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01. Il non food sempre in mano alle Grandi superfici specializzate: le Grandi superfici alimentari hanno ancora qualche chance?

La dinamica dei consumi

Secondo l’Istat i consumi delle famiglie italiane sono aumentati nel 2006 del 4,3%. Un primo segnale di ripresa, seppur timida, di una maggiore propensione al consumo e di migliori aspettative per il futuro da parte delle famiglie italiane.Di questi consumi, il 65% circa si riferisce ai servizi e il resto si ripartisce tra beni alimentari (18,0%) e beni non alimentari (18,8%).
Come negli anni passati, i servizi continuano a crescere a valori correnti ad un ritmo molto elevato, assorbendo una quota importante della spesa delle famiglie.
Allo stesso modo crescono e assumono una posizione sempre più interessante i consumi non alimentari. Anche quest’anno leggiamo una crescita a valori correnti (+2,3%), sebbene più contenuta rispetto al +4,3% del consumo alimentare. Anche l’analisi dei dati in termini reali conferma per il 2006 una sensibile ripresa dei consumi delle famiglie (1,8% in più a valori reali), dopo la sostanziale stagnazione dello scorso anno.
Come conseguenza di una diversa dinamica dei prezzi relativi, l’andamento positivo di tutte le voci che compongono la totalità dei consumi è comunque diverso rispetto a quanto analizzato in termini nominali. Il tasso di incremento più alto è difatti quello dei consumi grocery (2,8%). Sono i servizi, invece, a crescere meno in termini reali (1,4%) rivelandosi come il settore a maggiore andamento inflazionistico (basti pensare al prezzo dei carburanti). Una maggiore stabilità dei prezzi si riscontra nei consumi non food, il cui tasso di variazione reale (2,1%) si avvicina più degli altri a quello nominale (2,3%), sebbene in qualche comparto questa stabilità sia meno evidente, si pensi ad esempio ai comparti tecnologici dove le frequenti innovazioni hanno lanciato sul mercato prodotti a prezzi decrescenti.

Il comparto non alimentare

L’Osservatorio Non Food di Indicod-Ecr monitora da diversi anni i mercati non alimentari, andando a spiegare circa il 64% del totale consumi. Questi mercati registrano un trend in crescita del 1,9%.
Tutti i comparti presentano un trend positivo; particolarmente performanti sono i comparti di ottica (+4,7%) e di elettronica di consumo (+4,7%).
In questo contesto la distribuzione moderna continua la sua crescita a ritmo sostenuto, guadagnando quota di mercato rispetto al dettaglio tradizionale in quasi tutti i comparti del non food, favorita da politiche particolarmente aggressive adottate dalle imprese. I comparti dove la presenza del moderno è preponderante sono l’elettrodomestico bruno (75,7%), i piccoli elettrodomestici (86,1%) e l’edutainment (61%), e va rafforzandosi in mercati più tradizionali come gli articoli sportivi (39,5%) e l’abbigliamento e calzature (40,8%).
Questo trend positivo nasconde al suo interno, però, tendenze a volte contraddittorie, viste le diverse formule distributive che comprende. L’incremento delle quote di mercato, avvenuto in gran parte nei comparti non alimentari, è quasi sempre dovuto alle Grandi superfici specializzate, mentre appaiono in difficoltà le Grandi superfici alimentari (ipermercati e superstore) e le Grandi superfici non specializzate (grandi magazzini, magazzini popolari e mercatoni).

Le Grandi superfici alimentari

Le Gsa, in generale, ad oggi rivestono un ruolo marginale nella maggior parte dei comparti. La fotografia attuale evidenzia che solo nel caso di giocattoli (41,5%), cancelleria (28,6%) e piccoli elettrodomestici (28,4%) riescono a veicolare più di un quarto delle vendite. Si tratta dei mercati in cui è inesistente la presenza dello specializzato moderno (cancelleria) o in cui il peso del commercio tradizionale è estremamente ridotto (giocattoli e piccoli elettrodomestici). Gli ipermercati e i superstore riescono a ritagliarsi spazi importanti in questi segmenti, grazie a offerte di convenienza (prezzi competitivi e promozioni) e alla capacità di semplificare il processo di acquisto per prodotti poco complessi e a basso impatto sul consumatore (effetto one stop shop).
A fronte dei dati oggi disponibili esistono però dei mercati dove le Gsa potrebbero ritagliarsi ulteriori spazi futuri: telefonia e profumeria. Per quanto riguarda la vendita di cellulari e accessori, gli ipermercati hanno incrementato notevolmente negli ultimi anni la loro presenza, offrendo assortimenti sempre più ampi, prezzi competitivi e assistenza alla clientela attraverso personale dedicato. Questa strategia ha portato a ottimi risultati (4,8% in più di quota) in un segmento che ha raggiunto la maturità per alcune tecnologie, spingendo una buona parte della clientela a cercare modelli semplici e a prezzi di convenienza. Da sfruttare anche la possibilità, già colta dai gruppi Carrefour e Coop, di proporsi come provider.
Per quanto riguarda, invece, il mondo dei prodotti da profumeria, le Gsa possono approfittare dell’opportunità offerta dalla liberalizzazione della vendita dei farmaci da banco, offrendo (come già dimostrato con l’apertura di alcuni corner in store negli ultimi mesi del 2006) alla propria clientela un’intera area distinta e dedicata, tra l’altro, alla vendita di prodotti di bellezza e cosmesi attraverso un assortimento di qualità che dovrebbe garantire margini per il punto vendita (prodotti extrafarmaceutici) e servizio per i clienti (presenza dei farmaci senza obbligo di prescrizione).

