economia

Concorrenza in Italia tra conservazione e innovazione

l'opinione di

Che occorra trovare il modo per migliorare la situazione economica dell’Italia è evidente a tutti: una fascia troppo ampia della popolazione, i lavoratori dipendenti, ha redditi bassi (a livello greco direi), ma deve fare quotidianamente i conti con prezzi alti (a livello tedesco) e ciò deprime i consumi. La via per ottenere questo miglioramento è, a mio avviso, introdurre nel mercato un maggior livello di competitività, che porta con sé più sviluppo ed equità sociale.

Lo studio di Prometeia per Indicod-EcrConcorrenza in Italia: benefici per famiglie e imprese”, tende a dimostrare che, liberalizzando quattro settori come l’energia elettrica, le telecomunicazioni, i servizi finanziari e la distribuzione commerciale, si ottengono rilevanti benefici in termini di sviluppo ed equità. Ora io vorrei portare un elemento di riflessione aggiuntivo: che è prioritario far pressione a livello regionale, non solo a livello d’amministrazione centrale delle Stato, perché si introduca maggiore concorrenza e si facciano le necessarie liberalizzazioni. Come è infatti emerso da uno studio condotto lo scorso anno dal Gabinetto dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), l’inflazione è aumentata di meno nelle Regioni nelle quali c’è stata maggiore concorrenza, ossia in quelle nelle quali si è liberalizzato di più, soprattutto nel commercio.
Le Regioni, d’altronde, sono una realtà “nuova” del nostro ordinamento perché, con l’ultima riforma costituzionale, hanno acquisito potere legislativo in materia economica. Ora, se le Regioni fanno una politica restrittiva nelle materie di loro competenza, è evidente che ciò ha ripercussioni a livello nazionale. Il paradosso al quale assistiamo è che la spinta al decentramento ha comportato, a livello legislativo locale, restrizioni forti al mercato e alla concorrenza, tanto che la Corte Costituzionale di recente è dovuta intervenire ben quattro volte con delle sentenze che in quattro importantissimi aspetti della nostra vita economica – appalti, tariffe professionali, trasporti pubblici e commercio di farmaci – danno piena libertà allo Stato di intervenire in nome della concorrenza nei settori riservati, per Costituzione, alla Regione.
La concorrenza è un principio dello Stato e può essere attuata legislativamente dallo Stato anche invadendo la sfera di competenza regionale.
Ora proprio tali sentenze rappresentano un faro per la futura attività dell’Agcm, ma devono rappresentare un orientamento anche per il futuro Governo, qualunque sia la maggioranza politica che lo sosterrà.
Anche la parte più illuminata dell’opposizione al precedente esecutivo non riusciva a comprendere perché l’Agcm vigilava sul rispetto delle leggi Bersani in materia di liberalizzazione, in presenza di una competenza regionale. Le leggi Bersani avevano invece ragione a intervenire in quei settori e hanno resistito all’aggressione delle Regioni,, perché la Corte Costituzionale, cioè un organo chiaramente statale, che però rappresenta tutti i cittadini, ha voluto chiarire che la concorrenza è un bene di tutti e la concorrenza effettivamente non è solo una materia, la concorrenza è un principio e come principio, può portare sia per il mercato, sia nel mercato, grandi rilevanti vantaggi.

L’esperienza dell’Agcm ci insegna, però, che ogni volta che riusciamo ad abbattere un muricciolo per favorire la concorrenza, alle nostre spalle c’è chi costruisce “muraglie cinesi” tanto alte da farci quasi scoraggiare.
Avrei centinaia d’esempi da portare di come siano forti le resistenze a livello locale, più ancora che centrale, alle liberalizzazioni. Ne porto alcuni, fra le segnalazioni più recenti pervenute all’Agcm da varie parti d’Italia. Quella di un piccolo imprenditore, che voleva aprire una pizzeria nel Comune di Verona, in base alla legge Bersani “Un’impresa in un giorno”. Peccato che il Comune gli avesse risposto che, sebbene tale decreto legge fosse stato convertito in legge, esisteva una norma della Regione Veneto che non consentiva un numero di pizzerie superiore a quello fissato dal Comune. Di conseguenza quel piccolo imprenditore doveva aspettare che qualcuno rinunciasse alla propria attività o fallisse per poter aprire la sua pizzeria, che era ormai pronta.
Dalla Calabria ci è giunta invece la segnalazione di un imprenditore che intendeva aprire una sorta di agriturismo in una zona di montagna. Aveva superato le resistenze locali, i problemi con la ‘ndrangheta, quelli con le amministrazioni locali. Ma l’aveva fermato una Asl, perché una legge regionale prevedeva che si facesse preventivamente, e in ogni stagione, un prelievo dell’acqua potabile per poterla controllare. Quindi quell’aspirante albergatore poteva aprire la sua attività in sette giorni, ma sette giorni più quattro stagioni per fare i controlli dell’acqua. I nostro intervento, in questo caso, ha permesso l’apertura immediata, riaffermando il principio che il controllo dell’acqua si poteva fare nei tempi previsti dalle norme locali, ma ad attività aperta.
Una legge provinciale di Bolzano stabiliva invece che, chi voleva affittare più di quattro appartamenti ai turisti, doveva iscriversi all’elenco degli albergatori, soggiacendo a tutte le restrizioni del caso. Come quella in base alla quale il prezzo dell’affitto degli appartamenti diventava una tariffa inderogabile.

