economia

Ricordo di Ernesto Illy

l'opinione di

A nome di tutta la famiglia ringrazio per l'ospitalità e il calore con il quale ci avete accolti e per il bellissimo omaggio a mio padre.
Mio padre viveva un rapporto simbiotico con Centromarca.
Nella prima fase, negli anni Settanta, da vicepresidente, ha fatto propria, la centralità del consumatore e la marca come responsabilità.
E proprio allora ha cominciato a dire che il vero padrone dell’impresa è il consumatore.
In questa prospettiva, era molto prudente sulle funzioni del marketing perché temeva che, se male utilizzate, potessero essere pericolose.
Nel secondo periodo, da presidente, ha cominciato molto seriamente a porsi il problema dell’etica e della sostenibilità.
Fra l’altro, nel settore del caffè in cui noi operiamo, si evidenzia in maniera forte una iniqua distribuzione della ricchezza tra i paesi produttori, tutti nel sud del mondo e poveri, e noi, paesi consumatori.
L’attenzione alla sostenibilità l'ha portato al concetto della “co-evoluzione” di cui oggi avete parlato.

Centromarca completava mio padre.
Ricordo che quando abbiamo discusso in famiglia se accettare o meno la candidatura alla presidenza, mio padre aveva compiuto i 70 anni e si vedeva un certo irrigidimento nei concetti, nei valori, nel modo di esprimersi; quasi maniacale nell'approccio scientifico ed etico.
Il riavvicinamento a Centromarca in pochi mesi l'ha fatto cambiare.
L’ha sicuramente reso più felice ed era diventato un uomo illuminato, con un percorso totalmente diverso rispetto a quello che la sua età anagrafica avrebbe normalmente fatto supporre.
Talmente illuminato da essere diventato il migliore consigliere delle strategie d'impresa e il più grande spronatore anche delle strategie di sviluppo che abbiamo poi adottato.
Quindi Centromarca lo ringiovaniva e questo rapporto così profondo favorì il suo approccio da pioniere in diversi campi.

È stato pioniere nell’orientamento all’etica, intesa in un modo particolare.
Nel dizionario la definizione di etica è piuttosto esoterica perché descrive sostanzialmente le modalità nelle quali ci si comporta.
La sua era un'etica che definirei critica; non era religioso, ma di valori cristiani.
La sua era un'etica personale; in tutti i suoi ragionamenti aveva bisogno di capire i meccanismi relazionali di causa-effetto.
Poi li proponeva alla famiglia, all'impresa e all'associazione.
Era un'etica che costruiva attraverso un percorso scientifico, perché solo questo genera conoscenza attraverso la dimostrazione pratica, tangibile di una tesi: era un'etica più scientifica, che ideologica.

È stato un pioniere dell'estetica e del legame tra estetica, marca ed economia, illustrato oggi dal professor Kahneman.
Vi leggo un testo di mio padre:
"In una civiltà, quanto più capricciosa e fantasiosa è l'offerta dei beni e dei servizi, tanto maggiore è la produzione di ricchezza. È in atto un graduale passaggio dai rapporti puramente quantitativi fra i bisogni e i modi di soddisfarli, ai ben più sottili e raffinati rapporti qualitativi tra desideri infiniti sempre più astratti e immateriali, come il senso estetico e il desiderio di conoscenza, e la possibilità di assecondarli".
Attuale. Si legge nei libri oggi. Era l'aprile del 1980.

