consumi

Sarkozy vuole liberalizzare il commercio francese

l'opinione di

Enrico Colla

Tre aspetti principali di questa regolamentazione sono particolarmente presi di mira: il divieto di sottocosto, le modalità di apertura dei nuovi negozi e l’apertura domenicale dei negozi stessi.

Il divieto di sottocosto

É ormai evidente che la legge Dutreil del 2005, pur avendo favorito una limitata riduzione dei prezzi delle marche nazionali, non é riuscita ad evitare l’incremento continuo dei margini arrière e continua a perturbare i rapporti fra industria e distribuzione creando costi aggiuntivi e rischi giuridici elevati.
Sull’onda di una comune volontà riformatrice, industria e distribuzione avevano perciò, prima dell’estate, elaborato una piattaforma di proposte al governo. Un accordo sembrava raggiunto su alcuni punti: il mantenimento del divieto della rivendita sottocosto, una definizione più realistica della sua soglia, una semplificazionie degli obblighi di formalizzazione e, infine, una radicale depenalizzazione delle sanzioni.
Ma dopo l’estate, la situazione economica é mutata e le differenze fra gli operatori sono ritornate ad emergere. I prezzi delle marche nazionali si sono ormai stabilizzati e i principali produttori agroalimentari hanno annunciato forti aumenti dei listini, determinati dalla crescita dei costi di alcune materie prime, ma anche dalla volontà di anticipare le richieste dei distributori e di continuare a tenere sotto controllo i prezzi al consumo.
Secondo i distributori, il mantenimento del divieto di sottocosto con la possibilità di dedurre dal prezzo di listino tutto l’ammontare della cooperazione commerciale (il triplo netto), introdurrebbe certo una maggior concorrenza a valle, ma manterrebbe ancora la possibilità da parte dei produttori di limitare la concorrenza fra di loro. Perciò i distributori, in cambio dell’accettazione del principio del triplo netto, chiedono l’annullamento dell’obbligo della fatturazione separata dei contributi di cooperazione commerciale e il ritorno a un contratto unico. Il prezzo finale di cessione, risultato del confronto dei business plan dei due operatori, diventerebbe il livello di sottocosto.
Ma i produttori temono che questa soluzione li privi della possibilità di controllare i prezzi al consumo e li esponga ad una concorrenza verticale e orizzontale più forte.
Non sarà facile, per il governo, soprattutto se manterrà il divieto di sottocosto, trovare una soluzione che accontenti entrambi e determini realmente una diminuzione dei prezzi. L’abolizione pura e semplice del divieto, soluzione preferita dagli esperti dell’OCSE e della Commissione Europea, é ora sostenuta anche dalla commissione Attali – voluta dal presidente per individuare i freni alla crescita economica nel paese – nel suo rapporto provvisorio sul potere d’acquisto.

Le modalità di apertura dei nuovi negozi: abolire le leggi “Royer” e “Raffarin”?

Anche la legislazione francese sulle modalità di apertura dei nuovi negozi dovrà essere modificata.
La legge Raffarin del 5 luglio 1996 ha abbassato a 300 mq di superficie di vendita la soglia dell’obbligo della richiesta di autorizzazione, che era stato introdotto dalla precedente legge Royer del 1973. Mentre quest’ultima era stata sollecitata essenzialmente dai piccoli commercianti, anche le grandi catene distributive e i grandi produttori erano favorevoli alla Raffarin, per contrastare il rapido sviluppo delle insegne tedesche di hard discount.
Ma in realtà le leggi Royer e Raffarin hanno fornito una difesa molto limitata al piccolo commercio indipendente ed hanno piuttosto protetto le quote di mercato della grande distribuzione. Ciò ha favorito la crescita del valore dei negozi e delle imprese, in particolare dei grandi gruppi, e l’aumento delle quotazioni in borsa per quelli quotati. Effetti negativi si sono prodotti anche sull’occupazione globale del settore, in particolare sull’occupazione meno qualificata e quella delle categorie sociali più soggette a discriminazione.
A queste critiche si sono aggiunte le osservazioni della Commissione Europea. Secondo i suoi esperti, la presenza nelle commissioni che rilasciano le autorizzazioni di membri delle camere di commercio, spesso eletti da commercianti locali, rischia di falsare la libera concorrenza. Inoltre, secondo la direttiva Bolkenstein, l’accesso ad una attività di servizi non può essere bloccato se non per motivi di interesse generale. Ora la commissione contesta che si difenda l’interesse generale subordinando le autorizzazioni all’esistenza di un bisogno economico e di una domanda di mercato.
La stessa commissione Attali ha fatte sue queste critiche e si é espressa per un annullamento puro e semplice dell’obbligo delle autorizzazioni. Infine, l’autorevole Conseil de la Concurrence francese ha pubblicato, l’11 ottobre scorso, un parere favorevole a una riforma in profondità di questa legislazione. Secondo questo parere la riforma, che introdurrebbe nel settore una maggiore concorrenza, dovrebbe inoltre essere accompagnata da misure atte ad evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti a livello locale.

L’apertura domenicale dei negozi

Secondo il Consiglio di stato, l’attuale regolamentazione francese é troppo limitativa e discrezionale, soprattutto per il settore non alimentare. Infatti i negozi alimentari possono aprire la domenica mattina fino a mezzogiorno, e circa il 40% dei supermercati lo fanno (ma nessun ipermercato). In deroga al divieto generale, possono poi essere concesse da sindaci (o dal prefetto, a Parigi) delle autorizzazioni collettive fino a cinque domeniche all’anno, di cui usufruiscono, per esempio, i grandi magazzini della capitale. Nelle zone turistiche, infine, i prefetti possono accordare autorizzazioni temporanee e individuali a negozi la cui attività é legata ai bisogni dei turisti, o allo svolgimento di attività sportive, ricreative o culturali.
Anche secondo il governo, le possibilità di apertura domenicale sono attualmente troppo limitate, soprattutto per ragioni turistiche, in particolare in relazione ai ritmi dei turisti asiatici. Anche a questo proposito é in vista una maggiore libertà per gli operatori.

In conclusione, il governo si é espresso, in queste ultime settimane, a favore di una riforma radicale su tutti questi temi, ma non devono essere sottovalutate le possibilità di resistenza alle prossime proposte di legge.
I piccoli commercianti, sostenuti dalle loro associazioni e dalle potenti camere di commercio, i sindacati dei lavoratori (contrari soprattutto all’apertura domenicale), i produttori di marca (favorevoli al mantenimento del divieto di sottocosto) appaiono le principali forze che possono condizionare la volontà riformatrice del governo.
Malgrado la forte maggioranza parlamentare di cui dispone quest’ultimo, l’opposizione alle nuove misure potrà manifestarsi in parlamento nelle file stesse dell’attuale maggioranza e il successo non é perciò garantito.

* Professore a NEGOCIA, CCIP Parigi
Direttore del Centre de Recherche sur le Commerce