L’Agcm crede però fortemente nel suo lavoro, nella forza della ragione e nella forza delle sue idee. E si sta preparando per una nuova stagione di liberalizzazioni da proporre con risolutezza al Governo e al Parlamento.
Stiamo monitorando molti settori, fra cui quello dell’energia, nel quale il sistema del dispacciamento, determina gravosità per l’utente finale maggiori rispetto a quelle che deriverebbero dall’acquisto di energia alla Borsa elettrica. Stiamo cercando di capire i motivi di questo rilevante scostamento di prezzo.
L’Agcm sta monitorando inoltre i servizi pubblici, in particolare quelli del trasporto locale e, anche in quest’ambito è dovuta intervenire pesantemente, perché ha scoperto e sanzionato intese a livello nazionale tra le varie società di gestione, volte alla spartizione del mercato. Una decisione questa, ora al vaglio della giustizia amministrativa.
L’Agcm sta indagando anche su altri settori che incidono direttamente sui redditi dei cittadini. Perché quando aumentano in maniera eccessiva il pane, la pasta, i libri scolastici, s’incide sulla tenuta delle finanze delle singole famiglie. L’Agcm non può favorire una politica di prezzo, né stabilire dei limiti all’aumento dei prezzi. Deve però indagare laddove sussista il sospetto di un aumento dei prezzi coordinato, di un abuso, di un accordo. Sappiamo bene che molti aumenti sono il frutto di rincari delle materie prime a livello internazionale o del petrolio, un mercato oggi completamente fuori controllo e non sanzionabile in quanto l’Opec è un’intesa fra Stati non fra imprese. Mi auspico però che un domani una qualche autorità di carattere internazionale possa introdurre delle regole di mercato eque anche in questi settori cruciali per l’economia mondiale. Perché se la globalizzazione è un bene, deve essere un bene per tutti, non soltanto per i più forti.

Per concludere, sul fatto che le liberalizzazioni siano una leva forte per il benessere del Paese e dell’economia non nutro alcun dubbio. Basta guardare cos’è accaduto negli Stati Uniti tra gli anni Settanta e Ottanta. Un programma di liberalizzazioni portato avanti nell’arco di 12 anni circa, ha portato in quel Paese a un aumento dei valori economici senza precedenti. Ha inciso là dove nulla avevano potuto misure di politica monetaria, creditizia o tradizionali forme d’intervento pubblico. Io personalmente e l’Agcm tutta ci batteremo per le liberalizzazioni e crediamo che queste idee, queste ragioni, saranno ascoltate, come sono state ascoltate non molto tempo fa dal ministro Bersani. Sono fiducioso che troveremo di nuovo ascolto.
Quale che sarà la nuova maggioranza che governerà il Paese, siamo convinti occorrerà comunque un accordo bipartisan, perché molte liberalizzazioni hanno un costo politico che non può essere sopportato solamente da chi governa, ma dev’essere equamente ripartito tra tutti gli schieramenti. Se così non sarà andremo incontro a nuovi fallimenti, come la mancata liberalizzazione del servizio taxi o del trasporto merci. Fallimenti che portano a grande pessimismo fra i cittadini.
Bisognerà proseguire anche nella liberalizzazione di settori come quello bancario o quello assicurativo che, muovendosi in un quadro di maggiore concorrenza e duttilità, potranno ancora generare economie e, di conseguenza, liberare risorse per gli investimenti e per il risparmio. Risparmio che le famiglie italiane non riescono più ad accantonare. Chiunque salirà al Governo, ne sono convinto, non si potrà sottrarre alla responsabilità di liberalizzare. Non si potrà sottrarre a questa assoluta necessità per la nostra economia. E non avrà scuse per non farlo, perché la Corte Costituzionale con i suoi recenti pronunciamenti le ha spazzate tutte.

*Sintesi del suo intervento al convegno “Concorrenza come motore della crescita” - Milano, 30 gennaio 2008.
Antonio Catricalà è presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.