visibilità alle loro iniziative di sviluppo sostenibile impegnandosi su tutti i temi previsti dagli accordi di Grenelle, ma in particolare nella crescita dei prodotti “responsabili”. Nello stesso tempo, le varie insegne tentano di sviluppare le loro competenze su alcuni aspetti specifici della “sostenibilità” e di differenziare così la loro offerta e la loro immagine.

Auchan, ad esempio, valorizza soprattutto i prodotti biologici delle imprese piccole e medie e cerca di collegare l’aspetto ecologico all’economicità dell’offerta. Carrefour si distingue in particolare nelle azioni d’informazione e educazione dei consumatori e nel miglioramento dell’efficienza energetica dei negozi. Super U promuove il risparmio energetico dei negozi, sviluppando le energie rinnovabili (elettricità fotovoltaica e riscaldamento a gas ed elettricità). Casino s’impegna alla riduzione delle emissioni di CO2 e ha già introdotto l’etichettatura ambientale su circa 400 prodotti. Con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2, Cora ha intrapreso delle iniziative soprattutto nel settore logistico e in tema di rifiuti da imballaggi. Leclerc punta molto sugli aspetti ecologici degli imballaggi e sui prodotti biologici a marca privata. Intermarché sviluppa numerosi prodotti dell’agricoltura biologica e Monoprix si differenzia con un’ampia offerta di marchi privati di prodotti biologici di qualità. Per contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2 nei trasporti, quest’ultima insegna ha anche sviluppato un sistema di approvvigionamento dei negozi a Parigi per via ferrata.

Sembra ormai chiaro che l’interesse per lo sviluppo sostenibile non sia soltanto un effetto di moda ma sia diventato un elemento “durevole” dell’attenzione dei consumatori e dell’impegno delle imprese.
Le sfide per queste ultime consistono sempre più nella capacità, da un lato, di stimolare un’offerta valida in accordo con i fornitori, e dall’altro, di modificare il loro modello economico (nella logistica e nella gestione dei magazzini e dei negozi) per renderlo più compatibile con uno sviluppo sostenibile. Un’altra sfida, infine, consiste nella loro capacità di dare visibilità a tutte le loro iniziative e di valorizzarle.

*Professore a Advancia-Negocia e Direttore del “Centre de recherche sur le commerce” (CRC)di Advancia-Negocia a Parigi