economia

La leadership nelle avversità

l'opinione di

Joanne Denney-Finch

È stato un anno difficile, un anno veramente duro… recentemente si è registrata una lieve ripresa, e vorrei poter dire che il peggio è ormai passato, ma nessuno ci crede.
Il futuro è sì una sfida … ma è anche scoraggiante.
Rimango però ottimista riguardo a questa industry… perché il punto è la leadership, la leadership nelle avversità.

Secondo una previsione dell’Istituto di Studi Fiscali inglese, il tempo necessario per riportare il debito pubblico al livello precedente la crisi del credito… è di 20 anni. L’Istituto ritiene che da qui al 2018 la riduzione del debito in media costerà alle famiglie circa 3.000 sterline l’anno. Oltre a questo, bisogna considerare il deficit del settore pensionistico… che per i cittadini britannici ammonta a circa 19.000 sterline pro capite.

Nel frattempo, Moody’s, l’agenzia di rating creditizio, ha affermato che le banche hanno ammortizzato meno della metà dei loro debiti insoluti.

E a parte l’economia, John Beddington, consigliere scientifico del governo britannico ha alcune avvertenze da fare, delle considerazioni che inducono alla riflessione.
In vent’anni, la domanda alimentare mondiale aumenterà del 50%, quella di energia del 45% e di acqua del 30%.
E secondo le Nazioni Unite, ogni anno un’area pari all’Ucraina smette di produrre cibo a causa del degrado del territorio.
Se l’acqua potabile diminuisce al ritmo attuale, entro il 2015 sarà andato perduto quasi un terzo della produzione di cereali mondiale.Per quell’epoca le risorse britanniche di gas e petrolio saranno completamente esaurite e secondo l’Ofgem sarà necessario investire fino a 200 miliardi di sterline per garantire le forniture energetiche e ridurre le emissioni di carbonio.
Entro il 2050, per soddisfare gli impegni che abbiamo assunto riguardo al carbonio, la riduzione dovrà essere di circa 2 tonnellate pro capite.
Lo stesso vale per la Tunisia, il Brasile o la Repubblica Dominicana… tutti posti molto più caldi.

Penso quindi che si possa essere d’accordo sul fatto che non ci possono essere rallentamenti.
questioni Questi temi riguarderanno tutti, ma il settore in cui operiamo – il largo consumo - sarà al centro del problema.
E quando le cose non vanno come dovrebbero, si cerca sempre un capro espiatorio.Il nostro settore è già bersaglio di attacchi costanti.I nostri detrattori, più che un partner efficace per creare e fornire una soluzione, ci considerano un aspetto del problema.Ci accusano di essere accecati dal profitto.Contestano la nostra integrità e ignorano i nostri successi.
Mettiamo insieme tutto ciò e ne verrà fuori un’equazione scoraggiante… ma le avversità non sono una novità per noi.
In passato abbiamo affrontato enormi problemi e li abbiamo superati grazie a una leadership forte.
Non ho dubbi sul fatto che riusciremo a risolvere anche quelli attuali e che il nostro settore tornerà a rivestire un ruolo di primo piano.

Ho menzionato il modo in cui ci dipinge chi ci critica.
Ma consideriamo la realtà. Noi facciamo una grossa differenza e abbiamo enormi risorse.
Siamo il più importante settore produttivo del Regno Unito, tanto che il comparto dei prodotti alimentari rappresenta quasi la metà della vendita al dettaglio.
In un’economia in crisi, le imprese alimentari sono state tra le poche ad assumere e a investire nel futuro, aumentando la formazione e i budget destinati allo sviluppo.

Siamo un settore economico di portata mondiale.
Siamo noti in tutto il mondo per la nostra attenzione al consumatore, gli standard di sicurezza alimentare, l’efficienza della supply chain e l’innovazione tecnica e di prodotto.
E la nostra rapidità nell’adottare la sostenibilità ha lasciato gli altri indietro, sulla scia che abbiamo lasciato dietro di noi.

Le nostre aziende sono all’avanguardia in molti settori, per esempio azzerando gli sprechi nelle discariche e persino le emissioni di carbonio, e proseguono il cammino intrapreso.
Molte di esse hanno preso decisioni estremamente coraggiose.
Quasi da un giorno all’altro, alcune delle maggiori aziende produttrici di cioccolato, caffè e zucchero e i più importanti network di distribuzione con marchio proprio sono migrati verso il Faitrade (commercio equosolidale) o la Rainforest Alliance (protezione degli ecosistemi).
Alcuni produttori di detergenti hanno assunto rischi enormi, quando hanno introdotto i primi prodotti concentrati.
E un ampio numero di prodotti alimentari sono stati riformulati per ridurre sale, zuccheri e grassi.
E tutto ciò costituisce un grosso rischio… lo stesso vale per l’etichettatura, introdotta nel Regno Unito in modo assolutamente volontario.