Le Grandi superfici specializzate

In generale quindi, nell’acquisto di beni durevoli, si riconoscono alle Gss alcuni valori aggiuntivi relativi alla capacità di offrire al target di riferimento assortimenti completi (in termini di varietà, innovazione e posizionamento) con elevate prestazioni di servizio (assistenza durante la vendita, garanzie post vendita, rateizzazione dei pagamenti). Se a questo si aggiunge la costante presenza di sconti e promozioni su parte dei prodotti venduti, si comprendono sia le performance sia la forza di questi punti vendita, divenuti il canale di riferimento nelle scelte di acquisto di molti mercati soprattutto nelle aree di presidio.

La copertura territoriale

Anche sul tema della presenza capillare sul territorio la battaglia è ancora aperta: in Italia contiamo 8.667 grandi punti vendita specializzati nel non alimentare con un tasso di crescita nel 2006 del 6,3%: circa il 50% di questi presidia il Nord e, specificatamente il 30% il Nord Ovest e il 19,8% il Nord Est. Lo sviluppo della rete prosegue su tutto il territorio nazionale, in particolar modo nell’area meridionale (+7,9%) e in quella del centro Italia (+7,5%).
Nel 2006 la dinamica di aperture per supermercati di grandi dimensioni e ipermercati è risultata più consistente rispetto al 2005: 3,9% per i primi e 7,8% per i secondi. Questo ultimo fenomeno è più consistente nelle aree dell’Italia centrale e meridionale, dimostrando come l’asse degli investimenti distributivi si stia lentamente spostando verso le zone in cui ancora bassa è la concentrazione della rete moderna, un po’ per necessità (saturazione dell’area settentrionale dove in alcune regioni è stata fortemente limitata la concessione di autorizzazioni per le nuove aperture) un po’ per le potenzialità non pienamente sfruttate (offerta ancora carente nel Sud Italia), nonostante la presenza di Gsa rimanga concentrata al Nord e il Sud sia presidiato dalle superfici di prossimità. Le Gsa manifestano quindi ancora delle difficoltà laddove il presidio delle Gss è sostenuto. A tal proposito, anche osservando gli investimenti pubblicitari del 2006, si può notare un profondo divario tra quanto investito dalla distribuzione specializzata non alimentare (tasso di crescita ’06 vs ’05 +18,4%) e la distribuzione alimentare (tasso di crescita ’06 vs ’05 +4,4%, compresi discount e C&C).
Sinteticamente si evidenzia:

  • una crescente presenza di Gss in aree più urbane che finirà per accrescere la capacità competitiva di tale canale nei confronti delle Gsa in presenza di una minor mobilità del consumatore a livello extraurbano (centri commerciali, ipermercati);
  • in molte aree del paese si accentuerà una crescente concorrenza tra diverse insegne delle Gss oltrechè tra Gss e Gsa (intratype e intertype competition);
  • crescenti difficoltà per le Gsa di recuperare marginalità nei comparti non food, fatto salvo la presenza di situazioni territoriali in cui la mancanza di Gss può consentire lo sfruttamento di significative nicchie di mercato (a patto che venga svolta un’attenta analisi sulle merceologie in assortimento da offrire nel micromercato di riferimento).

Quale futuro ipotizzare?

Per quanto riguarda le Gss si può immaginare un loro sviluppo centrato in misura crescente:

  • su una rete di punti vendita localizzata in aree più urbane;
  • sulla ricerca di un posizionamento competitivo delle diverse insegne centrato su più precisi target di consumo e su una maggiore attenzione alla dimensione di convenience (oltrechè al prezzo).

Per quanto riguarda le Gsa la gestione dei comparti non food dovrà sempre più essere orientata verso:

  • una maggiore focalizzazione su comparti e merceologie non food più mass market nelle aree di maggior tensione competitiva con le Gss (sfruttando maggiormente l’integrazione di acquisti con il food);
  • una selezione strategica dei comparti non food su cui puntare offrendo un livello di servizio adeguato alle esigenze del micromercato in cui si opera.

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