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Optimal shelf availability: quando la logistica serve il consumatore

l'opinione di

I consumi ristagnano e occorre quindi la massima precisione per rispondere ai fabbisogni puntuali dei consumatori e non perdere nessuna vendita potenziale. Serve perciò una logistica fine che assicuri la disponibilità del singolo prodotto (a livello d’unità consumatore) con precisione temporale e con dislocazione specifica nel singolo punto di vendita.

Nel largo consumo la strategia delle operazioni, della produzione come della distribuzione, è stata tradizionalmente orientata all’efficienza, cioè all’ottimizzazione dei costi di trasporto, di magazzino e di produzione, facendo leva prevalentemente sui volumi e sulla massa critica. L’orientamento quasi esclusivo all’efficienza, con la priorità per la logistica al contenimento dei costi, è conveniente fin tanto che si opera in un mercato “del produttore”, quando cioè la domanda supera l’offerta e il mercato assorbe facilmente quello che si produce; la risorsa critica è infatti la capacità industriale e va ottimizzata con priorità.

Invece, in un mercato in contrazione, a domanda stagnante o decrescente, e quindi con overcapacity, la risorsa critica diventa proprio la domanda: non tutto quello che si produce, si vende e diventa prioritario il servizio al cliente, poiché il mercato è “del cliente”.

La strategia nelle operazioni deve passare dal make-to-stock al make-to-order, poiché, come dicevano i Giapponesi ispirati al just in time, un’ora di produzione per un prodotto che finisce a stock è un’ora di capacità produttiva persa. Nel largo consumo, produttori e distributori che operano insieme nella supply chain devono passare ad una logistica non più push, ma pull, guidata cioè dalla domanda a breve e dalle esigenze del consumatore. Anche il produttore deve imparare a curare, oltre al sell-in, anche il sell-out. Una recente ricerca dell’università Bocconi evidenzia che circa il 70% della produzione nel largo consumo è ancora make-to-stock.

L’Optimal shelf availability (Osa) diventa così il sistema di monitoraggio delle performance commerciali e logistiche di tutta la supply chain a monte perché, misurando l’Osa, si può valutare l’efficacia della supply chain ed individuare le aree prioritarie di miglioramento della disponibilità del prodotto e del servizio al cliente.

Il distributore, sempre più cosciente della propria capacità e necessità di gestire l’operatività del business, si sta attrezzando con processi e sistemi di gestione focalizzati non più solo sui fatti commerciali (lato acquisti), ma anche sulle operazioni logistiche. In effetti, nel passato ha dato giustamente priorità agli acquisti (che costituiscono oltre il 70-75% della sua catena del valore), ma proprio a seguito di ciò e della contemporanea crescita delle centrali d’acquisto, il divario tra i concorrenti per la voce acquisti si è progressivamente ridotto, mentre è diventato più significativo il divario di efficienza operativa e di affidabilità del servizio.

I modelli logistici dei distributori francesi prevedono la centralizzazione dei flussi praticamente al 100% e hanno sempre fatto largo uso delle piattaforme, che in Italia erano invece prerogativa dei produttori.

Sempre di più anche in Italia, dove ovviamente i francesi stanno portando i loro modelli, i distributori prendono consapevolezza della logistica come leva strategica, impadronendosi proprio della distribuzione secondaria e delle piattaforme di smistamento.

Si tratta di un vero e proprio trasferimento della gestione d’importanti segmenti della supply chain: quelli della distribuzione secondaria, più capillari, più sofisticati perché più vicini al consumatore e, se mal disegnati, più costosi. I primi timidi travasi si chiamavano “sconti logistici” ed erano applicati al prezzo di cessione, quando la consegna a pallet interi e a carichi uniformi faceva ridurre le attività di picking a carico del produttore per trasferirle nei cedi del distributore. Progressivamente i cedi dei distributori si sono ingranditi ed organizzati richiamando sempre maggiori flussi che, di fatto, hanno arretrato il punto di snodo dell’interfaccia produttore-distributore dai punti di vendita ai cedi regionali e quindi ai cedi centrali.

È noto anzi che nel modello logistico inglese i distributori, forti anche per la maggior quota di mercato della propria marca commerciale, trovino conveniente ritirare il prodotto franco stabilimento. Il punto di snodo arretra ancora a vantaggio del controllo logistico del distributore, favorito anche dalla maggior quota di mercato delle grandi superfici. In Italia, dove le quote di mercato, sia della marca commerciale sia delle grandi superfici, stanno progressivamente crescendo, aumenta la centralizzazione dei flussi e il governo della logistica da parte dei distributori.

Nasce così il network logistico del distributore come sistema di cedi specializzati per regioni logistiche o per categorie di prodotto (secchi, freschi, freschissimi …) o per la velocità dei flussi e per i canali da servire (se le referenze specifiche sono significative).

In ogni caso flussi diretti a punto di vendita, flussi in transito veloce per piattaforme e flussi lenti con prodotto a stock convivono e convivranno nello stesso network. Gli stessi prodotti in stagioni diverse, o anche durante la stessa promozione, potranno seguire criteri differenziati con consegne dirette a punto di vendita (giustificate da massa critica e carichi uniformi) e consegne centralizzate (per privilegiare l’assortimento, la frequenza, il servizio). Occorre ovviamente una nuova cultura logistica per la distribuzione moderna ed una gestione integrata (rete di cedi, di flussi e di relazioni ordine-consegna), sistemica e capace di bilanciare continuamente le esigenze di flessibilità e servizio con i costi e gli investimenti in scorte e in infrastrutture. La logistica è non solo trasporto e magazzino, ottimizzati da chi spedisce, ma anche assortimento e servizio, governati da chi riceve.

Dopo aver ottimizzato la logistica primaria nei cedi e nei trasporti a carico completo, si passa così alla logistica distributiva orientata al servizio (e al giro di consegna ottimale, non tanto per saturare il mezzo, quanto per assicurare la disponibilità del prodotto nel punto di vendita) e organizzata in modo che frequenza e assortimento non facciano lievitare eccessivamente i costi della distribuzione stessa.

La logistica così non è più solo un costo da ridurre, ma una leva competitiva che, sempre al minimo costo, deve assicurare l’assortimento ottimale, il servizio necessario e l’affidabilità di risposta al consumatore, sempre più “sovrano” della supply chain.

*L’autore è partner di Achieve Global