Il mondo ci ha percepito come una forza in forte progressione, ma a livello nazionale non abbiamo il credito che meriteremmo.

Nelle ultime settimane, ho viaggiato per il Paese, parlando con diversi amministratori delegati.
Ognuna delle persone che ho incontrato concordano sul fatto che questo è un momento eccezionale e che stiamo affrontando scelte di grande importanza.
Il loro pensiero è radicale, essi accettano la nuova era mondiale e sono pronti ad assumere decisioni cruciali. Nella loro sfida ai mercati in cui sono presenti e nelle attività a cui si dedicano, si rifanno inoltre a principi fondamentali.

Viene domandato loro dove acquistano le materie prime e dove fabbricano i loro prodotti.
Viene domandato loro in che modo producono e quanti sono i passaggi prima che i prodotti raggiungano il consumatore.

È quindi in corso un’importante ristrutturazione, emergono nuovi metodi di lavoro e tutto ciò potrebbe accadere molto rapidamente.

Questo è il punto di vista del largo consumo ma desidero riportare i consumatori al centro dell’attenzione. Come si sentono rispetto alle grandi questioni globali?

Abbiamo domandato ai consumatori quale tra le questioni contenute in un elenco da noi redatto, li preoccupasse maggiormente. Al primo posto venivano fame e povertà, una prova in più del fatto che durante una recessione le persone non diventano immediatamente egoiste e di mentalità ristretta.
Anche la percentuale riguardante la “corruzione alle alte sfere” induce a pensare… nel corso di quest’anno non ancora concluso, la fiducia è stata seriamente compromessa.
So bene che il cambiamento climatico è stata una questione che ha diviso gli animi. Un gruppo è sprezzante, un altro fatalista, un altro ancora crede nel cambiamento climatico e pensa di poterlo risolvere.

Se vogliamo avere i consumatori dalla nostra parte, c’è ancora molto da fare, dobbiamo persino provarlo a noi stessi. Ma indipendentemente da ciò che le persone pensano del cambiamento climatico, esiste un’opinione pubblica e tutti ne siamo coinvolti, in modo conscio o inconscio.

Austerità e consapevolezza ecologica si rafforzano reciprocamente.
Abbiamo domandato ai consumatori quali cambiamenti hanno fatto per contribuire a creare un mondo migliore e due risposte si sono imposte sulle altre. Il 40% degli intervistati ha sostenuto di utilizzare meno l’automobile, una buona notizia per i negozi locali, anche se hanno aggiunto “per favore, non chiedetemi di non prendere più l’aereo”. Il 30% tende invece a usare i prodotti fino a che non sono inutilizzabili Le persone, quindi, stanno cambiando il loro stile di vita ma pensano che ciò faccia la differenza?

Abbiamo domandato ai consumatori in che cosa pensano che le loro scelte abbiano realmente un impatto. La salute viene al primo posto, seguita dai problemi nazionali e dalla sostenibilità. Ma la scarsa percentuale ottenuta dalla pesca sostenibile, è davvero deludente!
Dimostra che fornire una scelta chiara non è sufficiente, dobbiamo “urlare” il nostro messaggio.

In seguito, abbiamo paragonato queste risposte con quelle di due anni fa. I consumatori oggi sentono di avere meno potere e si registra un forte calo della fiducia rispetto al riscaldamento globale e all’ambiente.

Come possiamo raggiungere tutto ciò?

Ho sentito diversi suggerimenti… maggiori certificazioni, più informazioni… più simboli, meno simboli… più scelta, scelta ridotta.
Abbiamo chiesto consiglio ai consumatori e, come abbiamo potuto verificare, non è ancora stato emesso un verdetto.
Dobbiamo quindi prendere le redini della questione e fornire noi le risposte giuste. E sappiamo che le soluzioni semplici sono sempre le migliori.

Abbiamo anche domandato ai consumatori in che misura si sentono ottimisti riguardo alle generazioni future e sono rimasta davvero colpita dalla risposta. Solo il 9% credeva in un miglioramento delle condizioni di vita. Moltissime persone erano convinte che la vita sarebbe peggiorata! La maggioranza esprimeva una cauta speranza ma, ancora una volta, tutto ciò dimostra che le persone provano grande incertezza riguardo al futuro e che hanno perduto i loro punti di riferimento.

Abbiamo segmentato i consumatori in base a due fattori chiave: l’interesse per le questioni mondiali e l’ottimismo nel futuro. Quelli che guardano al futuro con ottimismo saranno all’avanguardia. Sono le persone più preparate per adattarsi, ma soddisfarle sarà difficile e le loro richieste nei nostri confronti saranno sempre più esigenti.

