economia

La ripresa? Nel 2010

Jacques Attali, economista e scrittore, ha ricoperto il ruolo di presidente della “Commissione per la liberazione della crescita” creata nel 2007 dal presidente francese Nicolas Sarkozy.
In questa intervista, Jacques Attali propone il proprio punto di vista sulla crisi finanziaria in atto e sulle sue origini.

La crisi finanziaria e i suoi devastanti effetti l’hanno colta di sorpresa o in qualche modo se l’aspettava?
No, l’avevo ampiamente prevista nel mio ultimo libro, “Breve storia del futuro”, per cui me l’aspettavo, ma non così presto. Osservando l’evoluzione del settore finanziario e delle principali industrie soprattutto negli Stati Uniti, avevo già verificato i profondi squilibri che si stavano determinando, ma mi aspettavo una crisi profonda entro dieci anni, non ora.

Perché, a suo parere, sono stati così pochi gli economisti che hanno anticipato la crisi e le sue dimensioni così rilevanti?
Perché sono una categoria che non guarda adeguatamente la realtà: cercano, con poche lodevoli eccezioni, di essere ottimisti a ogni costo, perché è così che si guadagnano da vivere. Fanno fatica a valutare i rischi e soprattutto a comunicarli per tempo. E sono rimasti a loro volta sorpresi da quanto è accaduto.

Vi sono delle organizzazioni pubbliche - come Fmi, Banca mondiale o Banche centrali - o private - società finanziarie, agenzie di rating e le stesse banche - che portano delle responsabilità particolari per la crisi finanziaria?
Sostanzialmente tutte quelle menzionate. Le grandi istituzioni finanziarie mondiali non hanno visto, le banche centrali non hanno vigilato, le agenzie di rating non hanno fatto le necessarie valutazioni.
Quanto alle organizzazioni private, come le banche e le istituzioni finanziarie, non hanno detto niente perché era loro interesse non far sapere cosa stava accadendo. Hanno fatto soldi in questo modo.

Cosa occorre fare ora per ridare fiducia ai risparmiatori e ai mercati?
Innanzitutto occorre fissare delle regole ben precise per disciplinare le società finanziarie e i mercati, e fare in modo che le regole vengano rispettate. In parte queste regole c’erano già, ma il problema è stato che non sono state fatte rispettare. Poi occorrerà aspettare che l’economia si riprenda, e sarà questo a ridare fiducia sia ai risparmiatori che ai mercati.

La stretta creditizia sta causando un forte rallentamento di crescita, o anche recessione, in molti paesi. Quanto occorrerà, secondo lei, per far ripartire il processo di crescita che si è interrotto con la crisi?
Una ripresa la potremo vedere certamente non prima del 2010, e forse del 2011.
È difficile fare previsioni precise, perché dipende molto da quali misure verranno introdotte sia nei vari paesi sia a livello internazionale. C’è il rischio di un eccesso di interventi statali e di misure non coordinate su scala globale, e questo potrebbe rallentare o compromettere la ripresa.

Ma lei è a favore o contro una ragionevole quantità di intervento dello Stato a sostegno sia dei redditi delle persone, sia di aziende di portata rilevante e strategica?
Sono in parte a favore e in parte contro. Naturalmente, un intervento come quello effettuato sulle banche per evitarne il collasso è stato indispensabile, ma sono contrario ad aiuti finanziari a imprese decotte e non competitive come quelle dell’auto negli Stati Uniti.

Non pensa che anche in questo caso siano giustificate per sostenere l’occupazione e salvare centinaia di migliaia di posti di lavoro?
No, gli aiuti vanno dati solo ad aziende con una capacità competitiva e un orientamento all’innovazione, non per far sopravvivere aziende che senza gli aiuti non sarebbero in grado di resistere.
Quanto meno, gli aiuti all’auto andrebbero condizionati a un forte impegno di rinnovamento tecnologico e ambientale, come ad esempio motori più puliti e auto più ecologiche.

Guarda online il video dell'intervento di Jacques Attali al convegno Indicod-Ecr “Oltre la crisi: modernizzare il Paese” dello scorso 28 gennaio 2009.

*A cura di Enrico Sassoon, Direttore di Harvard Business Review Italia