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Cogliere i vantaggi competitivi dalle liberalizzazioni

Quanto vale per il consumatore il processo di liberalizzazione in atto?
Una stima dell’Ocse sul beneficio che le liberalizzazioni porterebbero alla crescita economica è pari ad un aumento del prodotto interno lordo del 3,5%, che, tradotto in potere d’acquisto per le famiglie, significa circa 2000 €/anno in più di disponibilità di spesa. Il vantaggio però non è solo per il consumatore finale ma per tutto il settore economico del Retail & Consumer Product. L’Italia ad oggi è scivolata al quarantesimo posto nella classifica del World Economic Forum sulla competitività: la liberalizzazione dei mercati R&CP assicura uguaglianza di regole e maggior attrattività per i capitali di investimento, in una parola il settore può raggiungere un tasso di sviluppo pari a quello dei paesi europei più avanzati.
Un altro indice da tenere sotto controllo e che rivela la maggiore efficienza dell’intera filiera è il livello di inflazione, che è minore dove c’è maggiore concorrenza. Uno studio condotto dall’Antitrust ha messo a confronto il livello d’inflazione delle regioni che hanno liberalizzato di più il settore commerciale con quello delle regioni dove la regolamentazione si è mantenuta sul livelli più “tradizionali”. Il risultato evidenzia che negli anni 2004 e 2005, nelle prime i prezzi sono cresciuti dell’1,5% mentre nelle seconde dell’1,8%.
Il vero problema è che i vantaggi concorrenziali insiti in questo processo di liberalizzazione non sono ancora pienamente percepiti dai consumatori finali: sono genericamente a favore delle liberalizzazioni, fanno però fatica a misurarne l’effetto concreto.
In effetti le innovazioni introdotte la scorsa estate con le nuove norme sulla concorrenza sono difficili da misurare nel breve periodo. I vantaggi più evidenti riguardano i prodotti farmaceutici e le banche: la parziale liberalizzazione della vendita dei farmaci da banco (OTC - over the counter) ha già prodotto un abbassamento dei prezzi negli ipermercati e nelle parafarmacie, così come l’azzeramento delle spese di chiusura conto corrente bancario si trasforma in un sostanzioso risparmio per i correntisti. Tutto ciò ha innescato per il settore R&CP una fase di cambiamento strutturale determinato da un mix di fattori che vanno dai processi di liberalizzazione in atto, alla disponibilità di nuove tecnologie, al cambiamento del profilo della domanda dei consumatori ed infine al riassetto ed alla concentrazione dell’intero settore economico.

Le tendenze che attualmente stanno influenzando gli scenari economici e sociali sono molteplici.

  1. La crescita del potere informativo e cognitivo della clientela.
  2. L’affermazione di modelli di consumo più individualisti e de-massificazione della società.
  3. Lo sviluppo di offerte complesse ed integrate, dove l’identificazione della componente prodotto e servizio diventa così labile da rendere impossibile in molti casi fare una distinzione netta.
  4. Una crescente interconnessione fra offerta e domanda.
  5. Una crescente capacità di risposta in tempo reale (conoscere le esigenze del cliente ed adeguare tempestivamente l’offerta).
  6. Una maggiore pressione concorrenziale, determinata dall’abbassamento delle barriere all’entrata dei singoli mercati.

Tutte queste tendenze hanno prodotto diversi effetti. Anzitutto una cambiamento del modo di approcciare il mercato da parte delle aziende, una maggiore consapevolezza del valore della fedeltà dei clienti, un incentivo verso ulteriori evoluzioni del marketing; e ancora, il rischio che i prodotti tradizionali vengano considerati commodity e la conseguente necessità di rivisitazione del portafoglio dei prodotti offerti. Inoltre, da non sottovalutare la nascita di sinergie trasversali fra operatori di settori una volta molto distanti fra di loro ma che oggi trovano nel consumatore e nell’analisi dei suoi comportamenti d’acquisto l’unica vera ragione d’essere. Eccone alcuni esempi: le attività di co-branding nel settore oil tra Auchan e Shell e tra Carrefour e Tamoil; la precisa volontà di alcuni operatori telefonici di ricercare un accordo di partnership con gli attori del retail italiano; l’interesse sempre maggiore delle società energetiche per il popolo delle partite Iva e dei contratti residenziali; la forte competizione tra farmacie e GDO.

Le imprese del settore dei beni di consumo hanno avviato un processo di riesame e aggiustamento delle proprie strategie specie nei rapporti col mercato e con i consumatori. Sembra ormai chiaro che il futuro sarà rappresentato da nuovi temi chiave: salute del corpo e benessere del vivere. In questo senso si può parlare di “progetto salute” nei punti di vendita più che di parafarmaco; per le aziende energetiche sarà essenziale la capacità competitiva di capire come offrire energia alternativa a basso costo, così come per le aziende oil lo sarà l’intelligenza di re-interpretare i loro punti di vendita non solo come aree di rifornimento ma soprattutto come aree dove il consumatore transita sì per usufruire di un servizio essenziale (rifornire il proprio mezzo di locomozione) ma dove si possono al contempo “intercettare” i suoi desideri di consumo “paralleli”.

Negli ultimi quattro decenni, i comportamenti di consumo degli italiani e l’offerta delle imprese sono radicalmente cambiate. Negli anni Sessanta-Settanta la propensione al consumo era dominata dalla necessità di nutrirsi e di migliorare il proprio stile di vita, quindi le imprese del largo consumo davano risposta con un’offerta prevalentemente basata su queste necessità basilari. Già negli anni Ottanta tra i consumatori iniziano ad affermarsi logiche edonistiche e il desiderio di andare oltre la soddisfazione dei bisogni basilari; così nel largo consumo, accanto al food e ai prodotti per la cura della casa, si vede crescere un’offerta merceologica più composta e variegata; è anche il momento in cui si verifica l’espansione del non food. Gli anni Novanta vedono i primi segnali di “strabismo” comportamentale da parte del consumatore e contemporaneamente lo sviluppo di nuovi format distributivi: è l’epoca in cui si afferma il discount come elemento integrativo e non sostitutivo rispetto agli altri format. Il Duemila porta l’evidente aumento dei costi dei servizi “amministrati” (tlc, energia, ecc), la riduzione della share of wallet, la necessità del consumatore di prendersi maggior cura di sè, un aumento del tasso di multiculturalità e l’esplosione delle tecnologie: il punto vendita diventa allora necessariamente un contenitore di servizi alternativi ed integrati (asilo nido, accesso ai servizi comunali, farmacia, biblioteca, ecc).

Il largo consumo dovrà continuare a raccogliere le sfide e le sollecitazioni che i cambiamenti in atto gli propongono e a reindirizzare di conseguenza le proprie strategie, per cogliere le opportunità che gli si offrono e rispondere sempre meglio alle esigenze dei consumatori.

Nell’ambito dell’Ecr Europe Forum & Marketplace, la mattina dell’8 maggio 2007, alle ore 10.00, verrà dedicato un evento speciale alle opportunità in termini di crescita, innovazione e competitività che i mercati in regime di deregulation possono portare al largo consumo ed ai consumatori, con particolare attenzione all’esempio italiano della recente introduzione dei prodotti parafarmaceutici negli assortimenti dei retailer.
Per maggiori informazioni sul programma dell’evento, visitate il sito Indicod-Ecr

*A cura di Massimo Visconti, R&CP Practice Leader E&Y


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