Quelli che invece guardano al futuro con pessimismo sono disposti a cambiare, ma hanno bisogno di essere rassicurati sul fatto che i loro sforzi non siano inutili. A questo gruppo, dobbiamo continuare a dimostrare i nostri progressi, rendendoli vivi attraverso storie personali.

Ci sono poi coloro i quali sono più interessati alle questioni private: tra questi, gli ottimisti sono il gruppo più numeroso. Necessitano di una guida in alcune grandi questioni quali lo spreco di cibo, pesca e acqua. Laddove l’ultimo gruppo si sentiva svantaggiato e in trappola. Hanno bisogno che continuiamo a parlargli di prezzo.

Dobbiamo quindi ripartire i nostri sforzi e considerare le esigenze di tutti e quattro i gruppi.
Naturalmente, ciò che interessa maggiormente è in che modo si evolveranno le abitudini di spesa.

Abbiamo quindi chiesto ai consumatori di descrivere se stessi nel 2012,: sarà l’anno dei Giochi Olimpici a Londra e, si spera, per quell’epoca la crisi del credito sarà solo un ricordo. In che modo le loro abitudini di spesa e di consumo saranno cambiate?
Ecco alcune delle loro previsioni.
Innanzitutto, i prodotti alimentari saranno leggermente più cari. Saranno ancora più attenti nel fare loro scelte di quanto non lo siano già. Significa forse ”trading down”? I consumatori credono di no. La metà circa ritiene che entro il 2012 la qualità degli alimenti migliorerà, mentre solo il 7% è convinto del contrario.

I consumatori intendono quindi cambiare le loro abitudini, cercando di ottenere qualcosa in più spendendo meno, e da noi si attendono maggiore valore.

Alcune delle previsioni dei consumatori per il 2012.

  • Maggiore diversità nel food retail:i consumatori ritengono che la spesa aumenterà in discount, mercati, negozi specializzati, punti vendita di quartiere e spesa online.
  • Aumento della spesa etica, riguardante in particolare prodotti locali e di commercio equosolidale. Non ci saranno tuttavia cambiamenti sostanziali nel settore degli alimenti biologici.Più frutta, verdura e pesce, a discapito della carne.Aumento della spesa per private label sia economiche che premium; il consumatore attento si aspetta di trovare valore nei prodotti di qualità.I consumatori prevedono un periodo di prova per la distribuzione di soli prodotti premium e per alcuni marchi ”mainstream”.

Queste previsioni non sempre si avverano.

Abbiamo posto le stesse domande sei mesi fa, chiedendo però una previsione sui sei mesi successivi.

I consumatori hanno previsto in modo corretto la crescita dei discount, delle private label, e del commercio equosolidale.

Ma si aspettavano anche sostanziali cambiamenti nella dieta che non si sono poi avverati. Le persone aspirano sempre a modificare la propria dieta ma resistono al cambiamento! In alcuni casi, le previsioni erano esatte a breve termine, ma poi il mercato ha reagito.
I grandi marchi si sono difesi e lo stesso hanno fatto alcuni dei distributori che propongono prodotti di qualità.

Il futuro non è predeterminato, è lì pronto per essere creato, ma queste previsioni mostrano chi nuota seguendo la corrente e chi ha bisogno di essere riportato nella direzione corretta.

Abbiamo inoltre domandato ai consumatori quali sono i fattori in base ai quali potrebbero essere giudicate le aziende alimentari in futuro.

Il costo veniva al primo posto, il che non sorprende, ma nelle prime posizioni c’erano molti altri fattori, in particolare quelli etici. Qualità, convenienza, salute e gusto sono sempre stati sacrosanti, un dato di fatto.
Ma le persone cambiano e l’elenco di ciò che è necessario per soddisfare il consumatore è lungo. Possiamo considerarlo un problema o trasformarlo in un punto di forza.
I consumatori ammettono che i prodotti alimentari rivestono un ruolo centrale e diversificato nelle loro vite. E sono alla ricerca di attività per provare di potere essere una forte componente di cambiamento positivo. Di certo, costituiscono un’importante opportunità. I consumatori ci indicano nuovi modi per aggiungere valore ai prodotti. Più valore si aggiunge, più forti diverranno i nostri rapporti con essi. Tali rapporti saranno cruciali per il nostro futuro.

Nelle condizioni attuali, alcune delle caratteristiche classiche della leadership si rivelano di vitale importanza. Oggi dobbiamo essere più determinati che mai. Dobbiamo guidare i consumatori in questo dedalo. Dobbiamo accelerare il passo. Non possiamo aspettare che siano gli altri a dirci che cosa è necessario, dobbiamo pensare al futuro. Dobbiamo essere veloci nel fare nostre nuove tecnologie e idee. Dobbiamo trovare il modo di ottenere di più a meno. Non possiamo compromettere i nostri standard… “il valore per i valori” rimane la nostra priorità.