È stato un pioniere nell'incarnare il concetto della stakeholder company teorizzato da Peter Drucker.
Abbiamo nella nostra impresa una chiara gerarchia. Ho già detto che i padroni sono i consumatori, poi vengono i clienti che sono i nostri partner nel rivendere e servire il consumatore, poi i collaboratori ed i fornitori, poi le comunità e infine l'azionista e i familiari, al servizio dell'impresa.
Talmente al servizio dell'impresa da essere pioniere anche nel modo di gestire il passaggio generazionale.
Già 15 anni fa lo aveva attuato: «Per un motivo molto semplice – diceva – qualsiasi cosa decida io, verrà sovvertita dopo la mia morte e quindi decidete voi; io posso solo farvi da consigliere, da garante». E così ha fatto.
È stato un pioniere nella cultura, nella teoria e nella matematica della complessità; partito dal caos e dalle strutture dissipative di Prygogine, fino ad arrivare alla complessità, ma con un messaggio importantissimo per il mondo dell'impresa: l'impresa non è prevedibile, i sistemi non sono deterministici.
Mi ricordo che proprio in questa assemblea aveva usato con prudenza il messaggio: «I manager tendono ad essere deterministici, ma la realtà è che le imprese sono imprevedibili perché imprevedibile è il sistema».
E allora, come fare dal punto di vista imprenditoriale e anche manageriale? Avere solidi valori guida. Perché quando si hanno chiari valori guida e strategie d'impresa si può reagire a qualsiasi avversità, a qualsiasi imprevedibilità, sapendo esattamente che cosa fare.

Questa sua ricchezza ci ha dunque lasciato “un pieno traboccante”, un pieno di amore, di conoscenza, di valori, di qualità e di prestigio.
È un fluido preziosissimo e credo che sia mio compito di farlo vivere e valorizzarlo, assieme a tutti i collaboratori, a tutti gli stakeholder.
Noi cercheremo di farlo attraverso una fondazione “Ernesto Illy” di prossima creazione.
Cercheremo di attrarre il meglio della scienza, della filosofia, dell'economia, dell'imprenditoria e del management.
Una fondazione operativa, rivolta agli stessi stakeholder, alla nostra impresa, e, in particolare, al mondo dell'industria di marca che era il suo grande amore.
Io ritengo, in conclusione, di avere un suo messaggio anche per Centromarca.
Ho avuto, infatti, l'onore e l'onere di fare forse l'ultimo o uno degli ultimi discorsi profondi che amava intrattenere con tutti noi figli, familiari e con tutte le persone che gli sono vicine. È stato l'ultimo insegnamento perché mi ha detto: «Dopo otto giorni e otto notti senza sonno e senza lettura, l'unica cosa che ho potuto fare è meditare e ho concluso che l'unica cosa che conta è l'etica».

Lo ha detto anche in riferimento ad un incontro che c'era stato il giorno prima e il cui esito l'aveva lasciato deluso.
Era in discussione un accordo sull'autodisciplina nei rapporti tra l'industria e la distribuzione, grazie anche alla mediazione del ministro De Castro.
Era triste perché non si era raggiunto un accordo e questo - a suo modo di vedere - significava che qualcuno anteponeva gli interessi propri all'interesse generale.
Una parte del testamento di mio padre è quella di continuare a lavorare per questo accordo, a favore del dialogo tra l'industria di marca e la distribuzione.
Ma credo che il testamento sia ben più ricco e ben più ampio.
L'ho capito questa mattina di fronte a 1200 persone che hanno gremito un intero teatro a Trieste, delle quali almeno metà provenienti da ogni angolo del mondo.
Ho capito che per "etica" mio padre non intendeva quel concetto di etica diventato di moda, anche in maniera superficiale, forse strumentale.
Per lui l’etica si fondava sull'"amore".
Aristotele aveva coniato questa parola che ancora oggi esiste: l'eudemonia. L'eudemonia è la felicità attraverso la somma dei piaceri fisici, con il coinvolgimento dell'intelletto, da condividere con il proprio prossimo.
Ho capito che questo coinvolgimento dell'intelletto è l'amore.
E quindi l’auspicio è che Centromarca si faccia promotore di una concezione che faccia venir meno quell'opportunismo che porta spesso ad avere una visione di brevissimo termine, con alla base una rinnovata concezione di customer satisfaction, e una moderna relazione win-win con i partner di mercato.
Funzionerà se lo farete. Certo, ci vuole coraggio.

* Sintesi del suo intervento all’Assemblea Centromarca - Milano, 3 marzo 2008
Andrea Illy è presidente Illycaffè