Vorrei sottolineare tre questioni critiche: come costruire la fiducia; migliorare il lavoro di squadra lungo la catena produttiva; ispirare la propria forza lavoro.

Quanto agli altri… il nostro settore è altamente affidabile.

Secondo il Reputation Institute, cinque delle prime sette aziende britanniche più note sono membri di IGD e dieci si classificano tra le prime venti.
E sebbene vi siano altri settori che ultimamente hanno sperimentano un forte calo di fiducia, questo non è il nostro caso.

Recentemente abbiamo prova sondato il tema della fiducia, e abbiamo confrontato i risultati con quelli di ricerche simili condotte dieci anni fa. Ed emerge che siamo rimasti allo stesso punto.. anche se, considerando un altro punto di vista, abbiamo fatto enormi sforzi solo per mantenere la stessa posizione.

Per cambiare, quindi, abbiamo bisogno di un altro tipo di cambiamento climatico… un cambiamento nel clima dell’opinione pubblica.
La strada che ci attende è difficile per l’intera società.
Maggiore sarà la fiducia nel largo consumo, meglio riusciremo a mantenere la calma e a progredire più velocemente. Siamo in ottima posizione per costruire la fiducia perché entriamo in contatto con la vita di chiunque, ogni giorno dell’anno. Quando comunichiamo in modo personale e siamo aperti, trasparenti e preparati per riconoscere dove dobbiamo migliorare, siamo più efficaci.
Giorno dopo giorno, tra il pubblico serpeggia un sentimento sempre più forte di opposizione alla grande industria. Le grandi industrie sono spesso descritte come società prive di volto. Ma le grandi aziende sono fatte anch’esse di persone… solo un po’ più numerose che nelle altre… e noi dobbiamo mostrare più spesso i nostri volti.
Riguardo alla nutrizione, l’industria alimentare britannica ha tracciato il cammino. Abbiamo indotto il mondo a tagliare su grassi, zuccheri e sale. Ma ne abbiamo forse tratto vantaggio? No, perché il dibattito si è concentrato sull’etichettatura.

Più che mai, in questo mondo nuovo, dobbiamo rimanere uniti nelle questioni cruciali; in caso contrario, saremo battuti uno alla volta. Il modo in cui abbiamo unito le forze riguardo alla distribuzione sostenibile costituisce un ottimo modello. Molte aziende fanno la loro parte, alcune in modo individuale, altre collaborando tra loro e IGD mette insieme tutti i pezzi. Siamo in grado di affrontare questo argomento in ambito industriale, ma riguardo ad altri temi dobbiamo coinvolgere anche attori al di fuori del nostro settore.

Le sfide mondiali devono essere risolte impiegando le menti migliori, ovunque esse si trovino.

Pertanto, è inutile, per esempio, perdere tempo a discutere sui sistemi agricoli attuali, quando possiamo riunire le nostre conoscenze, combinando opportunità e sviluppando insieme quei nuovi metodi di cui si sente urgente necessità.

Per ridurre lo spreco nella filiera, dobbiamo fare lavoro di squadra, sottoponendo il sistema a una revisione completa.
Per invertire la tendenza riguardo al problema dell’obesità, è necessario che il governo nazionale collabori con l’industria, con le figure professionali della salute, le ONG e gli attivisti locali, attuando un coordinamento più incisivo che in passato.
IGD sarà sempre presente per riunire gli attori del processo.
Sono ottimista, così come la maggior parte di voi. Ecco ora il vostro sguardo sul futuro, rispetto a quanto formulato dai consumatori. L’atteggiamento del “ “possiamo farlo” è la nostra forza.

Molti dei pionieri del settore del largo consumo sono famosi ancora oggi grazie al nome delle loro aziende. Hanno ispirato i loro dipendenti a compiere grandi imprese… e lo stesso dobbiamo fare noi.

Dobbiamo sapere riconoscere le sfide, essere realistici riguardo ai tempi difficili che ci attendono, ma dobbiamo anche dare ai nostri team più fiducia possibile nelle loro forze… perché loro possono farcela. Individui e aziende, in circostanze difficili, possono rivelarsi sommamente ingegnosi.

Il nostro settore possiede un’incredibile capacità di adattamento … siamo abituati a muoverci rapidamente, a reagire alle richieste dei consumatori e a prendere decisioni coraggiose. Questa è un settore pronto ad essere leader, che ha le capacità per farlo ed è pronto alla sfida. Possiamo affrontare le avversità ma solo insieme, insieme potremo farcela.

*Chief Executive, IGD
Tratto dall'intervento che ha tenuto in apertura dell'IGD Convention 2009, che si è svolta a Londra lo scorso 13 ottobre 2009

Per informazioni, scrivere a :
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meeta.darji@igd.com